“Non avete idea di quanto sia fisicamente devastante non fare nulla”. The Killer inizia con una sequenza che è già un piccolo cult. Il personaggio di Michael Fassbender, un sicario professionista, sta aspettando il momento giusto per uccidere la sua vittima, un ricco magnate, dalla finestra di uno spazio vuoto di co-working davanti a un lussuoso attico parigino.
Basta guardare l’attore fare stretching con addosso i guanti di gomma neri per avere i brividi. Prende il suo tappetino, lo posiziona sopra un tavolo e ci dorme appoggiato, beve rigorosamente da uno di quei bicchieri che si appiattiscono e si porta dietro, controlla di continuo il suo battito sull’orologio, segue un dieta low carb: gli hamburger al McDonald’s sono la sua fonte di proteine, basta buttare il pane.
Non deve fare altro che aspettare che arrivi l’obiettivo: si prepara ascoltando Well I Wonder degli Smiths che entra ed esce dagli auricolari, ci parla del suo metodo infallibile, della sua filosofia assassina – il segreto è: “Non me ne frega niente” (di niente, aggiungo io): ma, ehm, non sarà proprio così. E del fatto che, appunto, se non ti piace aspettare, questo lavoro non fa per te. Fincher, veterano della suspense, è capace di farci stare lì di fianco al suo assassino, un Fassbender perfetto nella freddezza del ruolo. Non vediamo l’ora che spari.
Ed ecco che finalmente il riccone arriva e, mentre lo guardiamo muoversi per l’appartamento, ci pare di avere il dito sul grilletto. Il killer aspetta aspetta aspetta, e poi: “bang”! Ma anche “fuck”: il nostro antieroe ha mancato il suo bersaglio. Di più: ha ucciso la persona sbagliata. Questo, ovviamente, avrà delle ripercussioni.
Dopo Mank, un kolossal d’autore cinefilo pensato per gli Oscar, con The Killer Fincher torna a un intrattenimento più “largo” e pop (il lungometraggio è prodotto da Netflix, con cui il regista collabora già da anni). La tagline del film recita “L’esecuzione è tutto”. Lo è per l’assassino freddo come il ghiaccio di Fassbender, ma – in questo caso – pure per Fincher.
Basato sulla graphic novel francese di Alexis “Matz” Nolent e Luc Jacamon e costruito su una scarna ma meticolosissima sceneggiatura di Andrew Kevin Walker (che ha scritto anche Se7en), The Killer è incentrato sul proprio svolgimento. David Fincher è ossessionato dalla tecnica, dalla sua mistica del cinema come “metodo”. E The Killer è un film d’azione “procedurale”, acuto e ingegnoso, certo, ma a tratti anche un pochino convenzionale.
Quando il pasticcio è ormai fatto, la facciata del protagonista control freak crolla e la sua impassibilità inizia a mostrare delle crepe, anche il film diventa un buon revenge movie un po’ à la John Wick, soltanto più nichilista e minimalista, che però non riuscirà mai ad eguagliare l’eccitazione di quella, eccezionale prima sequenza.