Ambra e Asia
Ho visto lei
E ho trovato me stessa. Ambra Angiolini e Asia Argento. Da sempre unite da quella doppia A. E dall’essere entrambe performer, attrici, cantanti, professioniste con un passato da giovanissimi prodigi, icone dark e pop. Si incontrano oggi per la prima volta in una serie – ‘Gigolò per caso’, su Prime Video – che scardina gli stereotipi sulla sessualità femminile. E in questa chiacchierata con una scrittrice che le studia e le comprende, e in cui finiscono per riconoscersi. Restando uguali e diverse, da sempre e per sempre
Foto: Sara Scanderebech
In streaming dal 21 dicembre, Gigolò per caso è la serie Prime video che realizza il sogno di tutti coloro che negli anni Novanta non vivevano in un sistema di tunnel sotterranei privi di contatto con vecchi e nuovi media. È la serie che vede per la prima volta Ambra Angiolini e Asia Argento insieme sullo stesso set. Ambra e Asia sono da sempre emblematiche anche nell’onomastica, con nomi inusuali, immediatamente ricordabili, che in coppia con i cognomi formano una falange oplita di A maiuscole. Entrambe performer, attrici, cantanti, professioniste con un passato da giovanissimi prodigi, icone dark e pop, Angiolini e Argento qui si cimentano in una commedia che è anche storia corale. Dopo essersi esposte socialmente e politicamente sui temi del corpo, del consenso, della violenza di genere e dell’abuso di potere, del disturbo alimentare, della difesa dei diritti civili, oggi recitano in una commedia fuori dagli schemi, e ci parlano di com’è stato incontrarsi dopo un lunghissimo viaggio.
Con la regia di Eros Puglielli e un cast che, insieme a loro, comprende Christian De Sica, Pietro Sermonti, Frank Matano, Virginia Raffaele, Sandra Milo, Stefania Sandrelli e Greg, Gigolò per caso narra le vicende di Alfonso e Margherita (Sermonti e Angiolini), coppia in crisi seguita dalla psicoterapeuta Costanza (Argento). Se da un lato Costanza dimostrerà di avere uno strano approccio deontologico (diventando amante di Margherita), dall’altro la situazione verrà complicata da Giacomo Bremer (Christian De Sica), che, oltre a essere padre di Alfonso, è anche un gigolò d’altri tempi intenzionato a trasmettere la professione al figlio.
Come definireste questa serie e com’è stato lavorarci?
Asia: Credo che questa serie sia quasi femminista. Perché parla del piacere sessuale dal punto di vista della donna senza vergogna, senza peccato e senza giudizio. Affrontare il tema delle donne che decidono di pagare un professionista per vivere le loro fantasie è toccare un vero e proprio tabù.
Ambra: È una di quelle serie per cui puoi apparecchiare un posto a tavola, che diventano un altro componente della famiglia. Da un lato ci sono donne raccontate con le loro stranezze e fragilità, ma che hanno preso in mano la propria vita e appartengono solo a loro stesse. Dall’altro ci sono questi uomini che non immagineresti mai come sex symbol, ma che proprio per il loro non-machismo diventano irresistibili. Poi c’è una bella regia, che rispetta anche i personaggi più piccoli in modo da farli diventare fondamentali. Questo in una narrazione corale non è scontato.
La coralità forse è in controtendenza rispetto alle narrazioni eroe ed eroina-centriche, che sono un po’ lo specchio di una società in cui ognuno si salva da solo. Qui invece la dimensione è molto collettiva…
Ambra: Sono cintura nera di coralità. Ho fatto praticamente tutti film corali, e dentro questa dimensione ho scoperto me stessa. In televisione, a Non è la Rai, nasco come solista. In mezzo a tante altre, ma con il faro sempre puntato. Dopo il disastro che ho fatto con me stessa, per ribellione personale, adesso l’universo mi indirizza verso il lavoro di squadra. Da allora, in un mondo in cui tutti vogliono emergere da soli, io voglio emergere nel gruppo.
Abbiamo avuto e abbiamo grandi attrici comiche, ma sui grandi numeri l’umorismo, la comicità e l’ironia sembrano ancora essere un gioco da maschi. Qui vi cimentate proprio con questa cifra, e nelle stesse interviste avete sviluppato un’interazione e una chimica da duo comico. Nella professione e nella vita, come vi relazionate con la comicità?
Asia: Secondo me la commedia funziona come l’horror, cioè è regolata da dei tempi precisi. Se dici la battuta in uno specifico momento fa ridere, se la dici mezzo secondo prima, o dopo, non funziona. Lo stesso vale per Psycho: se la macchina da presa si avvicina e la vecchia si gira al momento giusto fa morire di paura, altrimenti non funziona. Saper far paura e saper far ridere sono talenti un po’ innati, che poi devi coltivare. Se non ci nasci devi arrivarci con il lavoro. Io per esempio non sono nata con il talento per la commedia. Mi è sempre riuscito più facile fare film drammatici, però nella vita si cambia e io ora ho voglia di ridere. Rido molto più spesso che in passato, forse per questo attraggo ruoli più divertenti, come quello di Costanza. Nella vita invece la persona che mi fa più ridere in assoluto è mio figlio. È stato grazie a lui che ho scoperto la commedia. Ha un sense of humor un po’ surreale e nonsense, me lo ha passato e ridiamo insieme per cose che non si riescono a spiegare, che divertono solo noi e sono diventate lessico famigliare. Una cosa è sicura, a casa mia si ride tantissimo, tutti i giorni.
Ambra: Non ho mai creduto che gli uomini fossero più divertenti, da sempre il mio faro è Franca Valeri. Non c’è più, ma è una di quelle professioniste che dovrebbero avere un canale tematico ovunque. Riguardo la comicità, penso che sia difficilissimo riuscire a divertire qualcuno se non conosci la vita vera. La risata, quando è davvero piena, di solito viene innescata da persone con un’emotività molto profonda. E generarla ti impone un lavoro pazzesco, perché sentire quel suono pieno di vita, di disaccordi con noi stessi e anche di lacrime, è difficilissimo.
In Gigolò per caso c’è una scena molto comica in cui comparite travestite da gemelle di Shining. A tal proposito Ambra ha dichiarato di essere sempre stata una grande appassionata di queste due figure inquietanti, affermazione che crea un cortocircuito perché è esattamente quello che ci si aspetterebbe di sentirsi dire da Asia…
Asia: Ma infatti quell’idea di fare le gemelle l’ha avuta proprio Ambra, non io. Io vidi Shining a otto anni, da sola in camera mia, e mi cagai sotto. Una paura tremenda. Corsi fuori da mia madre e dissi: “Mamma ho tanta paura, Shining è tremendo!”. E lei mi rispose: “Macché, è un film minore di Kubrick”.
Ambra: Confermo che amo l’horror. Siccome sono un’empatica ho bisogno di avere a che fare con le mie paure. Credo di aver imparato a dormire al buio non più di sei mesi fa, perché ci credo sempre: al mostro sotto al letto, che l’armadio se non è chiuso bene chissà cosa succede. E ogni volta superare con una certa dose di coraggio e ironia le paure mi diverte e mi aiuta a esorcizzarle. Poi, a forza di guardare horror sono passata a cose assurde come Black Sheep – Pecore assassine. È un film geniale, in cui le pecore sono cattivissime e guidano anche un tir.
Nelle vostre rispettive carriere la musica ha sempre avuto un ruolo importante, che posto occupa oggi?
Asia: La musica per me deve esserci tutti i giorni. La musica come astrazione, ma anche come “estrazione”. Nel senso che serve a estrarmi, a tirarmi fuori. Sono una persona molto solitaria, a volte ho bisogno di stare nella mia bolla e di proteggermi. La musica mi protegge se metto le cuffie perché ho bisogno di concentrarmi. Difende il mio spazio dalle invasioni. È come uno scudo, quando guido mi sembra che mi protegga dagli incidenti, se in macchina sono con altre persone mi protegge da dialoghi inutili. In questo senso è salvifica.
Ambra: È la cosa più privata che mi resta. La mia mini-me vive nella musica anche al di là del lavoro. Ho iniziato ballando e quello che faccio per stare bene è ballare, da sola a casa, al ristorante, in mezzo alla gente. È l’unica cosa che mi ferma la testa e che mi fa stare bene davvero. Si sblocca il diaframma, magari piango, respiro. E allora quando mi si chiede che si può fare per stare meglio, magari dopo i disturbi alimentari, io dico: ricordiamoci come eravamo da piccoli, cosa ci piaceva fare quando si chiudeva la porta della cameretta? Io scrivevo con i gessi sull’armadio e ballavo.
Ora userò il termine tenera età, anche se sappiamo che nell’infanzia spesso di tenero c’è poco. Cosa succede quando fin dalla più tenera età si cresce in un contesto di grande esposizione, dove il privato è pubblico? È possibile che questo, in età adulta, agevoli un certa predisposizione a battaglie sociali e politiche? Asia, per esempio, ti sei esposta moltissimo con il MeToo…
Asia: Su questa fantomatica “tenera età” che spesso non c’è sto riflettendo proprio negli ultimi tempi. Ci ho pensato rispetto alla vicenda di Robin Williams, che ha avuto questo incredibile successo a sedici anni e, di fatto, non ha avuto un’infanzia. Da adolescente ero molto timida, insicura. Mi sono trovata d’un tratto conosciuta e questo era un sogno che si realizzava, ma al tempo stesso mi ha strappato la giovinezza. Così, per certi versi, non sono potuta crescere in maniera organica. Poi, le batoste della vita mi hanno sicuramente aiutata a ritrovare l’equilibrio. Per quanto riguarda le battaglie, invece, le ho fatte quasi per puerilità. È accaduto, di sicuro, per un richiamo della coscienza, ma anche perché come i bambini non immaginavo le conseguenze. Però, nonostante tutto, credo che sia una delle cose più importanti che ho fatto nella mia vita per il prossimo. Con il senno di poi mi dico: meno male che mi sono esposta, per mia figlia, ma anche per mio figlio.
A margine, potremmo annotare che a dire “il re è nudo” guarda caso è proprio un bambino…
Asia: Sì, e sempre riguardo al successo in età precoce, negli ultimi tempi mi capita di guardare indietro e rispecchiarmi in Ambra. Anche lei ha avuto una carriera da giovanissima. Negli anni ’90 e 2000 eravamo le it girl, completamente diverse, ma al tempo stesso paragonate l’una all’altra. Ai tempi, anche se ancora lavoravamo in ambiti diversi, ricordo che provavo una sorta di gelosia nei suoi confronti. Non so perché provavo questo sentimento non nobile. Due come noi in un mondo ideale sarebbero diventate amiche, come per esempio un Alessandro Borghi e un Luca Marinelli, invece pareva che dovessimo essere rivali, in competizione.
Ambra, anche tu hai una storia di esposizione su temi di grande rilevanza. Il tuo libro InFame, per esempio, parla degli anni in cui hai sofferto di bulimia.
Ambra: Di bulimia ne ho parlato per pubblica utilità, non certo per me. La mia cavalcata l’ho fatta tutta e, a quanto ho capito, nessuno se n’era accorto. Quindi l’ho fatta bene. Quando decidi di offrire a tutti questo tipo di cicatrici le porti quasi con orgoglio, e piuttosto ti toglieresti un gioiello. Ho deciso di farlo perché di questa malattia non si sa niente. Non mi interessava sentirmi dire brava, me lo dico da sola. Ma avevo bisogno di chiedere: perché non si parla di questo tema nel modo giusto? Per sensibilizzare magari si mostrano foto di ragazze scheletriche, con le facce tristi, ma la fame è un’altra storia. Qui ci sono cuori affamati, anime affamate. È stato pensando a questo che ho deciso di raccontare la mia storia. Ho detto che la bulimia andava normalizzata anche se non è normale, e credo questo “diario verde con bocca nera”, che ho fortemente voluto, stia arrivando nei luoghi più giusti. Credo che per Asia sia la stessa cosa. Si può finire con il dipendere da qualcosa. Poi, da cosa, è soggettivo. A me è capitato il cibo, perché mi sembrava la cosa meno grave. Però pensando a noi due credo che quell’anima che si spalanca, quando tu non sei ancora pronta a vedere cosa c’è dentro, sia un po’ la stessa.
Quanto c’entra, per te, la carriera con l’esacerbarsi di un disturbo alimentare?
Ambra: Questo punto per me è molto importante: la bulimia non c’entra niente con il mio lavoro. Probabilmente, io sono sempre stata bulimica. È la mia attitudine. Tengo a specificarlo perché altrimenti si sposta il focus, e sembra la malattia che altre persone con altre vite non possono prendere. Non è così, è un fatto di anima. Io sono nata con l’anima e il cuore affamato. Se non gli do da mangiare nel modo giusto, o trovo gente che mi affama invece di nutrirmi, finisco lì. È questo che ho cercato di dire. Il lavoro può aver peggiorato le cose, ma non le ha fatte iniziare.
Avete più volte, con grande spontaneità, parlato l’una dell’altra in relazione a questioni di vita, di carriera, di percorso. Come è stato lavorare insieme?
Asia: È stato molto bello. Abbiamo due personalità completamente diverse. Abbiamo vissuto esperienze simili, ma non siamo simili. Queste esperienze, però, ci hanno rese capaci di empatizzare e di lavorare l’una con l’altra e non l’una contro l’altra. Questo l’ho trovato molto bello e conciliatorio, come chiudere un cerchio della mia infanzia mancata. È stato come un segno dell’universo che diceva: ecco, ora hai fatto pace anche con la Ambra-bambina e adesso le due bambine sono nel parco e condividono i giocattoli senza dire “questo è mio”. Finalmente possono giocare insieme indisturbate.
Ambra: Era una cosa che doveva accadere, una di quelle che mi ruotano attorno come i pianeti. Credo che negli anni d’oro, per tutte e due, questa nostra doppia A abbia rappresentato due modi molto diversi di vivere la popolarità e l’offerta che abbiamo dato sul mercato della comunicazione. Al tempo stesso avevamo qualcosa che ci destrutturava all’interno e, anche se per motivi e scelte diversissime, il terremoto che ci smuoveva era lo stesso. Una cosa che ci agitava in questi corpi a rischio sismico. Credo che in seguito siamo diventate tutte e due antisismiche: i terremoti ci sono ancora, ma non crolliamo più, e tutto questo ci ha fatto immediatamente sapere qualcosa l’una dell’altra, e stare bene insieme. È stato un incontro banale tra due persone che per tutta la vita non lo sono state. In questo luogo sano, ci siamo trovate.
Come vedete il futuro?
Asia: Non ci penso al futuro, non sono mica matta.
Urge specificare che stiamo ridendo e che ho chiesto espressamente il permesso di trascrivere la battuta di cui sopra. Dicevamo, come vedete il futuro?
Asia: Cerco di non pensare al passato, per quanto riguarda il futuro, siccome l’incognita fa paura il futuro si costruisce ora. Durante questa conversazione sto costruendo il futuro parlando con onestà. Aver scambiato del bene farà sì che domani forse mi sveglierò serena, e questo metterà in modo altri meccanismi e conseguenze del bene.
Ambra: La parola futuro poi è strana perché parte con un “fu” che invece sa proprio di passato. Per me è stato salvifico smettere di preoccuparmi di quel che sarà dopo. Ho imparato ad accorgermi di tutto quello che è qui, ora, e a stare esattamente dove sto.
Ginevra Lamberti è nata nel 1985 e vive a Vittorio Veneto. Dopo La questione più che altro (nottetempo 2015), con Marsilio ha pubblicato Perché comincio dalla fine (2019, premio Mondello 2020). Il suo ultimo romanzo è Tutti dormono nella valle (Marsilio, 2022). I suoi libri sono tradotti in Germania, Cina, Francia, Regno Unito e Brasile.
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Photographer & Director: Sara Scanderebech
Rolling Stone Producer: Maria Rosaria Cautilli
Rolling Stone Fashion Editor: Francesca Piovano
Art Director: Alex Calcatelli per LeftLoft
Fashion Editor Assistant: Micaela Tana
Ambra Angiolini Make-Up Artist: Luca Cianciolo per Blend Management using Fenty Beauty
Ambra Angiolini Hair Stylist: Letizia Pecchia per Making Beauty
Asia Argento Make-Up Artist: Orso Maria Caffi per Making Beauty
Asia Argento Hair Stylist: Vladyslav Rotaru per Making Beauty
Photographer Assistant: Ian Santos
Digital Specialist: Viola Alastra
Thanks to: Multiset Studio Bicocca