Quando la gente riconosce Bruno Gouery per strada, di solito lui ottiene una delle due reazioni classiche. Alcuni fan sono felici di vedere l’eccentrico francese Luc di Emily in Paris. Altri lo rimproverano per essere stato uno di quei gay che hanno ucciso Jennifer Coolidge in The White Lotus.
«Quando mi riconoscono come Luc, la gente viene da me con molta gioia e con un sorriso», dice Gouery, parlando via Zoom da Parigi. «Ma quando per loro sono quello di The White Lotus dicono: “Hai ucciso Jennifer!”. In ogni caso, è sempre fantastico».
Da quando è stato scritturato per Emily in Paris, che ha debuttato su Netflix nel 2020, Gouery, 49 anni, è passato da attore di nicchia nella sua nativa Francia a star crossover, lavorando in italiano e inglese oltre che nel suo francese. Ha vinto un SAG Award “corale” (Outstanding Performance by an Ensemble in a Drama Series) per la seconda stagione di The White Lotus, in cui ha interpretato Didier in cinque episodi. Ma è stata la sua interpretazione di Luc, un collega dolcemente schietto di Emily Cooper (Lily Collins), a conquistare i cuori. Nella quarta stagione, di cui è appena uscita su Netflix la seconda e ultima parte, gli spettatori potranno conoscere ancora più a fondo Luc, sempre pronto a una battuta fuori dagli schemi.
«Mi è piaciuta fin dall’inizio la possibilità di fare un personaggio molto simile a un bambino», dice Gouery. «Le cose che gli vengono in mente gli entrano in bocca subito dopo e non c’è nessun filtro, come un bambino. È una cosa fantastica per un comico, con una vera specificità comica. Luc è molto divertente. Per me è interessante far sembrare vere tutte quelle cose che sembrano così strane [su di lui]».
Qui Gouery parla di com’è far parte dello zeitgeist culturale di Emily in Paris, di cosa pensano i francesi degli americani e del perché ha deciso di lavorare con Johnny Depp.
Ripensando alla prima stagione, cosa ti ha spinto a partecipare a Emily in Paris?
Quando ho saputo che Darren Star sarebbe stato lo showrunner, ho capito subito che sarebbe stato un grande successo. Lui fa sempre dei capolavori. Così ho deciso di tentare questa meravigliosa opportunità perché era la prima volta che recitavo in inglese: era un’occasione per entrare in contatto con persone di tutto il mondo. Era una proposta straordinaria per me. Ovviamente ho dovuto dire di sì. Ed è un onore e un privilegio farne parte.
In questa quarta stagione, cosa ti piaceva esplorare di nuovo del tuo personaggio?
Nella stagione precedente abbiamo scoperto che vive su una barca, ma ora conosciamo meglio la sua vita privata. E la sua vita con [la sua ragazza] Marianne. Per me è stata una grande opportunità poter condividere con il pubblico le passioni e la vita privata di Luc.
È naturale che Luc viva su una barca…
Sì, certo. Darren doveva trovare qualcosa di speciale per Luc, e ha avuto un’idea molto efficace. In Francia chiamiamo [questo tipo di casa galleggiante] péniche, è un’abitazione molto particolare. Ci sono persone che vivono sulla Senna. Non molte persone, ma alcune. C’è un comico molto famoso in Francia che si chiama Pierre Richard, un uomo molto strano e un po’ simile Luc. E vive sulla péniche. Non so se Darren lo sa, ma in Francia sappiamo che Pierre Richard vive su quella casa-barca, ed è fantastico questo parallelo con Luc. È la casa perfetta per lui, ed è una vera barca nel quartiere di Bastille.
Luc riceve molte più responsabilità sul lavoro, ma sembra avere difficoltà. Perché è così impreparato a svolgere il suo compito?
Credo che Luc sia un personaggio poco preparato al lavoro e alle responsabilità. Per me era importante sapere perché Luc lavora in questa agenzia. Perché lavora ancora per Sylvie? Lei è un ottimo capo, è una donna molto responsabile. Perché ha chiamato e chiesto a Luc di lavorare per lei? Secondo me perché Luc è un pazzo, e a volte con un pazzo si ottiene il genio. A volte, ma non sempre. Ma può capitare che abbia un’idea fantastica, un’idea folle, un po’ come Dalí. Parla molto e dice tante cose che sono molto strane, ma a volte geniali. Credo che questo sia il motivo per cui Luc è ancora lì.
A questo punto rispetta Emily come collega?
Oh sì, decisamente. All’inizio Luc era come un collega francese, ma non così sgarbato come la maggior parte dei francesi. Poiché è molto sensibile ed è un ragazzo all’antica con molte conoscenze sulla cultura di Parigi, voleva condividere con Emily tutte queste cose. Dopo la seconda e la terza stagione, mi sembra che sia più simile a un fratello. Non è un collega, non è un amico, non è ovviamente un fidanzato, ma è qualcosa di simile a un fratello. Vuole aiutarla. Si sente vicino agli stranieri e alle persone che vengono da fuori, e vuole portare loro la cultura francese. Vuole condividere tutte le cose di Parigi: il cimitero Père-Lachaise, Balzac, il cinema di François Truffaut… E sono stato molto felice di farlo, perché mi sento lo stesso ora che sono popolare e tanti turisti si avvicinano a me e mi chiedono di fare un selfie. Parlo con loro e provo la stessa sensazione che Luc prova con Emily con quei fan.
Molte persone ti avvicinano per strada?
Immediatamente, con un sorriso! Ed è fantastico perché pensano che io sia Luc: non lo sono, ma un po’ lo sono. Quindi il contatto è subito molto gioioso. Non potete immaginare quante persone mi dicono: “Siamo qui per Emily in Paris. Abbiamo visto la serie e vogliamo sapere dove vive Emily e scoprire questi luoghi”. È un’opportunità meravigliosa per la mia città e il mio Paese.
I francesi trovano davvero gli americani così rumorosi e stupidi come alcuni personaggi della serie nei confronti di Emily?
Onestamente, non credo che i francesi pensino che gli americani siano stupidi. Tutti abbiamo dei luoghi comuni rispetto ai diversi popoli. Credo che i francesi pensino che gli americani siano “troppo”. Dicono un sacco di “incredibile!”, “fantastico!”, “grande!” Molti francesi non riescono a comprendere che gli americani sono davvero così. È una questione culturale. Non è una finzione. È solo che i francesi sono più timidi e introversi. Così, quando vedono gli americani, pensano: “Sono così perché vogliono qualcosa”.
Molte persone amano Emily in Paris, ma altre amano odiarla. Ti senti mai in dovere di difendere la serie?
Non so se devo difendere la serie, ma devo spiegarla spesso. Devo spiegare che la visione di Parigi è la visione di Darren Star e che lui ha il suo universo. Ha il suo sentimento. È come la Roma di Fellini. Fellini ha fatto un’immagine, un cliché, una sensazione di Roma. Darren è lo stesso. È la sua sensazione di Parigi. Quando vedete Ratatouille, il cartone animato, non è Parigi, ma è una Parigi per i bambini. È una visione di Parigi. Penso che i parigini e i francesi non siano i più capaci di definire la nostra città, perché viviamo in questa città e molte volte gli stranieri ci insegnano molte cose che pensiamo siano normali, ma non lo sono perché è Parigi. È molto interessante conoscere il punto di vista di uno straniero sulla nostra città. Ovviamente Emily in Paris non è Parigi, ma è un pezzo di Parigi. È una parte di Parigi.
Nella quarta stagione scopriamo che Marianne, la fidanzata di Luc, non è in realtà un’ispettrice Michelin e ha solo fatto finta. Secondo te, perché Luc riesce a perdonarla?
Perché Luc commette molti errori nella sua vita! Quindi non può fingere che le altre persone non siano come lui, capisci cosa intendo? Penso che possa perdonare qualcosa perché sa che potrebbe fare di peggio.
Far parte della serie ti ha portato molte nuove opportunità come attore?
Sì, devo dire che Emily in Paris mi ha dato la possibilità di essere più conosciuto e famoso fuori dalla Francia. Un direttore di casting italiano, Francesco Vedovati, mi ha visto nella serie e mi ha chiesto di fare un provino per The White Lotus. E dopo ho iniziato ad avere proposte da italiani, inglesi, americani.
Com’è stato far parte di qualcosa come The White Lotus?
È stato molto divertente. Le location erano fantastiche, ovviamente. Conosco molto bene l’Italia, ma in quella parte d’Italia – in Sicilia, a Taormina – ci sono stato per la prima volta grazie a quel set. Un giorno sono andato in un piccolo villaggio di montagna per prendere un gelato con altri amici della serie e un siciliano molto anziano mi ha detto: “Sai che hai qualcuno che ti somiglia in una serie francese intitolata Emily in Paris?”. Gli risposto: “Sono io!” E lui: “Dài…”. Non voleva credere che fossi proprio io, in quella piccola città in Sicilia. Mi sono divertito molto con gli attori e tutta la troupe di The White Lotus.
Hai lavorato a qualcos’altro dopo aver girato la quarta stagione di Emily in Paris?
Di recente ho fatto un film con Johnny Depp, Modì, che abbiamo girato a Budapest per tre mesi. Ho anche girato un altro film per Netflix, Loups-Garous, che significa lupo mannaro. Interpreto un personaggio molto famoso del Rinascimento, ma non posso dire di più. Lo scoprirete a ottobre.
Hai avuto qualche esitazione a lavorare con Johnny Depp?
Sì, all’inizio avevo qualche esitazione. Ma dopo il processo [ho pensato] che andava bene. Non posso fingere di sapere se [qualcuno è] colpevole o innocente, lo ha stabilito la giustizia. E devo fidarmi della giustizia.
Com’era come regista?
Oh, è stato fantastico. Ho conosciuto il grande attore che è e ho scoperto il grande regista che è. Mi ha dato così tante consigli. Ha una grandissima fantasia. È un uomo che vuole condividere le sue esperienze, potrebbe parlarti per ore di Marlon Brando, Al Pacino, Terry Gilliam, tutte quelle persone magnifiche, ed è fantastico per un attore [ascoltare] queste storie da un altro attore. È stato fantastico lavorare con lui. È un uomo molto simpatico, mi sono divertito molto con lui.
In generale, ti è piaciuto lavorare in inglese?
Sì, mi piace molto. Perché quando recitiamo non dobbiamo recitare le parole: devi mettere dentro i sentimenti, le parole da sole non sono niente. Quindi, quando reciti in una lingua che non è la tua, devi fare ancora meglio perché le parole non significano molto per te. Ci sono frasi che dico [nella serie] che non ho mai pronunciato prima in vita mia. Devo imparare la frase e poi metterci dentro il sentimento giusto, perché quelle parole non significano niente per me.
Cosa ti aspetta in futuro?
Adesso ancora non lo so. Ho delle proposte, ma devo pensarci e decidere. Ora sono libero.