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‘Super Mario Bros.’ è un blockbusterone per ragazzini, ma è anche meno peggio di quello che pensate

Visivamente sbalorditivo ma un po' superficialotto, il primo serio tentativo di Nintendo di conquistare il cinema ha il potenziale per diventare ancora di più. Soprattutto se i videogame soppianteranno i supereroi a Hollywood
Super Mario Bros.

Foto: NINTENDO; ILLUMINATION ENTERTAINMENT & UNIVERSAL PICTURES

È strano pensare a Mario come a un perdente. Sebbene sia stato raffigurato come vagamente proletario sin dalla sua prima apparizione oltre quarant’anni fa, la mascotte di Nintendo è sempre stata super. E nonostante abbia avuto più professioni di Johnny Sins, il suo ruolo più importante è anche quello più semplice: è un eroe. Ecco perché la migliore decisione presa dai creatori di Super Mario Bros.– Il film è stata cambiare la narrazione: questa volta Mario non è affatto un perdente.

E non lo è sul serio: la vita non è binaria come un videogioco, ma la versione di Mario del film vive a casa con i suoi, un gruppo di italo-americani stereotipati che abitano a Brooklyn e che, come ogni famiglia di immigrati, sono piuttosto duri con lui. È responsabile del fratello minore, Luigi, e sebbene i due abbiano grandi sogni – essendosi appena messi in proprio come piccoli imprenditori – c’è molta pressione per adattarsi. Ma non si arrendono, perché sanno di essere destinati a qualcosa di grande.

Se vi sembra familiare, è perché ricorda stranamente l’originale (orribile) live-action di Super Mario Bros. del 1993. Ad essere onesti, entrambi i film e il Super Show! di fine anni ’80 hanno quell’origine e, sebbene sia un po’ oscura la sua validità nel canone dei videogame, è una configurazione carina per un altro viaggio attraverso lo specchio. Ma se il film del 1993 ha portato i fratelli in un sogno febbrile e cyberpunk, il nuovo Super Mario Bros. va sul sicuro.

Non è certo una sorpresa che la trama dell’adattamento cinematografico di Super Mario Bros. sia esile: esistono poche saghe di giochi che se la sono cavata con meno narrativa rispetto alla serie di Mario. La configurazione era generalmente: “Bowser vuole Peach e Mario la deve salvare”. Ecco tutto.

Qui ci sono alcuni piccoli cambiamenti. La “damigella” da salvare è Luigi, che è stato catturato da Bowser dopo essersi separato dal fratello maggiore sulla strada verso il Regno dei Funghi. La principessa Peach (doppiata da Anya Taylor-Joy nella versione originale) è una guida benevola per il suo popolo, ma anche una leader tosta che sta cercando di capire come proteggere il suo regno dalla minaccia incombente di un Bowser con poteri da superstar. Lo stesso Bowser è interessato esclusivamente a conquistare il mondo per impressionare Peach, che spera di sposare.

Solo i fan più indefessi si arrabbieranno perché, alla fine, è un film per bambini di 92 minuti. La sceneggiatura affida a Peach il ruolo di mentore e insieme spasimante di Mario, che deve mettersi alla prova e imparare cosa significa essere un eroe. È la stessa dinamica che si svolge nell’altro mega-franchising animato starring Chris Pratt, The LEGO Movie. E mentre il film di Super Mario Bros. non raggiunge mai i massimi livelli emotivi (o meta) di quel lungometraggio, di contro mette in scena un’azione visivamente abbagliante e molto divertente.

E quelle immagini fanno parecchia strada. Ogni fotogramma del film sembra un’allucinazione caramellosa e proviene dalla scuola di pensiero di George Lucas: è tutto molto denso. I mondi di Mario, Donkey Kong e persino Downtown Brooklyn pullulano di colori e texture. L’animazione è al di sopra di qualsiasi cosa la stessa Nintendo sia mai stata capace di creare, e fa male pensare che probabilmente ci vorrà un altro decennio prima che Mario sembri così bello in un videogame.

C’è un’energia maniacale in ogni luogo e personaggio che, combinata con il ritmo vertiginoso, rende impossibile assorbire la maggior parte di ciò che vedi la prima volta. Gli Easter egg hanno a loro volta degli Easter egg, ed è il tipo di film fatto su misura per essere visto, rivisto e rivisto ancora.

Il problema, semmai, è se vorrete rivederlo o meno. La trama essenziale non va molto oltre il fan service, operando a regola d’arte per affrettare i personaggi dal primo livello al finale scorrazzando come pazzi. Vi scapperà qualche risata qua e là, specialmente sulle gag più orientate agli adulti (c’è una base di umorismo dark attorno alla nonchalance di questi adorabili personaggi sulla morte). Purtroppo quelle battute sono poche e lontane tra loro e suggeriscono una versione del film che avrebbe potuto essere più in linea con la serie più sardonica di Paper Mario, che rimane l’apice della narrazione sul character.

Umorismo fiacco a parte, la più grande consolazione sono le sequenze d’azione che elevano il film. Fin dall’inizio, il linguaggio visivo del gioco viene applicato a scenografie elettrizzanti, tra le migliori mai prodotte per un film per bambini (al di qua dello Spiderverse). Ci sono salti, pugni, kart in stile Fury Road e scene di combattimento che sembrano uscite direttamente dal gioco di Super Smash Bros. Le migliori sequenze si appoggiano su riprese ricchissime che non sembrerebbero fuori posto negli ultimi Avengers, ma hanno un livello di cura che mostra effettivamente il super lavoro degli effetti speciali.

E per quanto riguarda le scelte di casting tanto pubblicizzate? Contano molto poco. Nei panni di un burbero newyorkese, l’attitude di Chris Pratt viene ridimensionata quando interpreta il suo Mario con un pizzico di sarcasmo di Brooklyn. Quasi da subito c’è un contrasto diretto tra la sua interpretazione sopra le righe e quella del doppiatore storico del personaggio, Charles Martinet, che mira a mettere a tacere l’intero dibattito. In nessun modo la storia avrebbe potuto dipendere da “It’s-a-me“, e la maggior parte degli spettatori dimenticherà che Chris Pratt è nel film anche dopo i primi dieci minuti. Ed è un complimento.

Probabilmente il cast di supporto è più “d’effetto”. Ovviamente Jack Black è da applausi con il suo Bowser logorroico. Se è possibile mangiarsi la scena da una cabina di doppiaggio, la versione di Black del re dei Koopas se la divora: Bowser è un mix tra i Tenacious D e Neil Diamond, un artista torturato e innamorato, che spacca. Aspettatevi che “Peaches, Peaches, Peaches” diventi presto virale su TikTok, con disappunto dei genitori di tutto il mondo.

Altre voci di spicco sono quella di Charlie Day nei panni del fratello più codardo di Mario, Luigi, e Seth Rogen in quelli dell’original gangster d’acciaio Nintendo, Donkey Kong. Anche Charlie Day viene da The LEGO Movie: la sua versione esasperata del pungiball più celebre dei videogame è accattivante e dà al fratello perennemente messo da parte una scintilla che meriterebbe un film a sé. Sebbene la maggior parte della storia riguardi il Bowser di Black, l’arma segreta più sottile del film è la dinamica nemico/amico tra Mario e il Donkey Kong di Rogen. Interpretato come un arrogante principe idiota, la risatina da stoner immediatamente identificabile di Rogen rappresenta la spavalderia del gorilla in modo ironico.

Nonostante sia un po’ superficiale e sovraccarico, il film di Super Mario Bros. è più della somma dei suoi pixel. È una rarità nel 2023, perché racconta una storia completa e nel frattempo crea percorsi per potenziali spin-off, ma non pompa mai apertamente i freni per venderti quello che potrebbe essere il futuro. Come primo serio tentativo di Nintendo di conquistare il cinema, è un debutto realizzato con cura e con il potenziale per diventare ancora qualcosa di più.

E se i videogiochi devono davvero soppiantare i supereroi come next big thing a Hollywood, è giusto che Mario guidi la carica. Proprio come il videogame originale ha contribuito a far rivivere il boom dei giochi negli anni ’80 in seguito al crollo del settore post-Atari, i Mario Bros. sono qui per sostenere un sottogenere cinematografico a lungo afflitto da spazzatura pre-HD. Benvenuti ai nostri nuovi padroni. E che il gioco abbia inizio.

Da Rolling Stone US

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