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‘Arrivederci Berlinguer’, ultimo «eroe laico» della politica italiana

Per commemorare i 40 anni (oggi) dalla scomparsa del leader del PCI, per tre giorni al cinema c’è un film che, partendo dai funerali di massa e da materiali girati da grandi registi dell’epoca, ne riporta in vita idee e statura morale. Anche grazie alle musiche di Massimo Zamboni

Foto: Wanted Cinema

Passate le Europee, che facciate parte del 50 per cento di astenuti o dell’altro 50 che è andato a votare ma potrebbe avere ormai poca fiducia in quella prassi democratica, possiamo tutti consolarci con un film che ha il merito di restituirci un passato glorioso della politica caratterizzato da sobrietà, serietà e vicinanza alle persone. Parliamo di Arrivederci Berlinguer, diretto da Michele Mellara e Alessandro Rossi per Wanted, al cinema il 10, 11 e 12 giugno. Un bel modo anche per commemorare il 40esimo anniversario della morte dello storico leader del PCI, attraverso materiali provenienti dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD) e da quelli del film collettivo L’addio a Enrico Berlinguer, con musiche di Massimo Zamboni, chitarrista dei CCCP. Materiali non certo amatoriali, ma che furono realizzati da registi che fanno parte della storia del cinema, tra cui Giuseppe e Bernardo Bertolucci, Gillo Pontecorvo, Ettore Scola, Roberto Benigni, Carlo Lizzani, Luigi Magni, Giuliano Montaldo e Silvano Agosti. Com’è nato e com’è stato costruito questo progetto ce lo hanno spiegato proprio i due autori, Mellara e Rosi, i quali hanno ripercorso la “leggenda” di Berlinguer, l’ultimo «eroe laico».

Il vostro è un film che si basa sulla fine di Berlinguer, i funerali, che però è anche l’inizio della sua leggenda. Intanto ci spiegate quanto materiale avete visionato e com’è avvenuta la selezione?
Siamo partiti dal film a regia collettiva realizzato durante il funerale, L’addio a Enrico Berlinguer. Molti dei più noti e importanti registi dell’epoca vi parteciparono. Oltre a questo, abbiamo selezionato vari materiali audiovisivi provenienti dall’Archivio del Movimento Operaio e Democratico, tutti filmati in cui si può vedere Berlinguer all’opera: impegnato in comizi politici, in momenti di confronto con i militanti e gli iscritti al PCI, in battaglie a difesa dei diritti dei lavoratori e delle donne. La selezione, quindi, fa convivere il bagno di folla recatosi al funerale di Berlinguer con un Berlinguer presente e attivo nelle varie battaglie politiche in cui fu coinvolto nella sua vita.

Sono partito dal chiedervi della selezione perché tra chi girò quelle immagini ci sono nomi che hanno fatto la storia del nostro cinema. Come si unisce in un unico film così tanto materiale, immagino anche così diverso?
Abbiamo rimontato L’addio a Enrico Berlinguer, che inizialmente durava circa novanta minuti, utilizzando le parti del film che più ci interessavano, e cioè quelle volte a mettere in risalto il rapporto strettissimo, a tratti potremmo dire quasi familiare, che legavano il leader del PCI al suo popolo. Una folla di cittadini di censo ed anagrafe diversi che in Berlinguer si riconoscono e che in lui vedono un punto di riferimento imprescindibile per la vita politica del nostro Paese. Non dimentichiamoci che il funerale di Berlinguer fu il funerale di un leader politico più partecipato nella Storia della Repubblica.

Infatti i funerali di Berlinguer, oltre a un fatto politico, sono stati anche un fenomeno sociale: da tempo non si vedeva così tanta partecipazione per la scomparsa di un politico, e in seguito non si vedrà più. Voi come vi siete spiegati quel trasporto di massa?
Era un politico che sapeva parlare alla gente, dotato di una grande capacità comunicativa retta anche dalla forza delle sue idee e da un atteggiamento chiaro e pulito nella sua attività. Questi sono elementi, uniti alla sua morte precoce, che l’hanno reso, si potrebbe dire, leggendario. La morte di un eroe tragico. E il popolo si è sempre legato agli eroi. Un eroe laico.

Nel film non ci sono soltanto immagini dei funerali, ma anche di Berlinguer mentre, in vita, spiega le proprie idee politiche. Che differenza avete riscontrato rispetto alla politica di oggi?
Ci sembra che Berlinguer garantisse una sua presenza con i militanti del proprio partito molto attiva e disponibile al confronto. Un rispetto di tutti coloro che facevano parte del PCI, verso i quali Berlinguer si sentiva in obbligo di rispondere alle loro istanze, di ascoltare i loro bisogni e di esplicitare loro le scelte programmatiche del proprio partito. In altre parole, si potrebbe tradurre in una piena assunzione di responsabilità. E di umanità. Oltre alla preparazione a livello politico e alla chiarezza d’intenti, mai unite alla supponenza nei confronti dei cittadini.

La folla ai funerali di Berlinguer nel 1984. Foto: Wanted Cinema

Siamo reduci dalle Elezioni europee, che in particolare nella campagna elettorale hanno fatto emergere poche idee e tantissima comunicazione per slogan. Per chi ha lavorato su una storia come quella di Berlinguer, che effetto fa alzare gli occhi e vedere cos’è diventata la politica oggi?
Sconcerta e preoccupa l’avanzata delle destre conservatrici e reazionarie, anche se, purtroppo, è un processo nato già vari anni fa e che ora acquista una consistenza tetra e nefasta. D’altro canto, la crisi della democrazia rappresentativa è in atto da vari decenni, e anche questo è un problema serio che coinvolge la vita democratica di tutti. Basti pensare all’alto tasso di astensione al voto europeo. Che dire? Speriamo che un pensiero di sinistra, volto al sostegno degli ultimi, a politiche di sostenibilità ambientale, alla difesa dei diritti delle donne, dei lavoratori e dei più giovani, possa far breccia soprattutto nelle nuove generazioni.

Più rari invece i momenti del Berlinguer privato. Era così tanto riservato, o era una già allora una strategia di comunicazione politica?
Erano anni nei quali politica e vita privata erano separate nettamente, difficilmente il gossip rientrava nel dibattito politico. Era una forma di sobrietà e serietà nei confronti del proprio ruolo pubblico. Poi forse c’era anche una strategia comunicativa, ma di certo era meno pensata, meno essenziale rispetto al presente.

Eppure, nonostante la formalità di certi comportamenti, Berlinguer è ricordato anche per essere stato preso in braccio da Roberto Benigni. Che gesto fu quello, per il leader del PCI?
Un gesto inatteso. Benigni non immaginava di riuscire in quell’impresa. Successivamente disse che lo colse di sorpresa e che Berlinguer era leggero, minuto. La vicinanza di quel momento così fuori dai protocolli e l’imponenza delle esequie in piazza generano un vuoto emotivo, amplificano la perdita dell’uomo e allo stesso tempo rendono manifesta la vicinanza che quel corpo aveva col corpo reale e politico del partito.

Enrico Berlinguer nel famoso momento con Roberto Benigni. Foto: Wanted Cinema

Anche il montaggio del film sembra rispondere a un preciso linguaggio, arricchito dalle composizioni musicali di Massimo Zamboni. Qual era il vostro intento?
Creare una sinfonia per immagini e suoni. La musica non è un’aggiunta o soltanto una colonna sonora, ma un elemento compositivo che si intreccia con le immagini di repertorio e la voce di Berlinguer e dei militanti, così da ottenere un unico movimento emotivo e in qualche misura elegiaco.

Berlinguer disse: “Ci si salva e si va avanti solo se si agisce insieme, non uno per uno”. Ci sono altre frasi o pensieri che vi hanno colpito del Berlinguer politico?
Citando a memoria, Berlinguer dice anche: “Ogni generazione giunge alla militanza comunista con modalità diverse, ma la sostanza è la medesima: l’indignazione per le ingiustizie sociali e la voglia e la necessità di combatterle”. Le nuove generazioni, che sfuggono alla banalità delle etichette alfanumeriche che gli vengono affibbiate alla nascita, con ogni probabilità sono già in marcia e per questo fanno paura.

Più che un semplice film, Arrivederci Berlinguer, che appunto non è un addio, sembra quasi un testamento spirituale per portare avanti la sua memoria. Per voi quali sono gli insegnamenti più importanti che è fondamentale tramandare?
Forse non siamo i più titolati a farci portatori di lasciti e testamenti, ognuno li può individuare nelle immagini, nelle parole, facendosi guidare dalla musica e dal montaggio. E cercando sempre le risposte nel confronto con gli altri.

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