Diciamocelo: di bellone è sempre stato pieno il mondo. Da quando ci sono i social, poi, è diventato persino più facile scovarle, ché fanno capolino così dal nulla scrollando il nostro Instagram, a ricordarci che ce ne sono parecchie, là fuori. Però… c’è un però. E cioè che, se di persone avvenenti ne è pieno il mondo, altrettanto vero è che ben poche di loro hanno (oggi come ieri) quel quid in più a consacrarle nunc et semper al ruolo di sex symbol. Ovvero: incarnazione delle fantasie più indicibili dei più. A maggior ragione, considerato il fatto che i social hanno rimosso quel filtro di intoccabilità che donava loro un’aurea decisamente sacrale. Un po’ come succedeva negli anni ’90: quando solo accendendo la televisione, o andando al cinema, o comprando una rivista di moda, si poteva assistere all’epifania delle donne più desiderabili (e desiderate) del pianeta. In quegli anni sì che si poteva parlare non solo di donne bellissime, ma di veri e propri sex symbol. Che, guarda caso, conoscono tutti: anche chi era troppo piccolo per sapere persino cosa volesse dire, quel termine lì.
Sharon Stone
Non c’è bisogno di aver visto Basic Instinct, per sapere che in quel film c’è l’incrocio di gambe più iconico e sexy di tutti gli anni ’90. A compierlo è l’allora trentaquattrenne Sharon Stone, che nel 1992 interpreta la scrittrice e femme fatale Catherine Tramell, sospettata dell’omicidio di un uomo e, quel che è certo, rea di non indossare le mutandine durante l’interrogatorio. Mentre sta per accavallare le gambe, infatti, Stone-Tramell con ghigno sensuale lascia intravedere cosa (non) sta sotto il vestito. Risultato: gli inquirenti sudano di fronte a cotanta seducente offensiva, il pubblico di tutto il mondo la consacra a sex symbol, e la rivista People la inserisce tra le cinquanta donne più belle del mondo. Figlia di genitori con origini irlandesi e seconda di quattro fratelli, Sharon Vonna Stone è stata prima modella, dopodiché attrice. Il primo ruolo di rilievo è in Atto di forza, il film di Paul Verhoeven che esce nel 1990, ossia l’anno in cui viene pubblicato anche un servizio di Playboy in cui Stone fa taekwondo completamente nuda. D’altronde, se si interpreta un ruolo d’azione bisogna pur imparare le tecniche delle arti marziali. Ma anche per quello di sex symbol ci vuole un certo esercizio.
Monica Bellucci
Cos’era un’officina negli anni ’90, senza il calendario della bellona di turno (e tutta ignuda) appeso a una qualunque parete? E che dire se la bellona di turno era nientepopodimeno che Monica Bellucci? Sì, perché nell’ultimo decennio del secolo scorso, Bellucci era una presenza fissa nei calendari sexy che andavano tanto allora. A partire da quello Pirelli del 1997, in cui l’allora trentatreenne Monica posa a seno nudo davanti alla macchina di Richard Avedon; passando poi per quello del 1999 della rivista Max, in cui posa ancora più nuda, questa volta per Fabrizio Ferri; fino al primo, sexy calendario del secolo: quello per GQ, nel 2000. Dove l’obiettivo di Gian Paolo Barbieri la immortala coperta da un sensuale velo vedo-non-vedo. Quell’anno recita anche in Malèna di Giuseppe Tornatore: e da sex symbol dei calendari diventa sex symbol del cinema.
Pamela Anderson
Quando nel 1992 diventa la bagnina più sexy del pianeta in Baywatch, Pamela Anderson ha venticinque anni, i capelli biondo platino, il viso di una Barbie e un fisico statuario. Non solo: c’è anche un seno rifatto, lì sotto quell’inconfondibile costume rosso. Cosa a cui oggi siamo abituati, ma che agli inizi degli anni ’90 non era facile vedere in televisione; piuttosto, su riviste tipo Playboy. E guarda caso, Anderson arriva proprio da lì, essendo diventata playmate proprio un paio di anni prima di intraprendere la breve, indimenticabile (si fa per dire) carriera di attrice (e bagnina sexy). Classe 1967, canadese di nascita, dentro Pam scorre sangue che ha origini finlandesi e russe. Nel 1995 sposa il primo dei successivi cinque mariti: il batterista Tommy Lee, conosciuto quattro giorni prima. Quell’anno viene diffuso (senza consenso) un loro sex tape; è solo il primo, dato che nel 1998 ne uscirà un altro. Era prima di Tommy Lee, ma comunque quando Pamela Anderson era già un sex symbol.
Naomi Campbell
Gli anni ’90: l’era delle top model e della loro regina. La “Venere nera”. Naomi Campbell. Nata a Sud di Londra nel 1970, Naomi Elaine Campbell inizia ufficialmente la sua carriera di modella a un mese dal suo sedicesimo compleanno, finendo sulla copertina dell’edizione britannica di Elle. Da lì, le prime sfilate per i grandi della moda (Gianni Versace, per fare un esempio) e gli scatti con i grandi della fotografia (Peter Lindbergh, per fare un altro esempio), fino alla consacrazione nel 1990 con la copertina dell’edizione britannica di Vogue insieme ad altre top model, che partecipano con lei al video di Freedom! ’90 di George Michael. Poi la passerella per Versace del marzo 1991, dove lei, Cindy Crawford, Linda Evangelista e Christy Turlington sfilano a braccetto, dando inizio all’era delle supermodelle. Peccato per quel caratteraccio, che un paio di anni dopo vale a Naomi Campbell un licenziamento dall’agenzia Elite. Ma non dall’ingaggio a vita alla carica di sex symbol.
Demi Moore
Dalle scuderie dell’Elite esce anche lei: Demi Moore. Tuttavia, la carriera di modella (anche a suon di foto nuda, come per la rivista maschile Oui a diciassette, o sedici?, anni) lascia presto il posto a quella di attrice. Quando arriva alla consacrazione definitiva con Ghost, è il 1990: Demi Gene Moore ha ventotto anni, un look acqua e sapone, nonché un taglio di capelli corto e sbarazzino. Eppure, come la più provocante Pamela su Playboy, anche Demi fa strage di cuori e viene incoronata sex symbol. Tanto che l’anno dopo c’è chi grida all’oggettificazione e chi invece all’empowerment del corpo femminile, di fronte allo scatto che le fa Annie Leibovitz per la cover di Vanity Fair US, dove Demi non è più la dolce protagonista di Ghost, ma la sex symbol nuda e (guai!) incinta. Se ne fa un gran baccano, almeno fino al 1998, quando esce nelle sale Striptease. E allora succede che la gente non sa più di cosa parlare: se della Moore più sexy che mai, o del suo film più brutto di sempre.
Liv Tyler
Classe 1972, Liv Tyler conosce il suo padre biologico all’età di dieci (o forse undici?) anni. Fino a quel momento Liv non sa di essere figlia di Steven Tyler, che a sua volta non sa di essere padre di Liv. La cosa si scopre («Steven, mi pare che io e tua figlia Mia ci assomigliamo, non trovi?», semi-cit.) e viene resa pubblica nel 1991, quando Liv Rundgren (ora anche Tyler) ha già alle spalle dei lavori da modella e qualche comparsata in spot televisivi. Niente a che vedere comunque con quello che succede un paio d’anni dopo, quando compare nei panni della giovane birichina (nonché complice della biondissima Alicia Silverstone) nel video di Crazy, hit di papà Steven e della sua band: gli Aerosmith. Da quel momento, Liv Tyler diventa icona sexy, consacrandosi anche attrice nel 1996 con Io ballo da sola di Bernardo Bertolucci, dove interpreta una diciannovenne che vuole perdere la verginità. Poi altri ruoli, fino alla parte in Armageddon del 1998, film campione d’incassi dove Liv è l’unica quota rosa, nelle vesti dell’attraente figlia di Bruce Willis e fidanzata di Ben Affleck. Be’, che dire.
Liz Hurley
I red carpet, si sa, sono sempre i momenti dove un attore è più in vista. Figuriamoci se quel red carpet è quello della premier di Quattro matrimoni e un funerale, e se quell’attore è il celeberrimo Hugh Grant, che tuttavia nel 1994 si fa rubare la scena da un’altra persona: la fidanzata. Di Versace (s)vestita, Elizabeth Jane Hurley indossa quello che diventerà l’iconico Safety Pin Dress (aka: il sexy abito nero con le spille da balia dorate), nonché lasciapassare al ruolo di sex symbol. Classe 1965, “made in Britain”, Liz Hurley a quel punto era già apparsa in vari film. Eppure, è proprio grazie a quell’abito e, l’anno dopo, alla collaborazione con il marchio Estée Lauder che la Hurley finisce decisamente sotto i riflettori. Diventando persino “la” spia, quando nel 1997 interpreta la sexy Vanessa Kensington nella fortunata serie di film Austin Powers.
Cameron Diaz
Cos’hanno in comune i film The Mask (1994), Il matrimonio del mio migliore amico (1997) e Tutti pazzi per Mary (1998)? Essenzialmente, tre cose. Ovvero il fatto di aver sbancato al botteghino, di essere diventati film iconici degli anni ’90, e di vedere nel cast uno dei più indimenticabili sex symbol di Hollywood: la californiana Cameron Diaz. Già, perché Cameron Michelle Diaz, classe 1972, in quegli anni fa girare la testa a così tanti uomini (e donne) da diventare una delle principali attrici bankable (ossia: in grado di assicurare sicuro successo a un film solo per il fatto di esserci). Partendo dalla sexy Tina Carlyle che Jim Carrey fa volteggiare sulla pista da ballo in The Mask, ecco che passa a essere la sexy, odiosamente piacevole nuova fidanzatina del migliore amico di Julia Roberts. Fino a diventare Mary, la dolce ragazza della porta accanto cui nessuno può resistere. E che descrive bene quello che sta succedendo fuori dallo schermo, dove tutti sono letteralmente pazzi per Cameron Diaz.
Kate Moss
Benché arrivata alla fine dell’era delle top model, Kate Moss rientra appieno nella lista delle più sexy degli anni ’90. A dirlo non sono io, ma le riviste che incarnano il parere popolare. Tipo Maxim, che la inserisce al nono posto delle “50 donne più sexy del 1999”; o FHM, che le dedica il ventiduesimo posto tra le “100 donne più sexy del 1995”; o l’edizione americana di Vogue, che le dedica la copertina dell’edizione Millenium del 1999, definendola “una delle muse moderne”. Inglese, nata nel 1974, la quattordicenne Katherine Ann Moss viene scoperta da Sarah Doukas dell’agenzia di moda Storm all’aeroporto JFK di New York. Moss non rientra nei canoni di bellezza delle alte e più prosperose top model di allora (Cindy Crawford docet), ma ha quel look alternativo che richiama il movimento grunge e che è tanto in voga con l’ascesa al successo dei Nirvana. Qualcuno inizia a parlare dello stile heroin chic, perché la pelle pallida, le occhiaie e il fisico emaciato richiamano i tratti di chi fa uso di eroina. Ma alla magrissima Kate Moss non interessa. In realtà, non interessa nemmeno alla Levi’s; né tantomeno a Calvin Klein, che nel 1996 la ingaggia per la campagna di Obsession, dove fa scalpore così seminuda e così androgina. Tuttavia, altrettanto (e soprattutto) immortale icona sexy. Se poi ci si mette il fidanzato (del tempo) Johnny Depp…
Winona Ryder
Palmarès di tutto rispetto, quello di Winona Ryder. Oltre alle varie nomination ai premi cinematografici per i suoi ruoli in film di grandi registi, negli anni ’90 si porta a casa anche un altro titolo: quello di (diversamente) sex symbol. Nata nel 1971 vicino alla città di Winona (per l’appunto) in Minnesota, Winona Laura Horowitz si dedica alla recitazione sin da bambina, arrivando ad avere, ancora liceale, un ruolo in Beetlejuice – Spiritello porcello, il film del 1988 di Tim Burton. È però nel 1990 con Edward mani di forbice (sempre di Tim Burton, di cui è ormai musa) che Winona diventa un’icona, complice anche la storia d’amore che inizia con il collega Johnny Depp (aridaje), altro sex symbol dell’epoca. Poi la consacrazione con la goticissima parte in Dracula di Bran Stoker, per la regia di Francis Ford Coppola; e con L’era dell’innocenza di Martin Scorsese, che le vale il Golden Globe per la migliore attrice non protagonista nel 1994; fino al ruolo della problematica Susanna Kaysen in Ragazze interrotte, del 1999. Occhi da cerbiatta, capelli corti, sigaretta in bocca: Winona qui sembra la ragazzina che durante l’adolescenza era stata bullizzata perché androgina. E che invece, di quel capello corto, ne ha fatto un tratto distintivo. E übersexy.