“Chi ben comincia è a metà dell’opera”. Se poi, come nel caso del Ritorno di Mary Poppins, lo si fa per aiutare la nuova generazione dei Banks, come dare torto al proverbio? Idem se vi ritorna in mente la bellissima (ero piccolo e precoce!) Julie Andrews e le classiche canzoni da Zecchino d’Oro (con tanto di Mago Zurlì) Supercalifragilistichespiralidoso di Tina Centi (preferivo la versione rock di Rita Pavone) e Un poco di zucchero. Aggiungiamoci che se anche voi credevate bastasse schioccare le dita per metter a posto la vostra stanza… beh, allora siete fucking vecchi, giurassici, di una generazione dimenticata.
Il nuovo capitolo del classico Disney, dove la governante armata di ombrello e valigia atterra ancora una volta con aplomb ed eleganza dal cielo di Londra, è diretto dal regista Rob Marshall (6 candidature ai Tony Award), ex ballerino e coreografo nato e cresciuto a Broadway, mente geniale dietro musical teatrali/cinematografici come Chicago, Memorie di una Geisha e Into the Woods. Il cast non è da meno: Emily Blunt, Lin-Manuel Miranda, Ben Whishaw, Emily Mortimer, Julie Walters, Colin Firth, Meryl Streep, Angela Lansbury e Dick Van Dyke in un cameo divertentissimo.
La premessa coinvolge il nuovo corso della famiglia Banks (se non avete mai visto l’originale, recuperate) che sta vivendo un momento di transizione difficile dovuto alla perdita della moglie di Michael e mamma di Annabel, John e Georgie, che richiedono l’attenzione della famosa babysitter per ritrovare la gioia e una nuova ragione di vita. Per saperne di più, La Bestia ha incontrato a New York la bellissima Emily Blunt, lo sputaversi hip-hop auteur Lin-Manuel “Hamilton” Miranda (1 Pulitzer, 3 Grammy, 1 Emmy e 3 Tony) e Rob Marshall.
Come hai ottenuto il ruolo?
Lin-Manuel: Quando mi hanno contattato ero ancora a Broadway con Hamilton (il musical che ha scritto e interpretato su uno dei padri fondatori degli USA, ndr). Ho sempre sognato di recitare in un musical per il grande schermo, ma mai mi sarei immaginato di poter ottenere un ruolo in uno dei miei film preferiti. Ero molto contento che questo Mary Poppins fosse un sequel e non un remake. Sono fortunato, non solo per aver avuto il privilegio di lavorare con Rob, ma anche perché si tratta di una produzione colossale: abbiamo avuto 3 mesi di prove, un’eternità per gli standard hollywoodiani, che ti permettono di affinare le performance, studiare ogni mossa, ogni nota, e dare il meglio.
Cosa c’è di nuovo in questo sequel?
Lin-Manuel: La storia è ambientata 20 anni dopo l’originale. Siamo passati dalla Londra edoardiana a quella della Grande Depressione, si vede la gente in fila a comprare il pane. L’arrivo di Mary Poppins è ancora più necessario rispetto al primo film. Quando abbiamo iniziato le riprese eravamo in mezzo al casino politico della Brexit, subito dopo il referendum, e per me lavorare su un prodotto il cui scopo era quello di portare felicità e speranza nella vita delle persone è stata una vera gioia. C’è un motivo per cui i musical della MGM hanno avuto particolare successo subito dopo la Depressione: erano veicoli di fiducia in un futuro migliore, tra i pochi momenti in cui la gente poteva scappare dalla tristezza della realtà. Alzarmi al mattino e ballare con Mary Poppins e un gruppo di pinguini è stato un privilegio, spero che il mio entusiasmo sia contagioso.
Quanto è importante il ruolo di Mary Poppins oggi?
Emily: Esattamente come lo era più di 50 anni fa. Mary ti insegna a vivere con ottimismo, perché il modo in cui affronti la quotidianità determina la qualità della tua esistenza: pulire casa può essere visto come un tormento, ma se trasformi tutto in un’avventura, magari non è poi così tremendo. Può addirittura piacerti. Credo che questo sia il lato della personalità di Mary Poppins che preferisco, è una grande lezione per come vorrei crescessero le mie figlie.
Qual è l’aspetto di Mary Poppins che ti intriga di più?
Emily: È un personaggio enigmatico, misterioso, non si espone mai totalmente, e quindi il suo comportamento può essere interpretato in maniera molto differente. Ha una strana dualità, è eccentrica nei modi e nel vestire, imprevedibile ma allo stesso tempo attenta ed esigente. Organizza queste straordinarie avventure per i bambini che in realtà però piacciono molto anche a lei, ama perdersi in questi mondi fantastici, ma non lo fa mai notare. Credo che ognuno di noi abbia in mente la propria versione di Mary Poppins, non ne esiste una sola. E proprio per questo motivo è amata da tutti.
È più difficile ballare o cantare?
Emily: Ballare! Che poi è stata anche la primissima cosa che abbiamo fatto il primo giorno di riprese. Ero terrorizzata, non sono capace di fare le piroette, non mi vengono e non so perché. E l’unica che sono riuscita a fare a metà è quella che vedete nel film, che in fase di montaggio è diventata magicamente intera. Lin-Manuel: Ballare è sempre la parte più intensa, e anche in questo caso avevo come riferimento Dick Van Dyke, un vero e proprio cannone umano che ballava come un indemoniato anche a 92 anni suonati. Volevo essere come lui, trasmettere il suo entusiasmo e la sua gioia, anche se so di non poter competere con Dick: è nato come ballerino ed è un super professionista.
La colonna sonora è scritta da Marc Shaiman e Scott Wittman. Com’è stato collaborare con loro?
Lin-Manuel: Sono un fan di Marc Shaiman fin da bambino, forse non lo sapete ma ha scritto tutti i pezzi musicali di Billy Crystal per le varie cerimonie degli Oscar, brani che ogni anno imparavo a memoria e recitavo davanti ai miei compagni di classe. L’anno in cui mi sono laureato sono riuscito a entrare nel teatro dove si svolgevano le prove di Hairspray, e ricordo che ero seduto una fila dietro Marc mentre faceva le ultime modifiche allo show. Rob li ha scelti bene, sono perfetti, grandi ammiratori dei fratelli Sherman, i compositori preferiti da Disney e autori della colonna sonora del primo Mary Poppins. Io sinceramente non avrei saputo da dove cominciare per scrivere la musica di un film del genere, mi sono accontentato di fare il cantante.
E i costumi?
Lin-Manuel: Sandy Powell ha creato opere d’arte per quasi 50 film (tra cui The Aviator, Orlando, Velvet Goldmine, Gangs of New York e Carol): è una vera forza, capace di costruire una struttura complessa ed elegante, ma che ti permette anche di cantare e ballare, dandoti tutta la libertà possibile. I costumi in un musical sono fondamentali, aiutano l’attore a calarsi nei panni del personaggio che interpretano.
Rob, hai voluto realizzare la parte animata in modo tradizionale: anche se in digitale, è stata disegnata tutta a mano. È stato difficile convincere la Disney?
Rob: In realtà no, hanno capito che faceva parte del DNA della storia. È stata un’esperienza bellissima, che ha portato molti animatori già in pensione a collaborare con quelli della nuova generazione. La fase della post-produzione è stata più lunga e complessa del solito, ma per una buona ragione: volevamo mantenere il look originale usando l’evoluzione tecnologica degli ultimi 50 anni. Ne valeva la pena, è un sogno diventato realtà.
Sarebbe stato possibile realizzare questo film con un altro cast?
Rob: Probabilmente no, almeno non per la visione che avevo io. Emily è un’attrice versatile, sa ballare, cantare, ha presenza scenica e un senso dell’umorismo perfetto per questo ruolo. Mary Poppins è un personaggio molto umano, severo ma allo stesso tempo magico, fantasioso, non è facile trovare in un’interprete tutte queste qualità. E il fatto che sia nata a Londra la rende praticamente insostituibile.
Parlami di Lin-Manuel Miranda.
Rob: Lin è uno spirito puro, intelligente, un talento unico, può fare di tutto: scrive, compone, canta e balla, qualità molto rare a Hollywood, oggi. Mi piace anche che sia connesso con la realtà della vita quotidiana e che con Hamilton abbia trovato il modo di comunicare il passato alle nuove generazioni. Proprio grazie a queste peculiarità è stato capace di dare anima a un progetto ambientato nel 1934 e di trattarlo come un’opera moderna. E poi Lin conosce la strada, sa cosa vuol dire fare un lavoro umile con il sorriso sulle labbra. Siamo molto simili, abbiamo la stessa sensibilità artistica, parliamo lo stesso linguaggio, anche se lui potrebbe essere mio figlio. Ha una conoscenza incredibile del mondo di Broadway e dei musical, con lui posso discutere di tutto, pure di opere di 60 anni fa. La sua competenza dovrebbe essere considerata tesoro nazionale.
E di Topsy, la cugina di Mary Poppins interpretata da Meryl Streep, cosa puoi dirci?
Rob: Anche se il film è un sequel dell’originale, abbiamo usato come riferimento tutti gli 8 libri scritti da P.L. Travers, e Topsy Turvy era in uno di questi, pur con un ruolo marginale. Topsy-Turvy in inglese significa “sottosopra”, per cui Mary Poppins ha l’opportunità di spiegare ai bambini che a volte per capire il mondo bisogna osservarlo da un altro punto di vista. Ho pensato a Meryl, con cui avevo già lavorato in Into the Woods, lo stesso film dove ho conosciuto Emily. Anche se era una parte piccola, lei non vedeva l’ora di condividere con noi questa esperienza meravigliosa.
Qual è il messaggio più importante del Ritorno di Mary Poppins?
Rob: Sono passati più di 80 anni da quando è stato scritto il primo libro. P.L. Travers è stata capace di creare un universo magico che è ancora estremamente attuale. Anche se non siamo più nel periodo della Grande Depressione, viviamo in un momento storico fragile e delicato. E Mary Poppins può aiutarci a dimenticare i problemi per qualche ora. Può ridarci un pizzico di ottimismo, ricordandoci che il mondo è ancora pieno di magia e di meraviglia.