Per la prima volta dal 2007, prima che esistessero i giganti dello streaming come Netflix, Disney+, eccetera, i membri della Writers Guild of America hanno scioperato il 1° maggio dopo non essere riusciti a negoziare un accordo con gli studios hollywoodiani.
Il 20 marzo il sindacato degli sceneggiatori made in USA (WGA) ha avviato delle contrattazioni con l’Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP), che rappresenta gli studi e gli streamer, ma non è riuscito a chiudere i negoziati entro la scadenza. La WGA sostiene che, in un’atmosfera già tumultuosa e con parecchi licenziamenti, il compenso degli scrittori nel settore dell’intrattenimento sia stato influenzato negativamente dallo streaming e le tutele del Minimum Basic Agreement (l’accordo base, ndt) vengano ignorate. E afferma anche che gli studi e gli streamer abbiano creato una «gig economy (modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo, ndt) all’interno di una forza lavoro sindacale» con professionisti obbligati ad affidarsi al lavoro a progetto.
Tra le richieste della WGA ci sono un aumento del compenso minimo su tutti i media per gli sceneggiatori, un aumento dei contributi ai piani pensionistici e sanitari, un aumento dei residui e un miglioramento e rafforzamento generale degli standard professionali e delle tutele. Alex O’Keefe, tra gli sceneggiatori di The Bear, ha detto al New Yorker che il suo contro in banca era in rosso quando la serie ha vinto il premio come miglior serie comedy ai WGA Awards.
Altro punto critico nell’incapacità delle due parti di raggiungere un accordo è una clausola sul potenziale utilizzo dell’intelligenza artificiale da parte degli studios. La WGA ha chiesto di specificare che «l’intelligenza artificiale non può scrivere o riscrivere materiale letterario», «non può essere utilizzata come materiale di partenza» e che «il materiale coperto da MBA non può essere utilizzato per addestrare l’IA»: il timore è che l’IA possa creare bozze di sceneggiature e poi le produzioni assumano scrittori a tariffe giornaliere per perfezionarle. L’AMPTP ha rifiutato la proposta, offrendo invece semplicemente di tenere «riunioni annuali per discutere i progressi della tecnologia».
Adam Conover, creatore e protagonista di Adam Ruins Everything e della docuserie The G Word di Netflix, è deluso dal fatto che gli studios si siano rifiutati di cambiare idea su quel punto, anche se pensa che l’idea di usare l’intelligenza artificiale nella scrittura a Hollywood «sia una moda passeggera che scomparirà nel giro di un anno e mezzo». Conover, che è anche un membro del consiglio della Writers Guild of America West e fa parte del comitato di negoziazione, afferma che, anche se non pensa che l’intelligenza artificiale possa svolgere il lavoro di uno scrittore, crede che queste società cercheranno comunque di sfruttare questa nuova forma di tecnologia.
«Per quanto riguarda le aziende che utilizzano l’intelligenza artificiale per bloccare lo sciopero, mi piacerebbe vederle provare. Non funzionerà», dice Conover. «Non è più facile sostituirci con l’intelligenza artificiale rispetto a trovare qualcuno che scriva le sceneggiature. Non è possibile perché la nostra è una professione estremamente qualificata».
Negli ultimi mesi si è assistito a una crescita esplosiva dei sistemi e degli strumenti di IA, inclusi chatbot o large language models (modello di intelligenza artificiale in grado di elaborare e generare testo in modo simile a come lo farebbe un essere umano, ndt), che vengono addestrati su grandi quantità di testo esistente e possono rispondere all’input umano come se stessero conversando con l’utente. Gli esperti hanno avvertito che questa tecnologia potrebbe essere sviluppata a un ritmo pericoloso, molto più velocemente di quanto possano esserne stabiliti standard e pratiche. Hollywood sta soppesando le potenziali applicazioni creative per film e tv: alcuni nel settore temono che gli studios proveranno a utilizzare l’automazione come scorciatoia nel processo di sceneggiatura.
Sarah Myers West, amministratore delegato dell’AI Now Institute, un’organizzazione no-profit di ricerca che studia le conseguenze sociali dell’IA e dell’industria dietro di essa, afferma che «gli sceneggiatori in particolare sono tra i più colpiti» dall’uso diffuso dell’IA generativa.
«È un momento critico per chiedersi chi trae vantaggio dall’uso di questi sistemi e chi invece ne è danneggiato», spiega West. «Il desiderio [della WGA] di istituire forti limiti all’uso dell’intelligenza artificiale per proteggere la loro proprietà intellettuale e il loro lavoro creativo è fondato, in particolare dato il rapido lancio e la commercializzazione di questa tecnologia anche se è un misero sostituto del loro mestiere. Troppo spesso la necessità di “studiare gli effetti” delle tecnologie viene utilizzata come un modo per evitare una regolamentazione più forte; dovremmo imparare dall’ultimo decennio di crisi tecnologiche e ascoltare le loro richieste».
Se Conover è scettico su ciò che l’IA può fare in proposito, nel mondo della tecnologia c’è chi vede le macchine come una vera e propria minaccia per i creativi. «Gli scrittori hanno ragione a essere spaventati», afferma il programmatore e consulente di intelligenza artificiale Dylan Budnick. «Gli studios possono risparmiare, strappare il controllo creativo agli scrittori per accontentare inserzionisti/finanziatori e concentrarsi sulla modifica di una sceneggiatura già scritta invece di dover gestire voci e spunti diversi nella writers’ room».
La maggior parte degli elementi di una sceneggiatura «può essere facilmente partorita dai modelli utilizzati da OpenAI», sostiene Budnick. «Diventa quindi un lavoro di lettura e modifica, che può essere svolto facilmente da chiunque abbia il controllo creativo». Dato un input come: “Scrivi un film su Spider-Man che incontra Batman, includi istruzioni e didascalie, suggerisci gli attori, la colonna sonora, ecc. E scrivi nello stile di un poliziesco noir”, il modello può generare uno script di circa 50 pagine.
Nel 2007, la Writers Guild ha scioperato da novembre a febbraio 2008, interrompendo le produzioni per poco più di tre mesi. Di conseguenza, serie popolari all’epoca come 30 Rock, Grey’s Anatomy e How I Met Your Mother avevano dovuto accorciare le stagioni mentre titoli come Entourage e 24 avevano posticipato le riprese e le date di uscita.
Non è chiaro quanto dovrebbe durare lo sciopero, ma l’industry ne sentirà sicuramente gli effetti immediati con i late-night talk show che stanno già chiudendo questa settimana, così come il Saturday Night Live e programmi come The Talk. Anche altre serie che erano in fase di sviluppo come la terza stagione di Yellowjackets e la quarta di Cobra Kai di Netflix si sono dovute fermare.
Ma fare gli sceneggiatori televisivi e cinematografici va ben oltre il mettere insieme delle parole, spiega Conover. Ci si aspetta che abbiano molte abilità oltre la semplice nozione di formare frasi; sono tenuti a comprendere il processo di ripresa, considerare il budget complessivo e pensare a quali scene sono più costose da realizzare rispetto ad altre, comunicare con i produttori sulle modifiche, riscrivere le scene se a un attore non piace il suo personaggio, parlare con i costumisti e il reparto prop per capire se possono o meno dare vita agli elementi della sceneggiatura e pensare all’economia delle location delle riprese, tra le altre cose.
«Queste sono tutte parti importanti del lavoro di scrittura che sono inseparabili l’una dall’altra, e semplicemente non è possibile avere tutte queste competenze per un generatore di testo, un algoritmo informatico che si limita a prevedere quale parola viene dopo in una frase», sostiene Conover. «C’è bisogno di persone per fare questo lavoro e quelle persone sono gli sceneggiatori».
Anche un bot sofisticato ha bisogno della guida dell’uomo per scrivere qualcosa di decente. In un esperimento con il software ChatGPT di OpenAI, ad esempio, il regista Noam Kroll ha appreso che aveva bisogno di input per sviluppare genere del film, protagonista, antagonista, conflitto, ambientazione e trama per iniziare anche soltanto a scrivere una sceneggiatura. Quando gli ha chiesto di trovare il proprio tono, ha dovuto comunque fornirgli una serie di beat specifici della storia – eventi che guidano la narrazione – che il chatbot avrebbe potuto poi arricchire, creando scene reali. E ha scoperto che il risultato complessivo era abbastanza generico. «L’IA può scrivere in cliché e tropi, ma manca gravemente della profondità emotiva e dell’originalità di cui ha bisogno una grande sceneggiatura», ha concluso Kroll.
Vincent Conitzer, direttore del Foundations of Cooperative AI Lab della Carnegie Mellon University e responsabile del coinvolgimento tecnico dell’IA presso l’Institute for Ethics in AI dell’Università di Oxford, spiega che le recenti affermazioni su come questa tecnologia verrebbe implementata a Hollywood potrebbero semplificare eccessivamente la questione. «A questo punto non capisco quanto ciascuna delle due parti ci abbia davvero riflettuto», dice.
«Probabilmente la prima cosa a cui tutti pensano è l’intelligenza artificiale che scrive tutto il copione da zero», afferma Conitzer. «Per ora però non credo che sarebbe competitivo con le migliori sceneggiature prodotte dall’uomo». Ma, aggiunge, ci sono altri potenziali usi: gli sceneggiatori potrebbero chiedere al software di suggerire avanzamenti della trama o produrre diverse riscritture di una particolare scena. «Dov’è il confine su quali usi dovrebbero essere vietati e come farlo rispettare?», si chiede.
Conitzer spiega anche che il fattore di complicazione è la richiesta del sindacato che gli studios limitino l’accesso di qualsiasi IA al materiale scritto coperto dall’accordo base. «Qui entriamo nella questione ancora più ampia di come i sistemi di intelligenza artificiale oggi vengano addestrati su molto materiale protetto da copyright, ed è spesso difficile sapere su cosa basino i loro scritti», dice, sottolineando che non sappiamo «fino a che punto l’AMPTP avrebbe il controllo su questo».
«Quindi sono d’accordo sul fatto che siano necessarie ulteriori ricerche e discussioni», afferma Conitzer. «Ma penso che l’offerta AMPTP di “riunioni annuali” sia poca cosa visto il ritmo con cui la tecnologia si sta sviluppando. Affrontare seriamente questi problemi richiederebbe uno studio intenso, immediato e continuo».
Conover sostiene che i problemi di copyright relativi all’utilizzo di sceneggiature generate dall’intelligenza artificiale non siano ancora chiari, una cosiddetta zona grigia dal punto di vista legale. E trova difficile credere che uno studio importante possa investire decine di milioni di dollari in produzioni di cui potrebbe o meno possedere i diritti: »Chi pensa che oggi possiamo essere sostituiti dall’intelligenza artificiale vive in un science-fiction fantasy».
La scrittrice e produttrice di Abbott Elementary Brittani Nichols afferma di non essere sorpresa dal fatto che i dirigenti degli studios prendano in considerazione l’utilizzo della tecnologia IA come scappatoia per creare contenuti senza gli sceneggiatori durante lo sciopero. «Non mi sorprenderebbe se lo sfruttassero perché non a loro importa di noi», dice Nichols, «e nemmeno dell’arte. Tengono soltanto a loro stessi e ai loro profitti, e sono disposti a gettare i lavoratori sotto un treno per mantenere quei guadagni».
Gli sceneggiatori non sono convinti che la tecnologia IA sarà in grado di arricchire copioni completi e unici né fornire note e feedback ponderati nel processo di editing, ma sono anche cauti sul fatto che un prodotto come ChatGPT possa realizzare tutta la parte logistica della scrittura per tv e film. Secondo Nichols, il problema dell’intelligenza artificiale in particolare riflette la questione più ampia degli studios di Hollywood che non hanno idea di cosa significhi essere uno sceneggiatore in senso tecnico.
«Non parlo soltanto di mettere le parole sulla pagine. Ci sono tante cose che succedono prima e dopo», spiega Nichols. «Pensare che una macchina possa produrre qualcosa di anche solo lontanamente paragonabile a ciò che fanno gli scrittori è denigratorio e indicativo della mancanza di rispetto che ci hanno dimostrato durante tutta questa lotta. È offensivo, e chiunque pensi che una macchina possa fare quello che facciamo noi ha perso il contatto con la realtà di cosa sia una professione altamente qualificata come quella di sceneggiatore».
Il collega Tyler Hisel, che ha lavorato nel settore dell’intrattenimento per più di 15 anni, afferma di vedere i generatori di intelligenza artificiale come «la questione esistenziale unificante» nelle recenti trattative della Writers Guild con gli studios.
«Molti sceneggiatori pensano: “Non vogliamo che questa professione si limiti a ripulire le bozze scritte da ChatGPT in futuro”», afferma Hisel. «C’è qualcosa da dire affinché la dignità professionale ed economica di questo lavoro venga tutelata e, nello stesso tempo, gli studios proteggano il valore dell’espressione umana. Una buona sceneggiatura è più di una semplice trama, è qualcosa che colpisce qualcosa di intangibile dentro di noi».
Hisel, che sta sviluppando per la Paramount un film diretto da Ron Howard e intitolato The Fixer, non vede l’intelligenza artificiale come una minaccia immediata, ma pensa che sia importante considerare le possibilità di questa tecnologia nell’industria dell’intrattenimento nei prossimi cinque-dieci anni.
«Con la crescita esponenziale che stiamo vedendo, non è fuori dal mondo pensare che in un paio d’anni “quella cosa” possa comporre una sceneggiatura. E a quel punto la domanda diventerà: “Hai bisogno di assumere sceneggiatori alle loro condizioni per scrivere quella prima bozza o prendi un copione approssimativo di ChatGPT e chiedi loro di ripulirlo?”», dice Hisel. «Speriamo che non diventi realtà, ma è meglio capirlo ora e non rimpiangerlo tra anni».