Tre ore e passa la paura, intesa come quella di essere sequestrati per sapere chi vincerà dei premi cinematografici. Imparate, produttori dell’Oscar (e magari anche dei David di Donatello, ma questa è una vana speranza): consegnare delle statuette placcate in tempi umani si può. E dopo essere stato reduce dall’infinita maratona della serata finale del Festival di Sanremo, andare alla Royal Festival Hall di Londra per seguire la cerimonia dei riconoscimenti assegnati dalla British Academy for Film and Television mi è sembrata una passeggiata di salute. Niente stress (apparente, perché dietro le quinte qualche piccolo intoppo c’è stato), ironia da parte di chi presentava e nel pubblico e tempi perfetti, senza discorsi chilometrici e spazio maggiore riservato solo a chi se lo è meritato nel corso di una carriera. Tutto molto bello, l’ultima cerimonia di chiusura della Mostra del Cinema di Venezia l’avevo percepita molto più lunga.
Dei premi abbiamo già detto, quindi procediamo con l’analisi di quanto accaduto e, soprattutto, di quanto accadrà. Già, perché tutta la Awards Season è ormai diventata una lunga marcia, anche piuttosto faticosa, verso la meta ultima: gli Oscar. Quell’agognata statuetta senza la quale niente sembra avere senso. E in realtà non è così. Chiedetelo a Edward Berger, che dopo i sette nel 2023 con Niente di nuovo sul fronte occidentale ha conquistato altri quattro BAFTA con Conclave. Ed è sembrato anche molto soddisfatto, sapendo che difficilmente il suo film, per quanto solidissimo, potrà fare meglio il 2 marzo a Los Angeles. Miglior film, miglior film britannico, sceneggiatura non originale e montaggio, in teoria nessuno di questi riconoscimenti verrà doppiato dall’Oscar, ed ecco quindi che il faccione della British Academy diventa preziosissimo.
Mikey Madison (Anora) ha battuto Demi Moore (The Substance), per esempio. Ma ai britannici queste storie di rivincita sul passato non piacciono come agli americani. E, soprattutto, è auspicabile che il team di Demi non si sia proprio ammazzato di lavoro per un premio che alla loro assistita non porta una proporzionale conversione in termini di copioni e ingaggi per il futuro. La campagna di Miss Moore è tutta concentrata sulla statuetta più agognata, il che spiega anche i sorrisi e gli applausi riservati a Mikey Madison quando è salita sul palco. Leggi tra le righe: non me ne frega niente di questa serata, facciamo felice la bambina.
Felicissimo invece è stato Jesse Eisenberg, che per una sera ha dismesso la sua serietà per tornare a essere quello che sa fare meglio, ovvero un non più giovanissimo “da grande voglio essere Woody Allen”. Il BAFTA per la migliore sceneggiatura originale è veramente caduto dal cielo, al contrario di quello per Kieran Culkin miglior attore non protagonista sempre per A Real Pain. Culkin non era presente, sta girando e gli era impossibile lasciare il set, ma Jesse ha poi raccontato dietro le quinte l’essenza del suo rapporto con l’ex componente della famiglia Roy di Succession. «Una volta – stavamo provando – gli ho detto che attore eccezionale pensavo che fosse e che forse avrei dovuto considerare l’ipotesi di scrivere film che prevedessero sempre una parte per lui. Lui mi ha guardato e mi ha risposto: “Che cazzo dici, nessuno fa una stronzata del genere”. Ecco, questo è il mio rapporto con Kieran». Adorabili.
Karla Sofía Gascón ovviamente non c’era. Netflix non la vuole vedere, Jacques Audiard e Zoe Saldaña ancor meno (anche se, un po’ a sorpresa, il primo l’ha citata nel suo discorso di ringraziamento). La protagonista di Emilia Pérez ovviamente ha sbagliato, a scrivere quello che ha scritto sui suoi profili social negli anni scorsi, ma ancora di più ha sbagliato a tenerlo nascosto a chi doveva curare la campagna dei premi sua e del film. E a questo proposito, tutti i componenti del team di ufficio stampa che si è occupato del film dovrebbero trovarsi un altro lavoro, perché in quest’epoca in cui è facile scrivere idiozie in pubblico, la prima cosa da fare è andarle a ricercare e farle sparire. Alla luce di ciò, il premio per il miglior film internazionale e quello, meritatissimo, per la migliore attrice non protagonista a Zoe sono il massimo a cui potessero aspirare a Londra. A Los Angeles sarà come essere in trincea (ma Saldaña ce la farà comunque).
The Brutalist era il favorito, ha vinto ma non ha trionfato. Brady Corbet e Adrien Brody portano a casa regia e miglior interprete maschile, più un paio di premi tecnici, ma è evidente che l’epopea dell’incubo americano dell’architetto László Tóth non ha scaldato i cuori dei votanti, sembrano quasi dei premi dovuti. Come ha invece fatto Jeff Goldblum, che oltre ad essere l’attore che conosciamo è anche musicista di alto livello e che ha accompagnato al piano l’usuale carrellata In Memoriam che ricorda tutti gli artisti del cinema che ci hanno lasciato negli ultimi dodici mesi. Lo stesso ha fatto Warwick Davis, l’attore più amato da George Lucas e Ron Howard. Il mondo lo conosce come Willow, ma è stato anche il professor Witlick nella saga di Harry Potter, e molte altre cose. Ha ricevuto il BAFTA per la sua onorata carriera e ci ha poi confessato, nell’incontro con la stampa successivo alla premiazione, che quando gli è stato comunicato «ero seduto sul water, dove a dire il vero sbrigo gran parte delle mie questioni di lavoro. Quando ho visto l’email dell’Accademia pensavo fosse spam o un tentativo di truffa. Invece era tutto vero». Evviva la sincerità.
Insomma, è stata una bella serata, e un giorno scopriremo anche che cosa è successo a Mark Hamill, che nel presentare il film vincitore sembra avere avuto un problema con i pantaloni, che gli stessero cadendo e che li abbia miracolosamente recuperati. Il momento è stato editato in post-produzione, ma noi che eravamo lì lo abbiamo visto in diretta. C’è chi parla anche di un attacco d’ansia improvviso, chi lo sa. In ogni caso, è una di quelle cose che prima o poi verranno ricordate con un “Ehi, ma ti ricordi quando Luke Skywalker stava per restare in mutande sul palco dei BAFTA?”.
Il traguardo è vicino, da qui al 2 marzo ci sono delle tappe intermedie e qualche gran premio della montagna. The Brutalist o Anora: chi vincerà? E se tra tutti questi contendenti uscisse fuori quello che non ti aspetti? Se dovessi giocarmi un “Nickelino”…