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Potevamo fare a meno del reboot della ‘Casa dei fantasmi’

La commedia horror targata Disney e basata sull'attrazione del parco divertimenti è una storia fiacca, con un super cast , da Owen Wilson, a Danny DeVito, da Rosario Dawson a Tiffany Haddish , sprecatissimo
Owen Wilson, Rosario Dawson, LaKeith Stanfield, Tiffany Haddish e Danny DeVito in 'La casa dei fantasmi'

Foto: Disney

Forse è il vedere così tanti talenti di prim’ordine sprecati. O lo stordimento dopo due ore di effetti CGI all’ingrosso. O il palese product placement dei jalapeño popper di Burger King. O il cenno scherzoso a Beetlejuice – Spiritello porcello, una comparazione che non fa di certo un favore a questo film. Ma c’è qualcosa in La casa dei fantasmi, l’ultimo tentativo della Disney di trasformare i ricordi del parco divertimenti in oro al botteghino, che spicca più di tutto. Questa commedia horror è una caccia aziendale agli Easter-egg spacciata per film e cavalca le caratteristiche della giostra spettrale mentre sferra una gomitata nelle costole nel modo più aggressivo (in)umanamente possibile. Anche per gli irriducibili fanatici della Disney è divertente quanto aspettare in fila all’infinito per qualcosa che ha chiuso definitivamente causa riparazioni.

Abbiamo già partecipato a un tour simile nel 2003, quando la Casa di Topolino sfruttò la mansion del brivido ingaggiando Eddie Murphy e facendo uscire il titolo circa cinque mesi dopo il successone del primo Pirati dei Caraibi. La giostra stessa esiste dal 1969, concepita come un’attrazione macabra ma pur sempre per famiglie; le versioni aggiornate nei due parchi degli States fanno ancora affidamento su molti dei trucchi scenici del fumo e degli specchi, sull’animatronica vecchia scuola e sull’umorismo dark che caratterizzava l’originale dell’era Nixon. C’è ancora un fascino antico in quella giostra in stile gotico, una delle poche che non richiede un ripensamento della politica di genere o degli stereotipi razziali (a differenza, ehm, di altri punti di riferimento di Disneyland).

A giudicare da quello che vediamo sullo schermo in questo remake del 2023, creato per fare soldi, il mandato affidato al regista Justin Simien (Dear White People) e alla sceneggiatrice Katie Dippold (il reboot di Ghostbusters del 2016) sembra questo: ecco un sacco di nomi, gag, ecc. – ora immaginate tutta ‘sta roba in un blockbuster. Non ci interessa come, fatelo e basta, subito! Ecco perché Ben Matthias (Lakeith Stanfield), un fisico quantistico che ha sviluppato una macchina fotografica in grado di immortalare il regno spettrale, viene reclutato per un “dream team” paranormale a Gracey Manor. Il nome compare su una lapide fuori; è anche un omaggio al co-creatore della mansion, Yale Gracey. Ed è una delle allusioni più sottili.

Scienziato e dunque scettico per formazione, la vigilia di Capodanno, in un bar di New Orleans, Ben ha incontrato una giovane donna che c redeva nei fantasmi e organizzava tour di luoghi infestati. È stato amore a prima vista, si sono sposati. Lei è morta, lui è diventato triste e amareggiato. Un giorno, un prete, padre Kent (Owen Wilson), lo informa che una newyorkese di nome Gabbie (Rosario Dawson) e suo figlio Travis (Chase Dillon) si sono appena trasferiti nel maniero fuori città. Dicono che sia infestato e lo pagheranno per fotografare chiunque o qualunque cosa sia in agguato. Ben ci va, finge di scattare qualche foto e dichiara il luogo libero da spiriti maligni. Poi torna a casa e scopre che il fantasma di un capitano – sì, lo stesso della giostra – lo ha seguito.

Ben, padre Kent e la famiglia vengono raggiunti dalla sensitiva Harriet (Tiffany Haddish) e dal professor Davis (Danny DeVito), un esperto di abitazioni infestate. Insieme a Madame Leota (Jamie Lee Curtis), uno spirito disincarnato intrappolato in una sfera di cristallo, questa banda di Scooby Doo di serie B scopre che il fantasma di un uomo orribile di nome Crump, che tiene la testa in una cappelliera (ed è interpretato da… Jared Leto?!), vuole riunire tutti nella casa. È alla ricerca di un’ultima anima, che gli permetterà di vagare liberamente nel nostro mondo. Il cattivo è già in possesso di 999 anime, ma – ehi – c’è sempre spazio per un’altra.

Continua a succedere di tutto: i personaggi vengono espulsi dalla casa tramite sedie che si muovono all’indietro, praticamente l’incarnazione sullo schermo dei doom buggies dell’attrazione. La galleria d’arte si trasforma in una escape room, completa di sabbie mobili e alligatori affamati. I fratelli dei ritratti che si sfidano a duello si trasformano in snodi della trama; idem la sposa con i mariti decapitati. Oh guardate, ci Sono il suonatore d’organo, gli spiriti danzanti, i busti con gli occhi che ti seguono e un milione di altri dettagli familiari e richiami, che non sono inseriti nella storia ma soltanto nell’inquadratura per farci l’occhiolino. Nessuno criticherebbe un potenziale kolossal perché stipa relitti e carichi dal suo materiale originale: cos’altro dovrebbe fare? – peccato che sembra di spuntare una lista della spesa, un po’ obbligatoriamente e ottusamente. Un sacchetto di snack da fast food sta più tempo sullo schermo di alcuni dei preferiti dai fan della Disneyland Mansion e di Dan Levy messi insieme.

In tutto ciò, c’è qualcosa che ricorda vagamente una trama e tenta di attingere a un senso di dolore e all’idea che trattenerlo troppo a lungo non sia sano. Capite che è incorporato tra le battute, gli effetti digitali e i namedrop per aggiungere un certo senso di gravità, ma è gestito in modo così casuale che quando Stanfield scoppia in lacrime prima di un altro giro di spot-the-reference, vorrestei urlare per lui. È l’abc di una manipolazione emotiva anche piuttosto fiacca. Disney, puoi fare meglio di così, anche con un film basato su un classico del parco divertimenti. La casa dei fantasmi non ha un decimo dell’arguzia o dell’immaginazione di quell’attrazione vecchia di decenni. E vi sentirete presi in giro nel peggior modo possibile.

Da Rolling Stone US

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