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Biggio & Mandelli: «La cosa più bella della reunion dei Soliti Idioti? Esserci ritrovati come amici»

Dopo un divorzio che sembrava irreversibile, il duo comico si ricompone per un nuovo tour nei teatri. Che aggiorna i personaggi cult al mondo di oggi, tra social, fluidità e politicamente corretto. E celebra il rapporto rinato: «Abbiamo pianto e riso, e ci siamo detti tutto. Soprattutto: scusa»

Foto: Massimo Schiavon

Ci saranno Padre Boy e Padre Giorgio, i due preti impegnati a lanciare idee per il rinnovamento di una Chiesa che fa sempre meno presa sui giovani e non solo. Ci saranno Niccolò e Gigetto, i terribili bimbetti con lo zaino gigante del tormentone “mamma esco”, pronti a combinare le cose più atroci e raccapriccianti nel silenzio di genitori distratti, se non completamente assenti. E ancora: Fabio e Fabio alias la coppia gay che rivendica la propria omosessualità urlandola in faccia a chiunque; gli “(im)moralisti” Giampietro e Marialuce, coniugi benestanti capaci di imbarazzarsi di fronte alle cose più normali come l’indigenza; Gisella e Sebastiano, lei dipendente pubblica, lui ragazzetto schiacciato dalla burocrazia farraginosa; oltre ai Tamarri con il loro vocabolario di quattro parole in croce, ai Litigiosi, al Mafioso… e naturalmente a Ruggero De Ceglie, papà cafone, disonesto, sboccato e maschilista come pochi il cui unico desiderio è insegnare al figlio bonaccione e bamboccione Gianluca come vivere alla grande fottendosene di tutto, perché “dài, cazzo, non mi fare muro!”.

Per l’annunciato ritorno sui palchi dei Soliti Idioti, spettacolo nato dall’omonima sketch comedy di MTV diventata fenomeno di culto più di dieci anni fa tanto da approdare poi anche al cinema in formato film, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio hanno deciso di riproporre i loro personaggi, pur se rimaneggiati. «È ciò che i fan della serie si aspettano in questo momento», spiega il duo comico, rinato dopo un divorzio che pareva irreversibile ma che oggi, dopo un lungo periodo da “solisti”, ammette di avere sempre sperato di poter superare.

Alla fine avete fatto pace e ora rieccovi pronti alla riconquista dei teatri: il tour parte il 7 aprile da Torino (quello estivo invece – il Fiodena Summer Tour 2023 – da Verona il 29 giugno, ndr) e alcune date sono già sold out. Ricordo bene il vostro esordio fuori dal piccolo schermo alla Salumeria della Musica di Milano: era il 2011.
Fabrizio Biggio: Dài, quella alla Salumeria fu la prima data in assoluto! Da incoscienti totali, figurati che avevamo fatto una prova sola. Però è da lì che è partito tutto, ci siamo buttati. L’idea era di iniziare dai club per farci un po’ le ossa, poi pian piano siamo cresciuti, fino alla conquista dei teatroni.

Avete dichiarato che quello era stato “un tour punk, all’arrembaggio”. Quello di oggi com’è? Siete diventati adulti e quindi più seriosi?
Francesco Mandelli: Più che altro lo spettacolo di allora l’avevamo preparato in quattro e quattr’otto sulla scia del successo della serie, era più un live che uno spettacolo teatrale. Mentre qui, tornando sul palco dopo anni, ci è venuta voglia di fare qualcosa di pazzesco anche per noi, sia dal punto di vista tecnico, quindi con una messa in scena migliore, sia per i contenuti, che saranno più complessi, più organici. La vera differenza è che nel primo spettacolo non c’era la quarta parete, per cui tutti i personaggi interagivano con il pubblico e il risultato era una specie di concerto: “Ciao ragazzi, benvenuti, noi siamo I Soliti Idioti”, eccetera. Mentre questa volta c’è la quarta parete, per cui vedi uno sketch di Ruggero e Gianluca, o di Marialuce e Giampietro, ed è come se vedessi uno sketch cinematografico, ma a teatro. In questo modo emerge anche maggiormente l’essenza dei Soliti Idioti.

Vi sareste mai immaginati di riportare le vostre maschere nei teatri?
Biggio: Fai conto che in questi lunghi, interminabili anni in cui non ci siamo frequentati, la domanda che mi è stata posta più volte per strada dalla gente è stata: “Quando tornate insieme?”. E penso che questo valga per entrambi. Per cui, non so, mi sembrava difficile sarebbe potuto accadere, però in fondo al cuore la speranza non si è mai spenta. E quindi, quando ci siamo ritrovati e abbiamo scoperto di essere pronti per il ritorno insieme, ne sono stato molto felice.

Tu, Mandelli? In questi casi a volte è meglio non riaprire capitoli che per un motivo o per l’altro si sono chiusi…
Mandelli: Però per me quello con Biggio e I Soliti Idioti non è mai stato un capitolo veramente chiuso, nel senso che, nonostante i momenti in cui sembrava proprio impossibile riallacciare i rapporti, per cui di certo non vedevo nulla all’orizzonte, in cuor mio ho sempre sperato potesse accadere. Anche perché tutte le volte in cui mi ritrovavo a parlare con persone che all’epoca avevano collaborato con noi e con cui successivamente mi sono ritrovato a lavorare su altri progetti, il discorso finiva spesso lì: dài, lo rifate? Lo rifacciamo? Sarebbe bello, però quando, come? Non avevo idea che alla fine sarebbe accaduto veramente, per fortuna è successo e anche nel modo migliore.

In che senso? Perché ci ha messo lo zampino anche Fiorello, con cui tu, Biggio, lavori da tempo? So che, oltre ad accogliere la vostra prima reunion televisiva lo scorso dicembre, vi ha suggerito di ripartire dai teatri.
Biggio: Ma guarda, direi che a convincerci è stato innanzitutto il fatto di esserci ritrovati ai provini per uno spot da girare insieme, per il quale però ci avevano chiamati separatamente: abbiamo accettato entrambi senza sapere cosa avrebbe fatto l’altro, e questo era già un bel segno. Tra l’altro, quello spot non si è manco più fatto, ma insomma, al di là di quello che ci ha detto Fiorello, l’idea di tornare a fare I Soliti Idioti, sì, ma nei teatri e non in televisione, è stata la prima anche per noi. Poi, chiaro, noi la serie tv la vorremmo fare, abbiamo già un sacco di personaggi nuovi pronti.

Che cosa vi siete detti quando vi siete rivisti la prima volta dopo così tanto tempo?
Mandelli: “Scusa”. Ci siamo chiesti scusa per aver fatto saltare per aria una cosa così bella. Per immaturità, probabilmente, perché non eravamo pronti a quanto ci è accaduto. Per questo adesso credo che la cosa più di valore di questa reunion sia prima di tutto il fatto di esserci ritrovati come persone, come amici, quindi il lato umano. Perché io e lui possiamo lavorare insieme solo così, solo se siamo anche amici, non siamo una coppia cinica che lavora in maniera… insomma, non siamo dei professionisti (ride, nda). Per cui, dopo un inevitabile primo momento di imbarazzo, ci siamo detti tutte quelle cose che avremmo voluto dirci negli anni precedenti. E da parte mia la cosa più importante era proprio chiedere scusa per essermela presa per certe cose, per avere dato troppa importanza a delle cagate, per non essere riuscito a guardare ciò che ci stava accadendo con maggiore lucidità. È che eravamo troppo dentro a certe dinamiche, ci siamo fatti prendere da energie negative non necessariamente nostre che hanno finito per logorarci. Fossimo stati più maturi, più risolti, non sarebbe avvenuto. In ogni caso in quel primo incontro, dopo le scuse, ci siamo anche fatti una bella risata.
Biggio: Prima abbiamo pianto, poi riso. Ma sai cosa? Quando sei dentro a una crisi di coppia dai all’altro la colpa di tutto. Dopodiché la separazione ha spinto entrambi a fare un lavoro su noi stessi e a comprendere ciascuno le proprie responsabilità, di qui le scuse. E adesso abbiamo capito che, come per tutte le coppie, ciò che conta è parlarsi, dirsi le cose in faccia, anche le più complicate, perché se no poi te le tieni dentro, covi… Adesso è bello perché sappiamo che possiamo dirci tutto.

In sostanza eravate caduti nella trappola dei vostri Litigiosi.
Biggio: Brava, esatto.
Mandelli: Sì, purtroppo quel lato lì era diventato un po’ troppo preponderante. Del resto, sappiamo che in tutti i nostri personaggi c’è qualcosa che ci appartiene.

Foto: Massimo Schiavon

Con I Soliti Idioti avete portato in scena una parodia dei vizi e dei difetti degli italiani, e non direi solo dell’italiano medio, come ha detto qualcuno, ma degli italiani nelle loro diverse espressioni, dagli zarri di periferia ai radical chic. Intanto, la parola “parodia” vi piace?
Biggio: Ma sì, la nostra è una parodia, una satira… Francesco ha trovato un termine ancora più giusto, secondo me: una lente.

Una lente che ingrandisce, distorce e crea un’iperbole di tipi umani ben osservabili nella quotidianità. Quotidianità che però, nell’ultimo decennio, è molto cambiata. Che senso ha, allora, tornare sul palco con questi personaggi, se la realtà in cui ci muoviamo è così diversa rispetto a quella in cui li avevate inventati?
Biggio: Questa domanda ce la siamo posta anche noi e…
Mandelli: E fondamentalmente ci siamo resi conto che i nostri personaggi sono degli archetipi eterni, non legati a una contemporaneità, ma adattabili a ogni epoca. Potresti anche infilarli in un film sull’Antica Roma e farebbero comunque ridere. Dopodiché penso possano raccontare il presente anche meglio di quanto non abbiano fatto in passato, perché ormai siamo arrivati a un punto in cui la realtà è già distorta di suo, ha superato la parodia e la satira. Ci si può domandare se fosse il caso di riprenderli in mano, ok, ma intanto ne avevamo bisogno noi, perché amiamo raccontare ciò che osserviamo con la nostra cifra, ci diverte. In più siamo convinti che oggi ci sia un gran bisogno di qualcuno che abbia il coraggio di dire anche le verità più cattive senza paura di shitstorm e simili.
Biggio: Esatto, quello che ci fa ridere noi lo facciamo e basta. Senza pensare alle conseguenze, con l’onestà che secondo noi il pubblico merita. E senza furberie, nel senso che quella che mettiamo in scena è la nostra visione, siamo fatti così, non scriviamo con l’idea di scatenare polemiche o di essere dissacranti, no, semplicemente scriviamo ciò che ci fa ridere e che pensiamo possa far ridere anche altri. E mai come oggi c’è necessità di ridere, visto che più passano gli anni, più i tempi diventano bui.

È indubbio, però, che le polemiche attorno a I Soliti Idioti non siano mancate. Quando eravate all’apice del successo c’è stato chi, come Concita De Gregorio, definì la vostra comicità volgare, diseducativa. E questo ben prima che il politicamente corretto si appropriasse del dibattito pubblico su qualsiasi argomento e in ogni ambito.
Biggio: Intanto, l’articolo che hai citato ci ha portato fortuna: dopo l’uscita di quel pezzo si è aperto un dibattito su I Soliti Idioti e noi ci siamo divertiti un sacco a seguirlo.
Mandelli: Ma poi posso dire che a noi quello che hai appena raccontato fa onore? E questo sebbene in quegli anni le critiche un po’ ci abbiano fatto male, perché comunque non è mai bello leggere che ciò che fai non piace. Le critiche sono lecite, ma il segreto è non leggere nulla, andare avanti a scrivere, a immaginare, a comunicare senza cercare una sicurezza nella conferma degli altri. Noi siamo liberi e la libertà non ha prezzo, non è barattabile.

Come rispondere a chi sostiene che la comicità non può permettersi di offendere nessuno?
Biggio: Per me il politicamente corretto così inteso è una grande ipocrisia ormai palese e dunque agonizzante, nessuno ci crede più. Perché partendo da riflessioni nate dal desiderio di tutelare si è arrivati a livelli talmente surreali e assurdi che la gente non ne può più, lo stesso pubblico non ne può più. Perché il senso si è perso. Poi ci si può chiedere se sia stato giusto arrivare a certi estremi per ritrovare un giusto mezzo, però… è complicato, ma per noi questa cosa non esiste.
Mandelli: In generale, se ti dai la possibilità di pensare, solo di pensare eh, devi mettere in conto che offenderai qualcuno. Per me è più importante che l’essere umano possa continuare a pensare.

Qui il collegamento con Mandelli cade e Biggio ci scherza su: «L’hanno rimbalzato i poteri forti!» Ripristinata la connessione, si ricomincia.

In ogni caso, avrete dovuto attualizzare le vostre maschere e i vostri sketch.
Biggio: Certo, nello spettacolo così come lo proponiamo adesso raccontiamo l’amore al tempo dei social, la pandemia, vax e no-vax… sempre alla nostra maniera, per cui magari prendiamo Ruggero, che nella nuova versione si è risvegliato dopo dieci anni di coma, e ci domandiamo cosa farebbe oggi: invece di “dài, cazzo, Gianluca!” magari direbbe “dài, cazzo, Alexa!”. E Gianluca? Forse è diventato un tiktoker? In pratica abbiamo calato i personaggi nel 2023, con le app di incontri, i postini che se suonano il citofono è sempre e solo roba da pagare, la malattia di questo secolo che è l’ego alimentato in continuazione dai social di cui sopra. Perché è ciò su cui questi mezzi puntano, l’ego di ciascuno, no? Ma non vorrei spoilerare troppo.

E gli Omosessuali, che tra i vostri personaggi sono stati i più attaccati?
Biggio: Ci saranno, ci saranno, alle prese con quello che per loro è stato un trauma, cioè l’arrivo del fluido, di questa nuova corrente. In effetti sono i personaggi invecchiati peggio, i nostri omosessuali Fabio e Fabio, abbiamo dovuto rimaneggiarli più di altri.

Tempo fa leggevo su un giornale locale sardo di un prete che si è inventato l’“aperichurch” per riportare i giovani in chiesa e ho pensato che probabilmente ha preso spunto dai vostri Preti. Dite che lo ha fatto anche Papa Francesco?
Mandelli: Totalmente! Se non lui, il suo ufficio stampa o il suo spin doctor ha visto I Soliti Idioti di sicuro, visto che passo dopo passo hanno fatto tutto quello che avevamo profetizzato: penso al Vaticano sui social, all’apertura nei confronti di certe categorie… Padre Giorgio e Padre Boy sono reali e conducono la Chiesa in mezzo a noi!

Tra le vostre fonti d’ispirazione, oltre a Little Britain, si possono citare I mostri di Dino Risi, I nuovi mostri di Risi, Scola, Monicelli, Made in Italy di Nanni Loy, In viaggio con papà di Sordi, i Monty Python, Cochi e Renato, il Fantozzi di Villaggio. C’è un film, un attore, un comico che vi ha segnato più di tutti?
Mandelli: Non ci resta che piangere di Benigni e Troisi, film che mi ha fatto innamorare di questo lavoro. La lettera che i due protagonisti scrivono a Savonarola, omaggio a Totò e Peppino, e la scena in cui vanno da Leonardo da Vinci a spiegargli le sue invenzioni e se la prendono perché è un po’ duro di comprendonio sono qualcosa di meraviglioso.
Biggio: Mi unisco su Non ci resta che piangere e aggiungo Brian di Nazareth dei Monty Python, anche se non saprei adesso scegliere una scena, sono tutte impagabili.

Foto: Massimo Schiavon

Con la stand-up comedy come siete messi?
Biggio: Credo che Francesco sia più ferrato.
Mandelli: Bah, direi che su tutti il più bravo è Ricky Gervais, in questi anni ha fatto un lavoro strepitoso e non solo dal punto di vista della stand-up comedy: quello produce, scrive, recita, fa robe cattivissime e non gli puoi dire niente perché lo fa in maniera intelligente, perché ti spara in faccia che il re è nudo e la gente si arrabbia, ok, ma spreca solo tempo. Un altro bravissimo è Bill Burr, anche lui cattivo cattivo, ma mi piace anche Louis C.K., che ho visto a Milano la scorsa primavera e lì, cavoli, lui porta avanti una battuta, uno scherzo, un gioco che offende tutti, ma proprio tutti; anche io mi sono sentito offeso a un certo punto, però ha la capacità di sparare a zero su tutti e quindi poi, una volta che hai riso degli altri, non puoi non ridere anche di te stesso. E secondo me questa cosa è figa.

E in che cosa voi siete dei “soliti idioti”?
Biggio: Ah, io nella pigrizia e nella procrastinazione. Difetti che tra l’altro racconteremo, abbiamo già dei personaggi pronti per parlarne.
Mandelli: Devo dire la verità, io sono iracondo.

Attento che si torna ai Litigiosi…
Mandelli: Sì, è un mio problema. Non voglio scendere in particolari da analista, ma è una cosa che mi porto dietro e che sto cercando di dominare, è un mio punto debole. Cioè, io ero di quelli che in macchina mi partiva la brocca. Devo imparare a vivere la mia vita anche un po’ da spettatore, senza essere così immerso nelle emozioni.
Biggio: O immerso solo nelle emozioni belle.

Ma per concludere, secondo voi chi non vi ha capiti in passato e non vi capirà ora non sa ammettere i propri limiti e riderci sopra?
Mandelli: Guarda, al netto del fatto che spero che nessuno arrivi a odiarci, perché sarebbe una grande perdita di tempo, io non credo che ci voglia una patente per seguire e apprezzare I Soliti Idioti. Ad alcuni arrivano, ad altri no. Come le canzoni.

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