Oscar 2025: top e flop della serata | Rolling Stone Italia
Defying predictions

Oscar 2025: top e flop della serata

Ariana Grande e Cynthia Erivo che incendiano il Dolby Theatre, Conan O'Brien che ha preso la Sostanza, il discorso di Kieran Culkin e Mick Jagger a sorpresa. Ma anche zero politica (o quasi), un pessimo omaggio a 007 e l'In Memoriam che non funziona MAI

Oscar 2025: top e flop della serata

Mick Jagger agli Oscar 2025

Foto: Rich Polk/Penske Media via Getty Images

FLOP:

Ma 'ndo vai se l’abat-jour non ce l’hai

Premessa: le amiamo e dalle regine di Oz Cynthia Erivo e Ariana Grande ci aspettavano un look teatrale, ma così non è un filo too much? Pur rispettando il mood pink & dark dei loro personaggi, le novelle Elphaba e Glinda paiono più due abat jour, una per la sala da tè, e l’altra per l’ufficio. Ma la “modalità lampada” deve aver contagiato anche Zoe Saldaña, in versione bordeaux per il salotto della zia, con tanto di catenella per accendere e spegnere. Per fortuna ci sono Timothée Chalamet in completo giallo burro monocromatico (un riferimento a Big Yellow Taxi?) e queen Demi Moore in total sparkles (pardon): doveva essere la sua notte, non è andata, ma – a 62 anni – rimane la più figa di tutte.

TOP:

Glinda ed Elphaba

Dopo l’omaggio a LA devastata dagli incendi, è il momento dei Broadway Kids con un medley da Il Mago di Oz, The Wiz e Wicked. Ariana Grande sale sul palco di rosso vestita (le scarpette rosse!) per una magnifica interpretazione di Somewhere Over the Rainbow. Vai con la prima lacrimuccia. Poi è toccato a Cynthia Erivo con un’inaspettata performance sulle note di Home. Seconda lacrimuccia. Poi Glinda ed Elphaba hanno unito le voci per il pezzo forte del loro film, Defying Gravity, con Ariana che si è fatta da parte per lasciare che Cynthia cantasse a squarciagola il cavallo di battaglia del suo personaggio. E qui non si tiene più nessuno, manco Michelle Yeoh, Dolby Theatre in piedi e pure noi sul divano. Una delle migliori aperture di cerimonia da 20 anni a questa parte.

FLOP:

I discorsi di presentazione dei candidati ai Migliori costumi

Tirare fuori reali emozioni in mondovisione agli Oscar non è facile per chi riceve il Premio, figurarsi per chi lo presenta. Ecco, se poi lo zampino ce lo mettono anche gli autori, e obbligano un membro del cast a caso a presentare il proprio costumista, non può andare a finir bene. Una vittoria annunciata (Wicked) diventa così una sofferenza smielata. Ma perché, perché? E dov’è la faccia di John Lithgow che ci era stata promessa? Ah no, era sul palco pure lui. Per fortuna che alla fine arriva Ben Stiller con una scenetta esilarante per introdurre l’Oscar alla miglior scenografia. Ecco, imparate dai pro.

TOP (che poteva diventare anche FLOP):

Conan O’Brien, The Substance e i tweet di Karla

Conan O’Brien esce dalla schiena di Demi Moore à la The Substance, solo che perde la scarpa e torna dentro per recuperarla. È la prima volta che conduce gli Oscar e parte benissimo, poi si perde, si prende un po’ troppo tempo tra monologo e canzoncina sul non perdere tempo (sarebbe bastato uno dei due). Però blasta fortissimo Netflix (“trionfa con un’impressionante serie di 18 aumenti di prezzo, e dicono che potrebbero fare ancora meglio l’anno prossimo”) e Amazon (con “Jeff Bezos” che consegna pacchi sul red carpet). Poi le gag con John Lithgow (“se il discorso di accettazione è troppo lungo, inquadreremo la faccia delusa di John Lithgow) e con Adam Sandler vestito “come uno che deve giocare a videopoker alle due di mattina”. E infine la chicca: “In Anora c’è una parolaccia che viene detta 479 volte, 3 volte in più di quanto non l’abbia pronunciata l’agente Karla Sofía Gascón” per chiudere con “Karla, se vuoi fare dei tweet sugli Oscar, ricordati che io mi chiamo Jimmy Kimmel”. Ah, c’è anche: “Siamo a metà spettacolo, il momento in cui Kendrick Lamar dà del pedofilo a Drake pedofilo”. Sbam.

FLOP:

I complottisti tra Conclave e problemi di salute del Papa

I complottisti (e i commentatori) sono già scatenati: ma com’è che si parla tanto di Conclave agli Oscar proprio nel periodo in cui si rischia davvero un conclave per le precarie condizioni di salute del Papa? C’è una cosa che si chiama perizia, ed è quella della manager Marta Donà quando porta i suoi assistiti alla vittoria del Festival di Sanremo. Dall’altra parte c’è una fatalità anche piuttosto kitsch – e che, anzi, forse proprio per questo ha creato un’associazione automatica con il film di Edward Berger. Chissà cosa ci dirà Falsissimo di questo periodo storico, tra qualche tempo. Per il momento: FLOP.

TOP:

Kieran Culkin Strikes Again

“Ok, ho già detto una parolaccia e perso 25 secondi. Non so come sono arrivato qui, ho solo fatto l’attore per tutta la vita”. Erano probabilmente le parole di ringraziamento più attese della serata e, se la sua vittoria era forse un po’ telefonata (ma non meno meritata), Kieran Culkin ha deliverato, come dicono i Gen Z. “Jesse (Eisenberg) grazie del tuo genio, goditi questa cosa perché non te la dirò mai più”, ma anche “adesso accelero perché non voglio vedere la faccia delusa di Lithgow” (LOL). L’eterno fratello minore si è preso la sua rivincita, e il suo discorso, con candidato-avversario Jeremy Strong (Kendall Roy sfodera una faccia incazzatissima, degna del suo personaggio), è anche un finale alternativo per Succession. Perché alla fine non ci sarebbe dispiaciuto vedere Roman Roy salire al soglio pont- ah, no, questo non è un crossover episode con Conclave. E, come ormai da tradizione, dal palco Kieran chiede in mondovisione alla moglie: “Facciamo il quarto figlio?”. MVP.

FLOP:

Omaggio a James Bond o marchetta?

Quando Adrien Brody ha baciato Halle Berry sul red carpet 22 anni dopo la volta in cui l’ha fatto ritirando l’Oscar per Il pianista, ci si chiedeva quale fosse la sorpresa legata alla presenza dell’ex Bond Girl (e premio Oscar a sua volta). La risposta è: un pessimo omaggio a 007 o una marchetta ad Amazon, proprio pochi giorni dopo l’annuncio che gli storici produttori di Bond, Barbara Broccoli e Michael G. Wilson, hanno ceduto il controllo creativo proprio al colosso di Bezos (forse O’Brien doveva farsi perdonare per la gag di prima). Ok, la classica clippina sulla storia della spia più amata del cinema (ma anche no, che qua la notte è già lunga), ma il momento peggiore è il medley: apre Margaret Qualley (prossima Bond Girl?) ballando, se la cava Lisa con Live or Let Die, malissimo Doja Cat che si confronta con Diamonds Are Forever (e Shirley Bassey, pazza!) e meh Raye con Skyfall. Lo diciamo: meglio Annalisa e Giorgia a Sanremo.

TOP:

Isabella!

Trovate qualcosa di più bello e adorabile di Isabella Rossellini in abito blue velvet “dedicato a David Lynch” e con gli orecchini di Ingrid Bergman in Viaggio in Italia, che la madre ha indossato anche agli Oscar quando è stata premiata per Assassinio sull’Orient Express. “Cerco di raccontare la mia storia: prima sentivo che forse i cognomi dei miei genitori mi tenevano nell’ombra, ma adesso mi mancano più che mai”, ha detto l’attrice, nominata come non protagonista per Conclave. Ce l’abbiamo: il suo più uno per la serata è Laura Dern. Non ha vinto, ma chissenefrega: è favolosa.

FLOP:

Zero politica (o quasi)

Tagliata fuori Karla Sofía Gascón (e quindi tutto il discorso dietro la nomination della prima donna trans nella storia vs l’operazione di cancellazione sulla comunità che sta mettendo in atto Trump), la politica è rimasta fuori da questi Oscar, proprio nel momento in cui ce n’era più bisogno. Giusto Zoe Saldaña accenna all’essere “la prima americana di origine dominicana a ricevere questo Oscar”, Paul Tazewell spiega di essere “il primo uomo nero a trionfare nella categoria costumi” per Wicked e Daryl Hannah gira: “Ucraina”. Ma l’unico vero discorso autenticamente politico lo fanno i registi di No Other Land: israeliani e palestinesi che si dicono fieramente “fratelli” e parlano per la prima volta di guerra e pace durante la serata. Per concludere con un appello: “Chiediamo al mondo di passare all’azione per fermare le ingiustizie e la pulizia etnica dei palestinesi”. Per fortuna poi c’è pure Brody: “Sono qui una seconda volta per rappresentare i traumi e le oppressioni della guerra sistematica, dell’antisemitismo e del razzismo, prego per un mondo più felice e più inclusivo, il passato può insegnarci qualcosa”. Grazie Adrien, ma è comunque troppo poco.

TOP:

Mick Jagger, io sono leggenda

Non sappiamo che Substance si inietti Mick Jagger, ma prenderemmo lo stesso, grazie. E infatti: standing ovation del Dolby Theatre appena il frontman dei Rolling Stone compare a sorpresa in scena, legend. “Per quanto mi faccia piacere presentare questo premio, non ero la prima scelta. I produttori volevano Bob Dylan. Ma lui ha detto no, perché sostiene che le migliori canzoni di un film quest’anno fossero in A Complete Unknown“, ha cazzeggiato Jagger prima di fare persino una discreta imitazione di Mr. Zimmerman. “Bob ha detto: ‘Dovreste trovare qualcuno più giovane. Eccomi qua, io sono più giovane'”. Per la cronaca: Dylan ha 83 anni, Jagger 81. Short, sweet, perfetto. Uno spettacolo rock ‘n roll raddensati in una manciata di minuti. Possiamo chiederne ancora?

FLOP:

In Memoriam o Memento Mori?

Inizia e si chiude su Gene Hackman il momento che tutti temiamo: il Memento Mori. Ok, no, basta scherzare: l’In Memoriam di quest’anno, accompagnato dalle note dell’introduzione della Messa da Requiem di Mozart, comincia con il tributo di Morgan Freeman a Gene Hackman, ultimo tra gli scomparsi dell’industry in ordine cronologico. E fin qui c’eravamo: “Il mio amico diceva: ‘Non penso a quello che lascerò, spero solo che la gente mi ricordi perché ho fatto del mio meglio’. Be’ Gene, sarai ricordato per quello e per molto altro ancora”. Poi però è cominciata la solita sfilata funebre di ritratti tagliati male e appoggiati su video, con sottofondo angosciosissimo del Dies Irae. Sappiamo che trovare le formula giusta è una mission: impossible. Però… E poi: ma come si fa a dimenticare Alain Delon?!

TOP:

W la mamma e W il cinema!

Timothée Chalamet che si è portato tutta la family sul tappeto rosso, Zoe Saldaña che sale sul palco urlando: “Mammaaaaa!”, Adrien Brody che nel suo (lunghissimo e commovente) discorso ringrazia “mia madre e mio padre che mi hanno dato le basi di rispetto, gentilezza e la forza di perseguire questo sogno”. Ma pure Mikey Madison (a sorpresa miglior attrice): “Grazie a mamma, papà, mia sorella, il mio fratellino, il mio gemello” e Sean Baker (miglior regista) che dice: “Mia mamma mi ha introdotto al cinema a 5 anni e oggi è anche il suo compleanno, questo Oscar è per te”. La mamma è sempre la mamma, pure (e soprattutto) quando vinci un Oscar. E il cinema resta sempre il cinema: “Recitare è una professione fragile, delicata, sembra clamorosa e a volte lo è, ma quando riesci a mettere le cose in prospettiva al di là di dove sei nella tua carriera, tutto può svanire. E quello che rende la serata speciale è prendere consapevolezza di questo”, ancora Brody. E di nuovo anche Baker, al quale è riuscito il colpaccio con Anora: “Registi fate film da proiettare al cinema, distributori focalizzatevi sui film da proiettare al cinema, genitori portate i vostri bambini al cinema. Solo così riusciremo a tenere viva questa esperienza”.

Altre notizie su:  Oscar Oscar 2025