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Bruno Barbieri: «Me ne andrò da MasterChef quando mi cacceranno»

La fama da duro, l'incontro con Warhol, la rivalità con Cracco e Bastianich, la fuoranza coi Pink Floyd: parla il giudice del talent culinario arrivato al decennale. «Non farò mai come Cattelan»

Foto press

Pressure test, grembiuli bianchi, grembiuli grigi, mystery box, invention test, lacrime di gioia di chi vince e amare di chi vede il suo sogno infrangersi. Stasera, alle 21:15, su Sky Uno (e Now TV) torna MasterChef Italia, il talent culinario per antonomasia che festeggia il decennale. A giudicare i piatti degli aspiranti chef tornano la simpatia (e il rigore) di Antonino Cannavacciuolo, lo spirito innovativo di Giorgio Locatelli e il perfezionismo di Bruno Barbieri, unico dei tre giudici nel cast del programma sin dalla prima edizione. Una sorta di pioniere del piccolo schermo che, tra una scudisciata e un sorriso, ha fatto conoscere al Paese intero la parola “mappazzone”, tipica del gergo bolognese.

Ho visto la prima puntata: i concorrenti ti vedono come il diavolo.
Mi sono pure vestito di rosso, l’ho scelto apposta, per mettere i puntini sulle i.

Che obiettivi hai per il decennale di MasteChef?
Visto che l’asticella è molto alta volevo avere quella severità – che ho sempre avuto – per fare una grande selezione iniziale. E trovare personaggi che non fossero solo delle macchiette televisive, ma delle persone che la gente si aspetta di vedere in un programma di cucina. Per fare tutto ciò bisognava avere quella parte più dura, anche se l’anima è quella di un bolognese buono. Ci sono stato anch’io da quella parte lì: quando ho iniziato a lavorare, mi sono trovato davanti grandi chef e maestri che sembravano inarrivabili e più grandi di me.

C’è un filo rosso che collega le dieci edizioni dal tuo punto di vista?
Ho sempre voluto fare un MasterChef che non fosse solo il giocare e divertirsi per portare avanti il programma con delle battute. Mi piace l’idea di un programma televisivo alla ricerca del talento attraverso una persona che non ha mai fatto questo mestiere, ma che aveva dei sogni nel cassetto.

Molti concorrenti, però, pensano che, costruendosi un personaggio, hanno più chance. Ti sei mai fatto fregare in questo senso?
Mai, mai, mai, assolutamente. Io sono un giudice gastronomico di un talent show, dico se qualcosa va bene o non va bene, come in un tribunale. I miei no e i miei sì sono l’ago della bilancia. Non mi sono mai prestato, nel programma, a questo tipo di gioco. A volte mi sono divertito, ma poi, quando arrivava il momento, o faccio passare o do legnate.

In dieci anni non ti sei mai stancato di MasterChef?
Assolutamente no. MasterChef è un programma che ti entra nell’anima, nel sangue, nelle vene, nel cuore. Continua a fare quello che faccio col mio lavoro: cercare il talento. E poi ti faccio una domanda.

Dimmi.
Prova a immaginare MasterChef senza Bruno Barbieri, ma ti sembra possibile?

Be’ effettivamente, detta così, è difficile…
È come dire, in America, MasterChef senza Gordon Ramsay. Non puoi, è impossibile. Perché in questi dieci anni si fa la propria parte con l’aiuto degli altri giudici e dei concorrenti, ci si costruisce un personaggio, una serie di situazioni intorno che fanno diventare come la M del logo, quella roba lì.

Quindi non hai mai pensato di abbandonare…
No, no. Ci sono stati dei rumors sui social, ma non l’ho mai detto, non l’ho voluto mai fare. Probabilmente non sarò più a MasterChef il giorno che mi cacceranno. Verrà anche il momento che cambieranno la giuria, ma non ho ancora preso la decisione di Cattelan che ha lasciato X Factor. E poi mi diverto ancora: mi piace, mi emoziona, è servita anche nella vita.

Cosa intendi?
Il programma è servito anche a me per conoscere, per crescere, per capire anche cosa ci sta, nell’anima, dall’altra parte.

Tipo?
Il carattere delle persone. Mi ha fatto diventare un pochino più grande. E mi ha insegnato a ragionare in modo diverso: comprendere cosa si nasconde dietro la delusione, dopo aver ricevuto un no.

Hai parlato di Cattelan che ha abbandonato X Factor. Per te ha fatto bene o male?
Se ha fatto questa scelta si vede crescere in un altro mondo, fare anche altro. Ad esempio io sono arrivato a 50 anni e ho scoperto che, fuori dalle cucine, ci sono altre cose, che non è solo far da mangiare.

Cosa ha fatto, quindi?
Occuparmi di moda, avere un laboratorio dove fare sperimentazione, scrivere libri, lavorare per i social, fare corsi di cucina. Tante piccole attività che mi hanno fatto dire «Ok, bene, destreggiati in altre cose». Poi sono curioso, mi piace imparare, faccio di tutto e faccio quello che amo fare.

Da sinistra, Giorgio Locatelli, Antonino Cannavacciuolo, Bruno Barbieri

È stata dura girare MasterChef ai tempi del Covid-19?
Durissima. Hai un mostro dietro le spalle, che non si vede, ma è pronto con un pugnale ad accoltellarti alla schiena. Alla fine ce l’abbiamo fatta: non c’è stato nessun contagiato e nessuno che si è sentito male. E siamo stati fortunati. La produzione, poi, ha lavorato alla grandissima e ci ha fatto vivere questi mesi benissimo, facendo esami spessissimo, con grande attenzione. Non ho mai avuto paura di prendere il Covid durante le registrazioni. Ho più paura a prenderlo al mercato di Reggio Emilia, dove c’era un sacco di gente.

Senti, ma visto che siamo su Rolling Stone, che musica ascolti? Sei un tipo rock?
Sì. Ascolto Bruce Springsteen e quelle robe lì. Mi piacciono molto i Negramaro. Giuliano Sangiorgi ha quei gorgheggi nella voce un po’ come aveva Freddie Mercury. Siamo molto amici, è un grande chef e cucina anche molto bene.

A parte i Negramaro?
Ascolto Vasco, la musica italiana. Mi sono visto l’ultimo concerto dei Pink Floyd, quello di David Bowie a Firenze, andavo alla Baia degli Angeli, discoteca degli anni ’80, sopra Rimini, dove c’erano dei grandi dj. Amo la musica, l’ho sempre avuta nelle mie cucine. Sono uno rock, diciamo così. Ogni tanto, però, ascolto anche la filuzzi, Romagna mia, Casadei. Quando siamo all’estero chi è che non l’ha mai cantata?

Torniamo su MasterChef. Quando c’era Bastianich tra i giudici il più rock era lui. Ora ti senti tu?
Ma lui era il più rock? Sul serio?

Be’, suonava pure…
Ma secondo te come suona Bastianich? O preferisci che ti faccia la domanda numero 2? (Ride) Vedi che c’è un po’ quel bastardello in me? Era per dire una battuta: di Bastianich sono andato anche ai concerti che ha fatto.

E…?
Per fortuna che a un certo punto c’era tanto di quel buon vino, portato da lui, che alla fine ci siamo divertiti tutti un casino. Dopo volevo andare anche io sul palco a suonare.

Vabbè, allora dimmi la cosa più rock’n’roll fatta in cucina…
Molti anni fa abbiamo cucinato, al Trigabolo di Argenta, per Andy Warhol. C’era musica a manetta nella cucina: non ci saremmo mai aspettati che Warhol arrivasse ad Argenta, in provincia di Ferrara. Questo parcheggia la Ferrari davanti al ristorante, in mezzo alla nebbia, nella campagna.

Warhol a parte?
Quando andammo a vedere il concerto dei Pink Floyd a Livorno. Noleggiammo un furgone dove potevano stare otto persone e invece eravamo in 13. Al ritorno ci ha fermato la polizia, eravamo fuori come dei copertoni, ci contano e ci fanno un mazzo… eravamo dei ragazzi. Eravamo rock così.

Un’altra cosa strong che hai fatto nella vita?
Me ne sono andato a vivere tre mesi in Amazzonia brasiliana. Sono partito da Panama e sono andato a Manaus, in autobus, insieme a due miei amici. È stato molto interessante con gente di etnie diverse, la musica brasiliana, la capoeira e una cucina meravigliosa.

Prima di lasciarti una curiosità: ma il tanto ventilato attrito con Carlo Cracco era vero o no?
Ma no, perché si dicevano queste cose qua?

Be’, sì…
Con Carlo abbiamo sempre avuto una grande complicità. Lui era il bello, il tenebroso, quel personaggio lì. Io ero il rompicoglioni di turno. Io arrivavo dalla campagna, lui da Milano.

Senti, ma che programma vorresti fare oltre a MasterChef?
Faccio 4 Hotel che è un altro dei miei pallini: far crescere l’hôtellerie italiana è una delle chiavi di svolta di questo Paese. Come abbiamo fatto, per la cucina, con MasterChef.

Ok, a parte questo?
Mi piacerebbe fare un programma in giro per il mondo, al di fuori degli itinerari normali. Adesso sto progettando un viaggio in India.

Ah sì?
È uno di quei posti per cui ho un’attrazione, dove vorrei andare. Mi sono programmato un giro, ascoltando alcuni amici, e ho scoperto questo posto grazie al mago Dynamo che fece delle puntate del suo show legate all’India. Ho visto luoghi interessanti che mi potrebbero appartenere, gastronomicamente parlando. Dobbiamo, con il mio clan, documentare, perché anche il discorso amatoriale a me piace molto.

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