Io il calcio non l’ho mai seguito. Ho sempre sbandierato un fiero e radicale rifiuto. Eppure succede che nel luglio 2021 mi ritrovo nella piazzetta del quartiere tra gli estranei, seduta al tavolino del mio locale di fiducia, a guardare la finale degli Azzurri di Mancini contro l’Inghilterra. «Mi fermo solo per un bicchiere di bianco. Ah, gioca l’Italia stasera?». Poi cinque minuti diventano dieci, e alla fine sto trattenendo il fiato ai rigori senza neanche capire bene cosa siano. Urlo e abbraccio chiunque mi capiti a tiro. Abbiamo vinto, canto Bennato e Nannini e forse piango pure (impostora: chi sei tu per commuoverti? Però che bella tutta ‘sta gente che festeggia senza neanche conoscersi). Tuttavia no, quella notte non ha segnato l’inizio della mia conversione al calcio, il punto è un altro: anche questa serie merita la sua tifoseria, e non dev’essere per forza il vostro sport. E visto che ho scoperto che le metafore calcistiche tirano più di un carro di buoi, ora me ne vado in giro a dire che con l’uscita di Bang Bang Baby su Amazon Prime Video stavolta rischiamo d’essere competitivi davvero, magari ci giochiamo pure i Mondiali. E se vogliamo chiamarlo patriottismo, va bene così.
Ecco qualche incentivo in più. Uno: questa è una storia di ‘ndrangheta nella Milano da bere degli anni ’80, ma l’elemento mafioso si emancipa dalla nostra realtà territoriale e diventa una narrazione crime esportabile ovunque (ovvero in 240 Paesi). Due: l’amore prepotente della protagonista teenager non è proiettato sul tipo belloccio della classe, ma verso un padre che credeva morto e invece è vivo, vegeto e a capo del più importante clan milanese dell’epoca. È il movente dei moventi, il legame di sangue che tutto può. Tre, la ciliegina: il tutto è immerso nella pop culture quasi allucinogena degli anni ’80, che sulle prime sarà l’esca perfetta anche per i palati più difficili (tipo quelli che non hanno mollato Stranger Things dopo la prima stagione), ma che in realtà è l’esperimento più “orginal” di Amazon Studios su territorio italiano: un’esplosiva operazione nostalgia nell’universo degli spot Sofficini, delle Big Babol e delle Charlie’s Angels, con la bellezza violenta e artefatta che entra nelle tv dell’epoca. Esterno notte, sul cofano di una macchina è riflessa l’insegna al neon dell’Amaro Ramazzotti. È il 1986 italiano, è Bang Bang Baby.
Il personaggio di Alice (che definirlo tridimensionale sarebbe poco) è ispirato alla figura reale di Marisa Merico, figlia dell’ex boss Emilio Di Giovine, nonché famosa “Mafia Princess” o “Miss ‘ndrangheta”, la cui storia è alla base dei 10 episodi che arriveranno su Prime Video in due slot (metà il 28 aprile e il resto dal 19 maggio). È qui che Andrea Di Stefano (creatore della serie), Amazon e Lorenzo Mieli fanno una mossa davvero internazionale: per il ruolo da protagonista scelgono un volto quasi sconosciuto anziché un nome forte (sottotitolo: lanciano worldwide uno dei migliori talenti femminili degli ultimi anni, e se non ve ne accorgerete in tempo non dite che non vi avevamo avvisato). Non è un caso, attenzione, ma una scelta strategica: «Quando mi hanno presa, hanno detto che volevano una ragazzina che non fosse ancora nessuno», mi racconta Arianna Becheroni, 17 anni. «Oltre alla gioia e all’onore, subentra anche il peso della responsabilità che Amazon ti sta dando, tutta la fiducia. Stanno investendo tanti soldi su di me». Semplice e limpido come sarà lei durante tutta l’intervista.
Sai che però il pubblico italiano va convinto a fare il tifo per l’Italia?
Gli direi allora che questo è un progetto all’americana. Che qui la differenza l’abbiamo fatta già sul set, avevamo impianti, attrezzature e professionisti di livello altissimo. E poi ci sono gli anni ’80 e il mondo della criminalità visti attraverso gli occhi di una ragazzina che osserva tutto in chiave fumettistica, enfatizzata, pop. È un dramma percepito talmente sopra le righe da essere sdrammatizzato. Io penso che questa serie sia unica nel suo genere, anzi, Bang Bang Baby è proprio un genere nuovo.
Hanno anche scelto di lanciare un volto nuovo anziché prenderne uno comodo. Forse il più “internazionale” degli azzardi. Come li hai convinti?
La serie inizialmente avrebbe dovuto essere in inglese, poi ci sono stati provini in tutta Europa. Quando mi hanno scelta hanno proprio detto che volevano una ragazzina che non fosse ancora nessuno. Io so solo che quando ho preso in mano il provino mi sono innamorata di Alice e ho fatto di tutto per dimostrarlo. Sarà bastato? Non so cosa avessi più delle altre, ma in qualche modo li ho colpiti.
E li hai colpiti subito?
Ho fatto un provino a Verona con la casting, dopo un giorno mi hanno richiamata per farne un altro con il regista. Sono andata a Roma e Andrea Di Stefano mi ha detto: “Sei pronta per iniziare?”.
Alice era tua: la prima cosa che hai fatto?
Ero con mio padre. Lui mi gasa tantissimo, è peggio di me, siamo andati a festeggiare da qualche parte. Non ricordo benissimo, avevo 14 anni.
Tra un attimo invece ti vedranno in 240 Paesi nel mondo. Lo hai trovato un bel rito di passaggio per salutare la vecchia Arianna?
Sai che questa è una domanda interessante? Perché proprio in questi giorni sto cercando un modo per salutarla. Vorrei lanciarmi col paracadute. Un lancio civile insieme all’istruttore, perché non ho ancora preso il brevetto. Non so se farò in tempo, intanto cerco di godermi il quotidiano, vado in giro per strada con la testa tra le nuvole.
Per dirla con Jovanotti, la vertigine di questi giorni è paura di cadere o voglia di volare?
Per ora è voglia di volare. Non sto pensando alle cose brutte, sono tre anni che lavoriamo a questo progetto e ora finalmente sto per togliermi ‘sto peso dal petto. Abbiamo realizzato una cosa bellissima e adesso lo sapranno anche gli altri.
Alice dice: “C’è gente che si butta dai ponti per amore, altri si trasformano in mostri. È così da sempre e non ci si può fare un cazzo”. Arianna che ne pensa?
Che ognuno ha un concetto d’amore diverso. Ci sono persone che hanno sofferto così tanto da aver messo delle barriere, altre invece non smettono mai di lottare e farebbero di tutto. Io penso che in ogni caso l’amore sia l’elemento più importante della vita umana. E in fondo è anche quello centrale in Bang Bang Baby, solo che è un amore diverso da come siamo abituati ad immaginarlo.
Anche perché i personaggi teen agiscono quasi sempre in funzione di un partner. Alice invece agisce per amore (disperato) verso il padre. Da attrice lo hai vissuto come un privilegio?
Sì. Perché è vero, la maggior parte dei ruoli per la mia età trattano l’amore adolescenziale, magari quello per un fidanzatino. Qui invece si parla di un genitore, è un filo profondo per cui si è disposti a fare anche cose estreme. L’amore per un padre non passa mai.
Anche quando è malsano come il suo?
Sì, Alice è molto tossica nel suo amore e questo non lo neghiamo. Però è quello che ci permette di avere la nostra storia, e che tra l’altro non mi ha mai fatta annoiare. Tutto quello che fa lei è quasi giustificato da una motivazione troppo potente.
Lucia Mascino e Adriano Giannini invece sono stati due buoni genitori?
Con Giannini abbiamo avuto dei bei momenti, ma soprattutto abbiamo cercato di mantenere una certa distanza. Per Alice il padre rappresenta un enigma da risolvere: se avessi legato troppo con Adriano sul set, lo avrei visto come una persona cara che conoscevo bene. Lucia invece mi ha fatto un po’ da mamma come il suo personaggio, mi riempiva di consigli: “Ma se facessi questa cosa qui? Secondo me potrebbe essere figa”.
La scrittura del personaggio di Alice attraversa quasi ogni registro: familiare, crime, coming of age, action, epoca, dramedy. Partire con un’asticella così alta spaventa?
Un po’. Proprio perché, come dici tu, Alice è un personaggio pieno. Per me è immenso, pazzesco. Io la vedo quasi come una persona fisica e reale, quindi mi sono chiesta spesso se sarei riuscita a rappresentarla fino in fondo. Però sono sempre stata positiva, ero lì e me la dovevo giocare. In effetti non so se mi ritroverò mai più a interpretare un personaggio così completo. Nei cinque episodi che usciranno a maggio vedrete Alice far cose talmente fuori dal comune che è stato come interpretare dieci personaggi in uno. Lei diventerà qualsiasi cosa, e io di conseguenza.
Lucia Mascino dice una battuta indicativa dello spirito femminista che aleggia su Bang Bang Baby: “L’emancipazione delle donne arriverà solo quando guideremo le macchine. Tutte le macchine”. Dal 1986 al 2022: l’emancipazione femminile arriverà solo quando…?
Devo essere sincera? Nella mia vita non ho mai sentito questa grande distinzione tra uomo e donna. Io mi sento a mio agio nel mio mondo, non ho mai avvertito qualche tipo di prevaricazione. È stato giusto lottare per questo, ma nella mia quotidianità mi sento bene.
Infatti hai anche dichiarato di non riuscire a comprendere il “femminismo rivendicativo”. Sei stata incredibilmente onesta, ma non è controproducente in questo periodo storico?
Forse è l’ingenuità dei miei 17 anni. O forse non so ancora come funziona davvero questo mondo. Però sento che, se sto facendo un’intervista, è giusto rispondere con quello che penso davvero e non dire cose false solo per compiacere.
Come quando sul set hai rifiutato di girare scene di nudo che ritenevi gratuite?
Io ho un’idea forte dell’attore sacro. Ultimamente mi sembra che per far carriera si accetti di tutto, che si mostri molto il proprio fisico e ci si metta a fare troppo gli influencer. Ma io penso ancora che un attore sia un attore, punto. Questa sacralità dell’arte forse si è persa, ma a me non piace mostrare il mio corpo se non è necessario. Vorrei che le persone dicessero prima “Arianna è brava” e non “Arianna è bella e ha un bel sedere”.
Tosta. Manterrai questa visione anche se con Bang Bang Baby dovesse arrivare la fama?
Grazie. Lo spero.
Prima dello svezzamento criminale anche Alice è un’adolescente mediamente ingenua (menzione speciale alla scena delle patatine in classe, episodio 1, nda). L’ingenuità al giorno d’oggi è meglio perderla o conservarla?
Credo che ognuno debba crescere con i suoi tempi, forzare la crescita non è una cosa bella. È giusto anche essere ingenui, c’è un tempo per tutto. Anche se il mondo ormai è un po’ duro, ma non così tanto come ci raccontano, ci sono persone cattive. Alice all’inizio è timidissima rispetto a me, infatti interpretare questo suo aspetto è stato difficile, temevo di risultare finta.
Tutt’altro, ti credevo timida anche nella vita. L’imprevisto che arriva a stravolgere la routine di Alice credo sia proprio la scoperta della menzogna. Non tollera che le abbiano nascosto la verità, e questo scatena la sua parte oscura. Sei d’accordo?
Sì, secondo me se Alice avesse sempre saputo la verità sul padre, probabilmente non avrebbe mai sentito il bisogno di entrare dentro la sua vita. Lei non vuole essere ricca né fare la criminale, vuole solo il suo affetto. E vorrebbe un padre normale, che magari la sera guardi Dallas in tv insieme a lei.
Per te c’è qualcosa che vale la pena fino a questo punto?
Lei non è psicologicamente serena. C’è una componente bulimica e allucinatoria in Alice, pensiamo al suo rapporto con le caramelle. Per lei il padre vale così tanto da giocarsi perfino la sua vita. Penso che bruciarsi così per qualcun altro sia sbagliato: se proprio devi arrivare a compiere azioni tanto importanti da cambiarti la vita, deve essere solo per te stesso. Ma Alice è una ragazzina e queste cose non le sa ancora.
Be’, in fondo anche tu hai 17 anni. Davvero sei riuscita a non giudicarla mai?
Mai. L’ho sempre difesa. Se l’avessi giudicata mi sarei staccata troppo da lei, invece dovevo per forza essere d’accordo e cercare le sue motivazioni profonde per capirla. E quindi per interpretarla.
Sei nata nel 2004, per te quello degli anni ’80 credo non sia un immaginario né vicino né nostalgico. Qual è stata la chiave per capirlo?
Mi sono basata molto sui racconti della mia mamma e del mio papà, dei loro anni ’80. Ho scoperto che erano davvero adolescenti diversi rispetto a noi. E poi ovviamente film, documentari, la musica, le storie di chi era sul set ma era più grande di me. Ho studiato un’epoca storica che mi è piaciuta tantissimo, sento di essermi acculturata in questo senso. Lo sai? Io mi sono proprio divertita a vivere negli anni ’80.
La Milano di oggi e quella di quarant’anni fa: chi la vince?
Considerando che io Milano non la amo come città, e che quella degli anni ’80 l’abbiamo girata a Roma… penso che fosse molto più bella in passato. Milano è sempre stata business, si vive quando ci sono i soldi. Quindi la città da bere, quella notturna, oggi si è un po’ persa. Questa è una Milano nuova, più alla portata di tutti e forse per questo meno affascinante.
Marisa Merico, la “vera Alice”, l’hai poi incontrata?
Sì, dopo aver girato la serie. Sono stata a Londra per un mese a imparare l’inglese e ci siamo conosciute lì. Ora siamo amiche. Mi ha detto che le è piaciuta tanto la mia interpretazione e poi mi ha raccontato di quando era ragazzina, molti aneddoti che ricorderò per utilizzarli nell’interpretazione nella seconda stagione, spero. Si è emozionata molto anche nel ritrovare nonna Lina nella serie.
Cosa direbbe la tua Alice a Marisa, se potesse incontrarla?
Le direbbe: “Finalmente qualcuno che mi capisce”. Perché solo Marisa potrà capire fino in fondo cosa farà Alice per amore del padre.