FOTO
Sarà, come da tradizione, uno dei primi premi annunciati durante la prossima cerimonia degli Oscar, prevista per il 10 marzo come sempre al Kodak Theatre. E anche uno di quelli che non regaleranno molte sorprese: Da’Vine Joy Randolph ha blindato da un pezzo la statuetta per la sua straordinaria prova in The Holdovers – Lezioni di vita di Alexander Payne, dove veste il grembiule della cuoca del college in cui lavora il prof. Paul Giamatti. Formazione teatrale, tante partecipazioni a film (Dolemite Is My Name, Gli Stati Uniti contro Billie Holiday) e serie (High Fidelity, Only Murders in the Building, The Idol), sembra arrivato il suo momento. Meritatissimamente.
A dispetto dei tantissimi film – e della stima dell’industry – questa è incredibilmente la prima candidatura per Emily Blunt: in molti avrebbero addirittura voluto che fosse nominata per Il diavolo veste Prada (e come dar loro torto). Nei panni di Katherine detta Kitty, la moglie “dolorosa” del fisico J. Robert Oppenheimer ritratto da Christopher Nolan, ha convinto tutti, soprattutto per la drammatica progressione del suo personaggio. Avrà finalmente una nomination sul curriculum, ma non grandissime chance di vittoria.
Lo “snub” di Margot Robbie è in parte ripagato dalla presenza, tra le migliori attrici non protagoniste dell’annata, di America Ferrera. Una candidatura di grande peso anche politico: è una delle poche latinas nominate nella storia dell’Academy, e per un ruolo che non è “tipizzato” sulla sua appartenenza etnica. Non vincerà, ma il suo monologo è già studiato nelle scuole di recitazione: basta (e avanza) come vittoria presente e futura.
La Sofia a cui, nell’adattamento del romanzo di Alice Walker firmato Steven Spielberg nel 1985, dava il volto Oprah Winfrey è interpretata, nella versione di Broadway portata ora sullo schermo da Blitz Bazawule, da Danielle Brooks. Che ruba la scena a tutto il cast del musical che sembrava fatto apposta per stregare l’Academy e invece è rimasto a bocca asciutta di candidature sia artistiche che tecniche. È lei l’unica nominata, e anche questo la rende un cavallo piuttosto debole, nella corsa per la statuetta.
Reduce dall’ottima accoglienza di critica e pubblico per True Detective: Night Country, di cui è anche produttrice, Jodie Foster torna nominata agli Oscar a distanza di quasi trent’anni dall’ultima candidatura (nel 1995 per Nell). Di statuette ne ha già vinte due da protagonista (per Sotto accusa nel 1989 e per Il silenzio degli innocenti nel 1992): la terza, su cinque nomination totali, non arriverà, ma vale come riconoscimento alla carriera di una veterana di Hollywood.
Restiamo
in contatto
Ti promettiamo uno sguardo curioso e attento sul mondo della musica e dell'intrattenimento, incursioni di politica e attualità, sicuramente niente spam.