«È sempre miracoloso scoprire di avere un “fratello” da qualche parte. Non mi ero sbagliato circa le nostre affinità elettive… Entro la fine dell’anno devo scrivere due romanzi. Non appena sarò libero, le chiederò il permesso di fare un salto a Roma per chiacchierare a lungo con lei. Sento già che Satyricon sarà un’esperienza esaltante…». A scrivere queste parole colte, sentite ed eleganti è “l’uomo con la pipa”, Georges Simenon, che si rivolge, per affinità artistiche, umane e per comune sensibilità, all’“uomo con il megafono” del cinema, Federico Fellini.
Nella miriade di storie su Fellini e sulla sua fantasmagorica vita avventurosa e iper “felliniana” (le sue molteplici vite?), poco si sapeva dell’amicizia, soprattutto epistolare, con il grande e prolifico scrittore. A porre rimedio a questo vuoto pensò, tempo fa, il libro Carissimo Simenon, mon cher Fellini (edito da Adelphi). Ora arriva il bel documentario Fellini e Simenon – Con profonda simpatia e sincera gratitudine di Giovanna Ventura, che dall’epistolario prende l’ossatura principale.
Il film, il cui sottotitolo è tratto dalla “chiusa” della prima lettera di Fellini in risposta allo scrittore, è stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e sarà visibile domenica 24 ottobre su Rai Movie alle 13.05 (e poi su RaiPlay). Un’opera imperdibile per felliniani e simenoniani, perché mostra come una comune sensibilità possa assumere linee artistiche abissalmente difformi. Si tratta della cronaca letteraria, fantasiosa e immaginifica nello stile dell’autore riminese più che dello scrittore, perché – almeno visivamente – prevalgono sulle parole fra i due artisti proprio le immagini dei set felliniani. Rari backstage de I clowns e di Amarcord (il cast che si prende a pallate di neve) e frammenti di film, da La dolce vita a La voce della luna.
La stima tra i due è immediata, da quando Simenon presiede la giuria del Festival di Cannes nel magico 1960 e premia con la Palma d’oro La dolce vita. Da quell’anno fino al 1989, alla morte di Simenon, i due si scrissero a intervalli più o meno regolari, e dialogarono animatamente, tramite lettera, di progetti, interviste, bellezza, idee e mondo.
Simenon osserva che, benché le sue opere letterarie parlino di tutt’altro rispetto all’universo onirico e sgargiante del maestro riminese, nella vita ha coltivato passioni comuni come quella del circo: «Ero incantato dal circo. Sono stato molto amico della famiglia Fratellini, la famosa famiglia di clown, e l’ultima sorella Fratellini è stata una mia fiamma: per un certo periodo, siamo stati molto innamorati». La voce di Francesco Pannofino legge le lettere tra i geniali affabulatori. Collaboratori, amici e studiosi – da Nino Rota a Valerio Magrelli – fanno quasi da coro o da tramite tra le parole dei due artisti. Magnifico Rota quando ricorda la difficoltà di interpretare e mettere in pratica le astruse indicazioni del regista: «Fai un motivo allegro, ma che sia triste».
Infine, tra le lettere più potenti e struggenti, quella in cui lo scrittore osserva: «Caro Fellini, lei mi fa pensare a un perenne fuoco d’artificio, che pullula di stelle di tutti i colori, una più brillante dell’altra. La abbraccio, e insieme a lei Giulietta, alla quale va tutto il mio affetto, il suo vecchio Georges Simenon». Nel post scriptum di quella lettera, l’autore belga commenta anche Ginger e Fred, notando la grandezza di Giulietta Masina nei panni della ballerina di tip-tap che si ritrova dopo tanto tempo con l’ex partner di scena e grande amore di una vita “Fred” Marcello Mastroianni. Scrive di come magicamente Giulietta fosse «tutte le Giuliette in una». Quanta poesia da mozzare il fiato. Grazie Federico, merci Georges.