In Non così vicino, Tom Hanks veste i panni di un tizio scorbutico e attempato di nome Otto; anzi, più che scorbutico, si potrebbe dire che è proprio uno stronzo. Per prima cosa, è un vero ficcanaso. Vive in una strada tranquilla alla periferia di Pittsburgh dove tutti sembrano conoscersi e dove ti serve un permesso affisso alla finestra per parcheggiare la tua auto, altrimenti qualcuno (cioè Otto) ti segnalerà a chi di dovere. I residenti più anziani, tra cui lo stesso Otto, si conoscono da un sacco di tempo; ciò comunque non impedisce a Otto di credere che chiunque gli viva attorno sia un perfetto idiota. Ha ragione: hanno tutti torto. I più giovani sempre attaccati ai loro smartphone e dentro i loro social. I commessi la cui insistenza nel voler aiutare quell’uomo più vecchio di loro a trovare quel che cerca si traduce in un insulto alla sua intelligenza. Tutte le persone che mettono i loro rifiuti nei bidoni della raccolta differenziata – che Otto, che passa le sue giornate a correggere gli errori dei vicini, deve sempre riordinare e spostare nei bidoni giusti. Nulla sembra renderlo felice. Una festa per la pensione non fa che ricordargli il lavoro di merda che ha fatto per tutta la vita. Non ha nessuno accanto (il che, considerato il suo caratteraccio, non sorprende di certo). A guardarlo si passa in un secondo dal domandarsi “dov’è la sua famiglia?” al comprendere che il suo carattere non gli permette di averne una.
Non così vicino sembra, per Tom Hanks, una sorta di divertissement, se non un vero e proprio esperimento. Vuole dirci qualcosa di più – e di inedito – sulla sua immagine pubblica, e su ciò che Hanks rappresenta agli occhi del pubblico. Questo è l’uomo che ha dato il volto a Fred Rogers (il conduttore di trasmissioni per bambini famosissimo negli Stati Uniti ritratto in Un amico straordinario, ndt); è colui che ha fatto di tutto per salvare Matt Damon durante la Seconda guerra mondiale, mantenendo la dignità intatta nonostante tutta la violenza a cui era costretto. È la persona di cui ti puoi sempre fidare. Apollo 13, Captain Phillips e Sully sono tutti lì a confermarci la sua forza morale e la sua correttezza integerrima, che può essere giusto scalfita da un impeto di rabbia, ma nulla più.
Hanks è uno di quegli attori che usano il rigore solo per farvi sentire che bisogna guadagnarselo. Quando interpreta personaggi bizzarri, sembra quasi una barzelletta: questa “stranezza” non sembra venirgli naturale. Ma a volte con questa innaturalezza ci vuole giocare. L’elemento grottesco – quello, per intenderci, che abbiamo visto in Elvis, dove interpretava lo squallido e carnevalesco manager del Re del Rock – è una caratteristica che, nelle mani di Hanks, funziona (o può funzionare) proprio perché sappiamo che l’attore incarna l’esatto opposto. Sappiamo che è solo finzione, ma lui è una star del cinema: una delle più grandi, una delle ultime. Quando una star del suo calibro prende una nota stonata, vogliamo credere che l’abbia fatto apposta. Ciò che funziona, in questa svolta melliflua e untuosa in Elvis che Hanks ovviamente porta egregiamente a casa, è che è difficile convincerci del contrario.
Nei panni di Otto, Hanks interpreta il solito vecchio stronzo in stile A proposito di Schmidt; o, per restare nell’universo Hanks, una figura vicina al suo Jimmy Dugan, Mr. “Non si piange nel baseball” (il suo personaggio in Ragazze vincenti, ndt). Ovvero un rompiscatole che, in fin dei conti, non è poi così cattivo, quel tipo d’uomo che non puoi odiare davvero, neanche quando è assolutamente detestabile, perché sai fin dall’inizio che all’orizzonte ci sarà una redenzione morale e sentimentale. Otto in questo senso è particolarmente adorabile, sembra un vecchio gattone per cui non puoi fare a meno di provare tenerezza anche se ti guarda sempre col suo muso arcigno – perché in qualche modo ti convinci che quel gatto non sia così cattivo, anche se i graffi che ti ha procurato sanguinano ancora. È così che Otto viene trattato dai suoi nuovi vicini, Marisol (Mariana Treviño) e Tommy (Manuel Garcia-Rulfo), e i loro figli. Loro sanno di stargli sui nervi; sanno che gli stanno chiedendo troppi favori; stanno che stanno entrando con troppa prepotenza nella vita di un uomo che non vuole essere disturbato per nessun motivo. Quello che non sanno è che Otto ha completamente rinunciato a tutto, al punto da aver promesso a sé stesso di ammazzarsi una volta che i nuovi vicini saranno arrivati nella casa di fronte.
Non così vicino è basato sul romanzo dello svedese Frederick Backman del 2012 (tradotto in Italia con il titolo L’uomo che metteva in ordine il mondo, ndt) da cui nel 2015 era già stato tratto il film Mr. Ove. Questo nuovo adattamento è semplicemente dignitoso. Il regista Marc Forster sa quello che ha a disposizione: una grande star del cinema, un buon copione, una storia in cui immedesimarsi. Fine. Alcuni flashback ci svelano qualcosa di più sul protagonista (ha persino avuto una moglie!) e perché è diventato quel che è diventato. E c’è un climax finale che porta all’atto di solidarietà (non avevamo dubbi che Otto ne sarebbe stato capace) capace di confermarci che non è uno stronzo perché ha il gusto di esserlo: semplicemente, ha un fortissimo senso di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. È uno stronzo, sì, ma non tollera l’ingiustizia.
La cosa interessante è pensare a ciò che il film è, e a cosa non è. Nelle mani di un altro attore – per dire: Clint Eastwood – Otto sarebbe stato il tipo di antieroe alla Gran Torino; uno che sì, si riscatta, ma mantenendo il suo carattere per niente rassicurante. Non così vicino sembra volerci presentare un personaggio sinceramente sgradevole, ma capiamo da subito che, più che all’arco narrativo, questo è utile ai virtuosismi d’attore di Tom Hanks. Qui Hanks è quello che può anche sbagliare tutto, ma che alla fine va nella giusta direzione morale. È tutto sotto il suo controllo. Fin dall’inizio, il suo antieroe è un eroe. Otto, per come è scritto, non rifiuta il mondo, anche quello “nuovo” che gli si para di fronte agli occhi, fatto di giovani trans, latini, neri, disabili, e persone di tutte le età e le inclinazioni. Non può essere così cattivo. Il Tom Hanks che gli presta il volto parla per lui: non c’è rischio che diventi un villain a tutti gli effetti. Il suo fascino sta nel convincerci tutti che è un uomo pieno di difetti, ma anche un uomo che puoi perdonare. Che è, semplicemente, un uomo.