La scelta di un soggetto suicida
Ci sarebbero tante, tantissime domande da fare a Sia su questo film. Ma la prima, la più urgente è: perché?! Anche per una che, a partire dalla sua immagine, ha scosso il pop dalle fondamenta, pare quantomeno azzardato lanciarsi in un progetto così rischioso, in un fallimento così platealmente annunciato. Va bene, aveva co-diretto il video di Chandelier, ma qui siamo su un altro livello di audacia, quasi di sopravvalutazione di sé. Soprattutto quando vai a toccare questioni come l’autismo e la sua comunità per raccontare la vicenda di una ragazzina nello spettro che vede il mondo come un sogno musicale ad occhi aperti e della sorellastra in rehab (Kate Hudson) chiamata a prendersene cura. La polemiche sono arrivate da subito, per la decisione di affidare a un’attrice neurotipica la parte della protagonista (ci arriveremo). È chiaro che sul piatto c’è una questione di rappresentazione e che, visto il rapporto della cantante con Ziegler, a Sia non sia nemmeno venuto in mente di scegliere qualcuno all’interno della comunità. La conseguenza è che Maddie tratti la condizione come un’estensione della sua danza, una mimica coreografata, un’interpretazione astratta dell’autismo. E ti ritrovi a pregare che si riduca presto a un numero musicale. Per poi pentirtene. Poi c’è la questione delle scene in cui Music viene trattenuta fisicamente, con Leslie Odom Jr. (l’amorevole vicino di casa Ebo) e Hudson che «la schiacciano con il loro amore» mentre ha un episodio: Sia si è scusata e ha promesso di rimuoverle il giorno in cui il film è stata nominato ai Golden Globe (come miglior comedy/musical e per l’interpretazione di Kate Hudson). Ma ormai è andata.
L’interpretazione di Maddie Ziegler
Povera Maddie. A 18 anni appena compiuti, la ballerina-feticcio di quasi tutti i video di Sia da quando era bambina debutta da protagonista (prima c’erano state due piccole partecipazioni nei film Il libro di Henry e P.S. Ti amo ancora) in un ruolo altrettanto kamikaze. Il punto non è tanto lo scimmiottamento (decisamente imbarazzante) di una persona affetta da autismo: è che Ziegler non ha proprio la stoffa da attrice per reggere una prova simile. O, quantomeno, non ancora. Non per citare esempi altissimi come il Dustin Hoffman di Rain Man, ma forse un semplice teen movie sarebbe stato più alla sua portata, per dimostrare le sue (eventuali) doti sullo schermo. Rimangono i momenti musicali, in cui balla come ha sempre fatto per la sua “madrina”: ma la frittata – anzi, le uova all’occhio di bue che tanto piacciono alla sua Music – ormai è fatta.
Il cameo di Sia
«Ma quella è una parrucca di Sia?», chiede Kate Hudson. Ebbene sì, e infatti ecco che la vera Sia compare nel ruolo, ovviamente, di sé stessa. Stavolta senza la parrucca d’ordinanza, ma con maschera cosmetica verde spalmata sul viso. La songwriter più famosa d’America fa un ordine di drugs assortite alla (quasi) ex dealer protagonista. Ma non per sé e gli amici: le dive non fanno più queste cose. Per mandarle ai poveri haitiani post-terremoto. Dovrebbe essere una comparsata divertente sulle star con la fregola delle cause umanitarie: «Popstars Without Borders», “popstar senza frontiere”, è la battuta di Sia. Più che un momento autoironia, però, diventa un momento mitomania che accresce l’imbarazzo generale.
Il musical che non è un musical
Se puoi isolare tutte le canzoni di un musical senza avere nessun impatto sulla storia, in quella storia c’è qualcosa che non va. E, anche da questo punto di vista, nel film c’è moltissimo che non funziona, tanto che la questione dell’abilismo della protagonista, alla fine, è uno dei mali minori. O quasi. In realtà Music è semplicemente una serie di video fantasy, esagerati e colorati alla Thunderclouds collegati usando come pretesto la vicenda di una ragazzina autistica e la sua visione delle cose. È come se Sia e Ziegler avessero unito i puntini di una dozzina di videoclip (che di per sé sarebbero anche stati fighi e innovativi) con degli evidenziatori. E, di tanto in tanto, Kate Hudson e Leslie Odom Jr. passano di lì e si trovano catapultati dentro (ecco, quando vedi Odom che spreca tutto il potenziale dimostrato in Hamilton e One Night in Miami… cantando un brano da solista su un tapis roulant e con addosso un un paio di pantaloni della taglia del signor Creosote, vorresti scuoterlo e chiedere pure a lui: perché?!). No, Sia di certo non rivoluzionerà il musical come ha fatto con il pop. Anzi, meglio se di Music ce ne dimentichiamo presto.
Le sottotrame nonsense
Una nonna (e che nonna: la grande Mary Kay Place) che scompare nel giro di pochi secondi. Héctor Elizondo, alias il genericamente burbero George, che entra ed esce di scena a piacimento. Persino Juliette Lewis, celebrity friend ficcata in una scena a caso. Ma la sottotrama più improbabile è quella che riguarda Felix (l’esordiente Beto Calvillo), il ragazzino allenato sul ring da Ebo (Leslie Odom Jr.) nonché figlio adottivo di una coppia che dire disfunzionale è poco. Fino a un fattaccio di sangue di fronte al quale si può solo dire: WTF?! Invece, succede davvero. Come, inspiegabilmente, “è successo” questo film.