Miglior sceneggiatura originale
Dopo i riconoscimenti a Critics Choice e Writers Guild Awards, è sempre più chiaro che il candidato da battere per la migliore sceneggiatura originale (e non solo) sia la storia dell’erotic dancer–turned-Cenerentola che sposa il figlio di un oligarca russo, nuova meravigliosa outcast uscita dalla penna di Sean Baker. Anora arriva agli Oscar con sei nomination, ma negli ultimi giorni è diventato frontrunner in più di una categoria, a partire proprio da quella della sceneggiatura originale. Nei pronostici segue a ruota The Brutalist (10 candidature), il sogno (ehm) americano per un architetto sopravvissuto all’Olocausto ma anche l’eterna battaglia tra arte e capitalismo, scritto da Brady Corbet insieme alla partner Mona Fastvold. È il film della vita per il regista, che ci ha messo ben sette anni per realizzarlo. Più distaccato c’è il body horror femminista di Coralie Fargeat (5 nom) starring Demi Moore, fatto della stessa “sostanza” di cui sono fatti gli incubi peggiori. E dietro ancora il tenero road trip fra cugini alla scoperta delle loro origini (4 nom), con cui Jesse Eisenberg ha regalato il ruolo che ogni attore sogna a Kieran Culkin, che di tutta risposta si è già è portato a casa Golden Globe, Critics e BAFTA (premio che è arrivato anche per la sceneggiatura, e gli Oscar inglesi possono rivelarsi indicatori affidabili di chi poi trionferà agli Oscar, quindi: chissà). Fanalino di coda in quanto a probabilità di vittoria September 5 – La diretta che cambiò la Storia, sul massacro alle Olimpiadi di Monaco nel 1972, che ha ricevuto una sola candidatura da parte dell’Academy e non compariva in molte liste agli award della stagione.
Miglior sceneggiatura non originale
Emilia Pérez è il film che, salvo un paio di categorie che sembrano blindate (miglior attrice non protagonista, cioè Zoe Saldaña, e miglior canzone originale), a questi Oscar entrerà papa (13 nomination in totale, il numero più alto per un film non in lingua inglese) e ne uscirà cardinale. Per chi invece ci sarà una fumata bianca sarà – perdonate l’ironia – Conclave. L’adattamento che Peter Straughan ha fatto del bestseller überpop di Robert Harris è diventato, nelle mani del regista Edward Berger, perfetto “Oscar material”. E con tutta probabilità dovrebbe trionfare nella categoria miglior sceneggiatura non originale. L’unico che al momento sembra tallonarlo è A Complete Unknown, il vero dark horse della Awards Season. Non che il biopic di Bob Dylan firmato James Mangold sia un film “piccolo”, ma non arriva da nessun festival importante, è uscito nelle sale USA a Natale appena in tempo per i tempi tecnici di nomination e si è giocato tutto all’ultimo. E pure il copione – tratto dal libro Il giorno che Bob Dylan prese la chitarra elettrica di Elijah Wald – ha visto crescere nelle ultime settimane le sue chance di vittoria, soprattutto se il film avrà, nella notte del 2 marzo, una volata fino alla (non impossibile) statuetta di “best picture”. Fuori dai giochi, o così pare, Sing Sing, il dramma carcerario starring Colman Domingo ispirato alla storia vera di John “Divine G” Whitfield (e basato sull’articolo The Sing Sing Follies di John H. Richardson e sulla pièce Breakin’ the Mummy’s Code di Brent Buell), e Nickel Boys, adattamento del romanzo del Premio Pulitzer Colson Whitehead I ragazzi della Nickel. Mentre, come dicevamo, dopo il caso dei vecchi tweet di Karla Sofía Gascón, lo script di Emilia Pérez, che ha “rubato” il personaggio principale al romanzo Écoute di Boris Razon, è scivolato rovinosamente in fondo alla chart dei pronostici…