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Sandra, Sandrocchia, Salvatrice: quello della Venere (di) Milo era il giusto modo di stare al mondo

L’amore importava più dei capolavori, che pure sono stati tanti. Si poteva tenere insieme Fellini e «Cirooo!», il bianco e nero e i commenti di Instagram. Si poteva essere come Sandra, e forse la vera eredità è dirci che possiamo esserlo tutti, ancora

Foto: Marco Piraccini/Archivio Marco Piraccini/Mondadori Portfolio/Getty Images

Sandra, Sandrocchia, ma per una volta facciamo valere il nome all’anagrafe: Salvatrice. Che è banalissimo dirlo, ma a pensarci oggi quant’è vero, quanto Sandra Milo (no: Salvatrice Elena Greco) ha salvato l’Italia dai conformisti, dai paolotti (è una parola brianzola), dalla visione della donna in quel modo solo, che vale sempre. Salvatrice anche delle e per le donne di oggi, si direbbe.

Venere di Milo e povera creatura, la nostra Salvatrice ha avuto in mano il suo destino più di quel che forse voleva lasciare intendere. Si è confinata, spesso volutamente, nella parte dell’oca bionda per, in realtà, raccontare le donne come poche altre. È stata la musa e l’amante (di Fellini, di Craxi, lo sapete) con gioia, diventando femminista a sua insaputa attraverso gesti di fronte a cui le femministe (?) di oggi inorridirebbero.

Era sexy e fatina, intelligente e sciocchina, mamma e atomica bionda, cartoon e monumento. Tutto insieme, di sbagliato non c’era niente. Era e «Cirooo!», il cinema d’autore e la tv, l’arte e il trash, Rossellini e i reality show. Era il bianco e nero e i commenti su Instagram, commentava tutti, come le nonne che diventavano amiche dei tuoi compagnucci di classe, c’è merenda per tutti.

Si è confusa con un’immagine che spesso non le ha reso onore, o forse sì. Siamo tutti orgogliosissimi e gelosissimi del nostro articoletto scritto nel 2007 e lei invece se ne fregava di , quel che era fatto era fatto. «Oggi a lei importa meno di aver fatto , le importa di più di aver amato Fellini. E penso che a me accadrebbe esattamente il contrario, penserei che un amore è un mezzo per realizzare un’opera, e non che un’opera è un mezzo per realizzare un amore»: lo dice – meglio di me – anche Francesco Piccolo nella Bella confusione, ma io credo (e che ve ne frega) di essere come Sandra – forse perché a mia nonna ci assomigliava per davvero.

Certo, anche le opere restano. Tolti i meravigliosi Fellini, bagagli così pesanti che io lo capisco a un certo punto uno se ne voglia pure liberare, il mio preferito è La visita di Antonio Pietrangeli, il regista che amava e capiva le donne, e che ha capito Sandrocchia probabilmente nell’essenza (cfr. anche Adua e le compagne e il più incompreso Fantasmi a Roma, dov’è fatina – forse streghetta – per davvero).

Ma anche, in epoca recente, A casa tutti bene di Muccino, che fa della natura consapevolmente svanita di Milo la sua sostanza finale, di oggi come di ieri, quel modo di stare al mondo leggeri, sopra le cose anche quando si è dentro la Storia. Che sia questa l’eredità, anche per noi che dentro la Storia non ci siamo stati e non ci staremo mai.

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