Glenn Close, la più grande attrice a non aver mai vinto l’Oscar
Foto: Gareth Cattermole/Getty Images
A 75 anni compiuti oggi (auguri!), Glenn Close è davvero la più grande attrice di Hollywood a non aver mai vinto un Oscar. Ormai è una gag ricorrente anche per lei, che autoironicamente ci scherza su. 8 candidature in totale (l’ultima come non protagonista per il pasticciaccio Elegia americana, che si salvava solo per la sua presenza) e nessuna statuetta. Ma poco importa: di grandi come lei ce ne sono state e ce ne sono poche. Sfogliare questa gallery per avere l’ennesima conferma.
Il mondo secondo Garp (1982) di George Roy Hill
Primo film e prima nomination come best supporting. Non vince, ma a star is (già) born. Nell’adattamento del romanzo di John Irving, accanto a Robin Williams, è la madre femminista che ruba la scena a tutti. La strada è tutta in discesa.
Il grande freddo (1983) di Lawrence Kasdan
Il film generazionale anni ’80 per eccellenza. E quello che crea una nuova generazioni di attori: tra Jeff Goldblum, Kevin Kline e il compianto William Hurt, Glenn è la donna che impone un nuovo modello di donna. Anzi: a natural woman. Seconda candidatura come non protagonista.
Attrazione fatale (1987) di Adrian Lyne
Altro giro, altra nomination: è la quarta (nel frattempo c’era stato Il migliore), ma la prima da protagonista. La sua Alex Forrest è la stalker quando gli stalker non erano di moda: e diventa un benchmark socio-culturale per le villain del cinema ancora oggi inarrivabile. Attenzione a non lasciarla vicino al vostro coniglio domestici.
Le relazioni pericolose (1988) di Stephen Frears
Ancora una candidatura, che davvero avrebbe meritato la vittoria forse più di tutte. Basterebbe il primo piano finale della sua marchesa de Merteuil, entrato negli annali, ma tutto il ritratto dell’antieroina di Laclos è da primadonna assoluta. Capace di governare come burattini Malkovich, Pfeiffer, Thurman, Reeves, ecc.
Il mistero Von Bulow (1990) di Barbet Schroeder
L’Oscar lo vinse il protagonista maschile Jeremy Irons, ma almeno stavolta Close non fu nemmeno candidata. Anche se questa storia di matrimonio “diversamente felice” non potrebbe esistere senza di lei. Colpi bassi, anzi bassissimi: ma abbiamo capito che questa è la sua specialità.
La carica dei 101 – Questa volta la magia è vera (1996) di Stephen Herek
La sua versione live action della cattiva dei cattivi Disney è più cartoonesca del cartoon. E per questo funziona alla grande. Indimenticabili outfit e sorriso psycho-diabolico, in un classico family che però conquistò anche gli adulti. Seguìto nel 2000 da La carica dei 102.
Albert Nobbs (2011) di Rodrigo Garcìa
A 23 anni dall’ultima candidatura (per Le relazioni pericolose), arriva la sesta, sempre come protagonista. Ruolo fluidissimo, che oggi farebbe arrabbiare i puristi del gender. Cioè quello del cameriere sotto cui si nasconde un corpo femminile. Magistrale.
The Wife - Vivere nell'ombra (2017) di Björn Runge
Stavolta sembrava quella buona. E invece, a sorpresa, a Glenn soffiò l’Oscar la non-favorita Olivia Colman per La favorita (pardon). La vincitrice quasi si scusò con Close, nel suo speech, e in effetti tutti rimasero senza parole. La moglie dello scrittore da Nobel premiato al posto suo sembrava davvero una beffa del destino.
Bonus: Damages (2007-2012)
Glenn è stata una delle prime star del cinema a scommettere sulla serialità quando non era ancora così cool. Un legal drama in piena regola, e un altro ruolo da stronza doc. Che però rivelava le sue fragilità. Due volte Emmy nel 2008 e 2009: magra consolazione.
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