Angela Bassett: ‘Wakanda Forever’, Chadwick Boseman e l’aver dato voce all’«essenza delle donne nere» | Rolling Stone Italia
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Angela Bassett: ‘Wakanda Forever’, Chadwick Boseman e l’aver dato voce all’«essenza delle donne nere»

Intervista alla regina Ramonda di ‘Black Panther’: il tenero ricordo del collega morto due anni fa, l’interpretazione iconica di Tina Turner che l’ha quasi portata all’Oscar e il segreto del suo matrimonio con Courtney B. Vance

Angela Bassett: ‘Wakanda Forever’, Chadwick Boseman e l’aver dato voce all’«essenza delle donne nere»

Mark Summers per Rolling Stone

In Black Panther: Wakanda Forever interpreti Ramonda, la regina madre del Wakanda. C’è una persona che ti ha ispirata, per entrare nei suoi panni?
Per me Ramonda è l’essenza della donna nera. La nostra forza, la nostra resilienza, la nostra pazienza, la nostra generosità, la nostra intelligenza. Ho cercato di mettere dentro di lei tutto questo, un amalgama di tutte noi.

Negli ultimi anni le donne nere sono state finalmente riconosciute come pioniere nel campo dei diritti civili e sociali, anche grazie a movimenti come #MeToo e Black Lives Matter. Tutto questo può anche essere un peso?
No. Siamo sempre state le fondamenta delle nostre comunità. Le donne nere si sono trovate al fondo della scala sociale, ed è da lì che hanno iniziato a lottare, dalla posizione di chi non si aspetta niente e che, al contempo, non ha niente da perdere. Lottiamo per noi stesse, lottiamo per gli ultimi.

Sei stata candidata all’Oscar per aver interpretato Tina Turner in Tina – What’s Love Got to Do with It. Qual è stata la parte più difficile di quel ruolo?
Ha richiesto un durissimo sforzo fisico, ma anche emotivo e spirituale. Eravamo tutti stanchissimi, lavoravamo tutto il giorno, due ore di sollevamento pesi e dieci di cardio-fitness a tempo di danza. E poi giravamo ciak dopo ciak dopo ciak. Dovevo “abitare” il personaggio, indossarlo, dormire con lei, ascoltare la sua voce tutte le sere prima di addormentarmi. Sapere quando inspirava, quando espirava, ogni sua intonazione. Analizzare ogni suo movimento, ogni suono che emetteva, il modo in cui rideva. Finito il film, per mesi ho continuato a ridere come lei. Pensavo: “Non sono io, non è la mia risata”, ma non riuscivo ad abbandonarla.

Hai anche interpretato Rosa Parks. È stato altrettanto responsabilizzante?
No, in quel caso è stato più che altro un onore. È stato molto più difficile interpretare Tina, perché ovunque andassi c’era qualcuno che mi diceva: “È la mia preferita!”. Tutti avevano un’idea precisa e reale di lei. Con Rosa, invece, era quasi come dare il volto alla madre di tutti noi. L’abbiamo sempre vista come una figura dolce ma risoluta, colei che si era seduta perché noi tutti potessimo alzarci in piedi.

Pensi che il riconoscimento della questione razziale degli ultimi anni abbia avuto un reale effetto su Hollywood?
È più come una porta che si apre e poi si richiude: il nostro compito è tenerla aperta, anzi spalancata. Ci tornano sempre in mente i momenti più dolorosi: quando le vite dei neri non venivano nemmeno considerate, oppure le annate che ricordiamo con l’hashtag #OscarsSoWhite. Purtroppo è una cosa ciclica. Forse è nella natura dell’essere umano, succederà sempre così finché non riconosceremo e apprezzeremo le differenze una volta per tutte.

Qual è il miglior consiglio che hai mai ricevuto?
Ho un po’ di modi di dire a cui ogni tanto ripenso, e uno è: “Non puoi ballare su ogni canzone”. Quando mi sento sopraffatta, quando le persone e le situazioni mi mettono troppa pressione, mi ripeto: “Non puoi ballare su ogni canzone. Siediti un attimo, aspetta che parta il tuo pezzo”. Bisogna esercitarsi a dire “no”. Dicendo di no, ti offri la possibilità di dire sì alle cose che ti aprono davvero il cuore.

Angela Bassett nei panni della regina Ramonda in ‘Black Panther: Wakanda Forever’. Foto: Marvel Studios

Sei sposata dal 1997 con Courtney B. Vance. Cosa ti ha insegnato il matrimonio?
Che è un’impresa difficile. È comunicazione, negoziazione continua. Che vuol dire essere sé stessi, non perdere sé stessi, e ci sono stati invece momenti in cui invece ho avvertito di essermi smarrita, perché stavo cercando di fare tutto come andava fatto. Ci sono un sacco di aspettative, un sacco di pressione, nell’idea che ciascuno ha di una coppia e degli obiettivi da portare avanti insieme. E tu cerchi di seguirli, poi però sei nel pieno della menopausa, guardi tuo marito e pensi: “Puoi smettere di respirare? Anche solo il suono del tuo respiro è troppo forte, mi dà fastidio” (ride, nda). Momenti come quello mi sono stati paradossalmente di grande aiuto: i miei punti deboli tiravano fuori la forza di mio marito, e i suoi punti deboli la mia, o così spero.

Sono passati due anni da quando è morto Chadwick Boseman. Cosa ha significato tornare sul set di Black Panther senza di lui?
È stato emotivamente fortissimo. Nessuno di noi aveva idea che stesse male. Dopo ore di lavoro sul set ci dicevamo: “Ci lamentiamo perché oggi è stata dura? Pensiamo a quello che deve aver provato Chadwick”. Lui non si è mai lamentato. Ha sempre confidato in sé stesso e lavorato sodo. Sono felice che il set di Wakanda Forever sia stato così pieno di emozione: vuol dire che gli abbiamo davvero voluto bene.

Da Rolling Stone USA