All That Pop: la genesi di ‘Better Man’ raccontata dal regista Michael Gracey | Rolling Stone Italia
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All That Pop: la genesi di ‘Better Man’ raccontata dal regista Michael Gracey

Tutto è cominciato grazie a 'The Greatest Showman' (e a un videomessaggio di Robbie Williams a Hugh Jackman). Da lì, l’autore di quel musical cult si è lanciato in una sfida ancora più complessa. È nato un film sospeso tra spettacolo pirotecnico e vita (fin troppo) reale. E una grande amicizia

All That Pop: la genesi di ‘Better Man’ raccontata dal regista Michael Gracey

Michael Gracey con Raechelle Banno (Nicole Appleton) sul set di 'Better Man'

Foto: Paramount Pictures/Lucky Red

Prima di Better Man, c’è stato The Greatest Showman, e non solo nel senso che era il primo film di Michael Gracey, ma perché anche in quel caso c’entra Robbie Williams: «Ogni volta che parlavamo di P.T. Barnum, dell’essere un grande intrattenitore, Hugh Jackman faceva sempre riferimento a Robbie, in termini di musica, di carisma, di essere capace di tenere il pubblico in pugno», ci racconta il regista australiano, cuffia d’ordinanza in testa, durante il whirlwind della presentazione romana.

«C’è stato un momento in cui Hugh aveva dei dubbi sulle canzoni, si chiedeva se fossero abbastanza belle. Io ero molto fiducioso, ma, dopo sei anni di lavoro, la mia opinione non aveva più la forza di prima. E quando mi ha detto “Credo che dovremmo ricominciare tutto da capo” a un paio di mesi dalle riprese… be’, avrebbe significato niente più film». “What if we rewrite the stars?“, per dirla con The Greatest Showman. A quel punto il pensiero fisso di Michael diventa: «”Devo mettermi in contatto con Robbie Williams, è l’unico che può riuscire a convincere Hugh”». Gracey non conosceva Williams, ma la figlia del suo avvocato è amica della moglie di Robbie. Insomma, la teoria dei gradi di separazione: «Sabato ho chiamato il mio avvocato e domenica ho incontrato Rob: siamo andati nello studio che ha sotto casa, gli ho raccontato la storia di The Greatest Showman, gli ho fatto sentire le canzoni e ho notato che teneva il tempo con il piede. Mi sembrava entusiasta, e così alla fine gli ho chiesto semplicemente: “Se pensavi che la situazione non potesse diventare più surreale, ti domanderò una cosa ancora più assurda: ti dispiace se ti faccio un video mentre dici a Hugh cosa pensi dei brani?”. Il suo messaggio a Jackman è stato meglio di qualunque cosa potessi immaginare: “Nell’ultimo anno ho lavorato a un album che mollerei subito per cantare queste canzoni”. Ho mandato tutto a Hugh e lui mi ha richiamato subito: “Okay, facciamolo”».

The Greatest Showman | Official HD Trailer #1 | 2017

Per dirla con Robbie, invece, “we’ve got stars directing our fate“: «È così che ho conosciuto Rob. Poi siamo usciti spesso in compagnia, lui mi chiedeva della mia vita, io gli chiedevo della sua, e più parlavamo, più ero affascinato dal fatto che qualcuno che aveva assunto così tante droghe e alcol ricordasse ancora tutti quei dettagli. Amo il modo in cui Robbie racconta una storia o interpreta una canzone. È davvero un grande intrattenitore».

A quel punto, da storyteller, Gracey non riesce a resistere: «Ho il telefono pieno di registrazioni di persone che ho incontrato, perché penso che ognuno abbia una storia fantastica». E per Robbie – vedere Better Man per credere – questo è più vero che mai: «Gli ho proposto di andare nel suo studio e registrarlo mentre ripercorreva la sua vita. In quel momento non volevo fare un film, ma semplicemente catturare le sue parole: “Magari un giorno ascolterai tutto in una casa di riposo, ma dovresti fissare quei ricordi ora che hai ancora in mente tutti questi bellissimi dettagli”, gli ho detto. Ed è quello che abbiamo fatto nel corso di un anno e mezzo, ci siamo seduti e abbiamo semplicemente chiacchierato davanti a un microfono». 

Quei file sono diventati la base del film: «Sì, la maggior parte della voce fuori campo di Rob proviene dalle registrazioni». Ed è il motivo per cui tutto pare così diretto, così onesto: «Non sembra una sceneggiatura, ma qualcosa di molto personale. Questa è una delle magie di Better Man».

Better Man - La vera storia di Robbie Williams | Trailer Ufficiale ITA HD

Ok, arriviamo alla scimmia nella stanza (pardon). Ogni volta che Gracey riascoltava le registrazioni, notava che spesso Williams si riferiva a sé stesso come a una scimmia: «Rob diceva frasi come “Sono lì dietro a ballare come una scimmia”, oppure “Ero completamente fuori di me, ma mi trascinavano sul palco per esibirmi come una scimmia”. E dopo un po’ ho pensato: “Non sarebbe fantastico rappresentare Rob come una scimmia nel film?”. Perché Robbie sta raccontando questa storia, proprio come me la raccontava in quelle interviste, ed è così che lui si vede». E, dal primo secondo, è tutto naturalissimo, tutto giusto: «Penso che sia una combinazione di aspetti: in primis la performance mozzafiato di Jonno Davies, che interpreta Robbie sotto le sembianze della scimmia, il suo studio su Robbie e ciò che lo rende Robbie: il carisma, la spavalderia, la vulnerabilità… E l’altra parte di merito va a Wētā, che ha creato un personaggio digitale sorprendente. Credi al cento per cento che sia reale, percepisci la sua fisicità in quel mondo». C’è però un terzo elemento determinante: «Abbiamo fatto delle scansioni ad altissima risoluzione dei veri occhi di Robbie. Quindi dietro la scimmia, per tutto il tempo, c’è Robbie che ti guarda dritto in faccia. Credo che la combinazione di questi tre elementi permetta al pubblico di vedere Robbie nella scimmia più di quanto non lo troverebbe in un attore».

Jonno Davies (Robbie Williams) e Nick Nicolas (Tom Jones) in ‘Better Man’. Foto: Paramount Pictures/Lucky Red

Tra le ispirazioni di Better Man, Gracey cita Bob Fosse: «È più All That Jazz che The Greatest Showman. Fosse rappresentava in maniera magnificamente intima ma anche cruda e senza filtri gli alti e bassi dello showbusiness. Non aveva paura della parte più dark, ma sono anche convinto che uno percepisca molto meglio la luce quando ha sperimentato l’oscurità. Per fortuna Rob era disposto a lasciarci entrare nei suoi momenti più bui, a farsi vedere in situazioni in cui molti altri artisti non si sarebbero mai mostrati. E il pubblico rispetta il ​​fatto che venga raccontata la verità anziché una versione censurata della vita di una rockstar». È un altro dei poteri del film: «Tutti abbiamo fatto o detto cose di cui ci vergogniamo, e mostrare tutto permette alle persone di empatizzare con Rob».

Better Man è allo stesso tempo un film intimo e spettacolare. E l’equilibrio tra questi due opposti sembra ormai essere la firma del regista: «Qualcuno ha definito l’idea di attraversare questi due mondi molto “operistica”, e in effetti l’opera è fatta di altissimi e bassissimi, come d’altra parte la vita. Se la tua esistenza è intensa come quella di Rob, stai proprio tra questi incredibili estremi, ma tutti abbiamo momenti di euforia e abissi di disperazione. E, secondo me, in un grande musical ti metti a cantare quando le parole non bastano più, come – di nuovo – nell’opera. Sono le emozioni estreme che si sciolgono in una canzone». La sua preferita di Robbie? «Non è una domanda facile. Nel film Something Beautiful, perché – appunto – è intima, opposta a tutto lo spettacolo».

Jonno Davies (Robbie Williams) in ‘Better Man’. Foto: Paramount Pictures/Lucky Red

Anche il cast non è quello che ti aspetti: «È vero, è un film molto importante senza attori famosi e che resta una produzione indipendente. Se non fosse stato per il successo di The Greatest Showman, non avrei mai potuto realizzare Better Man. È un film molto rischioso da non fare con uno Studio, ma se l’avessi fatto uno Studio, il risultato non sarebbe questo, ma piuttosto una versione ripulita. Sono molto fortunato, non ci sono molti film come Better Man, là fuori».

Da The Greatest Showman a Better Man, c’è stata una progressione nel cinema di Gracey: «Nella mia carriera come regista di spot pubblicitari, mi ingaggiavano per dirigere numeri spettacolari e di danza, quindi i numeri musicali di Showman non mi hanno mai preoccupato. Ma, come accade quando ti approcci a qualcosa per la prima volta, con il mio primo film ho imparato tantissimo e Better Man è in gran parte il risultato delle lezioni che ho tratto dal mio esordio. C’è un ritmo, anche nelle scene non musicali e nel sound design, che ti permette di entrare e uscire dai numeri musicali in un modo di cui sono davvero orgoglioso. E poi ci sono più cambi di marcia in Better Man: una delle lezioni che ho imparato riguarda senz’altro l’equilibrio tra la parte più intima e quella spettacolare. A volte ci sono tagli estremi, colpi secchi, stridenti (fa un sonoro clap con la mano, nda), altre invece il passaggio è graduale, non te ne rendi nemmeno conto. E poi non sono solo io, c’è un intero gruppo di persone che lavora con me, siamo migliorati insieme nel creare uno storytelling musicale».

Michael Gracey sul set di ‘Better Man’. Foto: Paramount Pictures/Lucky Red

Come spesso accade, sono gli incontri (e un po’ di sana faccia tosta, ci arriviamo) a fare la differenza: non ci sarebbe stato The Greatest Showman senza Hugh Jackman (e senza Robbie, ormai lo sapete). «Hugh mi ha portato una primissima bozza di Showman dopo aver lavorato insieme per uno spot pubblicitario. È una storia divertente». Pronti? «All’epoca dovevano decidere tra me e un grande regista francese. Anche l’agenzia era francese e continuavano a pensare che conoscessi Hugh Jackman soltanto perché sono australiano anch’io. Speravo davvero che scegliessero me, non volevo mentire, ma era una questione di sopravvivenza: non ho mai sostenuto di conoscere Hugh Jackman, ma non ho neanche mai detto di non conoscerlo. Lui è australiano, io sono australiano, per loro era scontato. E così ho fatto finta di essere suo amico. Era il primo giorno di una grande campagna pubblicitaria per la Lipton, c’erano i dipendenti dell’agenzia, i rappresentanti del cliente, tipo trenta persone in una sala prove di Rio. Hugh Jackman entra nella stanza: “Ecco, ora sarà proprio ovvio che non ci conosciamo”, penso. Lui si guarda intorno, mi vede e mi viene incontro: “Michael!”, e io: “Hugh!”. Mentre mi abbraccia, mi sussurra nell’orecchio: “Ho fatto credere a tutti che ti conosco, quindi comportati di conseguenza”».

E non ci sarebbe Better Man, «se Rob non si fosse fidato di me per raccontare la sua vita in maniera così onesta, vulnerabile ed esplicita. In entrambe le situazioni sono stato molto fortunato ad avere la star di quei film che mi sosteneva al mille per mille. Non è banale: quando hai a che fare con la storia di una persona, come in questo caso, ti viene affidata la responsabilità di qualcosa di incredibilmente personale».

Robbie Williams nello shooting per la colonna sonora di ‘Better Man’. Foto: Press

Cosa ha scoperto Michael su Robbie? «Non vuole che lo dica, ma ho davvero riscoperto quanto sappia cantare, il che sembra una cosa folle: ma la gente non gli dà abbastanza credito. Ho lavorato anche sulle musiche, mi sono seduto negli studi di registrazione con lui, e ora ho questa nuova ammirazione totale per lui come cantante». E cosa ha capito invece Micheal di sé stesso? «Pensavo che The Greatest Showman sarebbe stato il film più difficile da realizzare, ma Better Man è stato ancora più complesso. Credo di non aver ancora trovato il limite di questa mia ricerca incessante. È qualcosa che devo semplicemente continuare, continuare e continuare a fare».