Luigi Zampa1962
Satira sulla retorica fascista con l’assicuratore romano Nino Manfredi che in Puglia viene scambiato per un gerarca in missione top secret. L’imprecazione però – in napoletano – sta “nel coro” sullo sfondo, in una scena di contorno. Ma non per questo è meno groundbreaking: siamo a inizio anni ’60. Pionieristica.
Alberto De Martino1974
Possession movie all’italiana sulla scia dell’Esorcista (ehm), con Carla Gravina nei panni dell’indemoniata from una ricchissima famiglia romana. Che, urla, sbava, tira calci e, sì: ovviamente bestemmia. Diretto da Alberto De Martino e con le musiche di Ennio Morricone. Horror.
Bernardo Bertolucci1976
Non solo Ultimo tango a Parigi. Anche Novecento di Bertolucci è stato temporaneamente sequestrato dal Pretore di Salerno per “oscenità e blasfemia”: oltre a una sequenza di pedofilia, la scena incriminata è quella della bestemmia esclamata nel dialetto della Bassa reggiana dal contadino ragazzino. Pochi giorni dopo, una procedura d’urgenza sancì che «non è osceno né nella sua totalità e nemmeno nelle sue singole sequenze». Il resto è Storia del cinema. Proletaria.
Ugo Tognazzi1979
Tognazzi aveva già piazzato un’imprecazione di apprezzamento per il lato B di Fiorella, l’uccellino della Val Padana interpretato da Orietta Berti nei Nuovi mostri. L’ultimo dei cinque film che diresse – vietato prima ai minori di 18, poi di 14 e classificato come “per tutti” soltanto una quindicina di anni fa a causa del linguaggio scurrile – è un commedia fantascientifica sociologica, una sorta di L’uomo che fuggì dal futuro all’italiana, in cui i cittadini ultracinquantenni sono obbligati a trasferirsi a vivere in un resort. Ugo smoccola all’inizio del film e poi continua qua e là a regalare emozioni. Futuribile.
Dino Risi1980
Dino Risi dirige l’odissea di un poveraccio che sogna Cinecittà, starring Renato Pozzetto as un trentenne bamboccione del Varesotto che vuole diventare attore a ogni costo. Un pranzo in famiglia che diventa la solita resa dei conti con mammà e papà. Una doppia bestemmia pronunciata tra i denti, ma che si sente cristallina. E taaaaac. Lumbärd.
Claudio Caligari1983
Sempre degli anni ’80 è anche l’opera prima di culto di Claudio Caligari sulla dipendenza dall’eroina. Dopo la rapina in un negozio, Cesare e un amico salgono sull’auto, si accorgono di avere poco in mano rispetto alle aspettative e il protagonista smoccola un paio di volte, la prima più trattenuta, la seconda bella piena. Generazionale.
Marco Bellocchio2002
È il “porco” in assoluto più celebre del nostro cinema, “doppio” e pure urlato con tutto il fiato possibile, directed by il nostro regista più anticlericale, Marco Bellocchio (e chi, sennò). A gridarlo, il fratello malato di mente e bestemmiatore (Domenico Placido) del protagonista (Sergio Castellitto) che, nel processo di canonizzazione della madre, la famiglia vuole responsabile della sua morte. Ed è una bestemmia catartica, che poi si scioglie in un abbraccio. Cult.
Kim Rossi Stuart2006
Quando il figlio gli chiede se può andare in vacanza con la famiglia di un amico, lo sclero del padre interpretato da Kim Rossi Stuart nella sua opera prima prevede un crescendo di: “Siamo sommersi dai debiti, ci stanno togliendo la casa, stiamo nella merda, e tu pensi alla settimana bianca?!”. Alla spiegazione del ragazzino – “Pagano loro” – segue sessione di calci e pugni contro l’armadio, e vai di “porcone”. Diseducativa.
Antonello Grimaldi2007
Nel “caos calmo” (dal romanzo Premio Strega di Sandro Veronesi) della panchina su cui il suo personaggio aspetta ogni giorno l’uscita da scuola della figlia, Nanni – per una volta solo attore – legge il documento che il direttore del personale della pay tv di cui è manager (Silvio Orlando) vuole presentare contro la fusione. E, scandendo le parole, recita forte e chiara un’imprecazione scritta sul foglio: “Ma lo consegni così?”, chiede al collega. Risposta: “Ma lo sai che io sono cattolico, mio fratello fa il missionario in Africa, non ho mai bestemmiato in vita mia!”. C’è sempre una prima volta. Intellò.
Edoardo De Angelis2023
Per vestire i panni di Salvatore Todaro, il comandante (del titolo) che nel 1940 con il sommergibile Cappellini affondò un mercantile belga e poi ne salvò l’equipaggio, Pierfrancesco Favino torna all’accento veneto di El Alamein – La linea del fuoco (che, nel 2002, iniziò a chiarire che era un fuoriclasse). E, in quanto veneto, non può esimersi dal bestemmiare e dare del mona ai membri della sua ciurma per caricarli. Bestemmia doverosa, insomma. Marinara.
Pietro Castellitto2024
C’è lo psichiatra (Sergio Castellitto) che loda un suo piccolo paziente per gli ottimi risultati a scuola e il bambino che risponde: “I voti sono la droga che ci danno per non farci un’opinione”. Sbam. Ma non basta, giù anche un bel moccolone starring la Madonna. È solo uno dei quadri vitalissimi e provocatori dell’ambiziosa, sorprendente, spiazzante opera seconda di Pietro Castellitto, l’ultima in ordine di tempo a fare dell’imprecazione semplicemente cinema. Roman(ord)issima.