Suona il telefono. Un attimo d’ansia prima di rispondere, e mi trovo inconsciamente ad annusarmi il fiato, come se la persona all’altro capo potesse sentire l’alito. No problem, sono sempre le ascelle che puzzano. Ed ecco che risponde lei, Cara Delevingne, alla quale dovrò carpire i retroscena del film più chiecchierato dell’estate, Suicide Squad, con super cast scelto dal super regista David Ayer.
Durante la telefonata, condotta via L.A.–Parigi, il mio udito da SuperBestia riesce a cogliere più di una volta un rumore familiare, un movimento delicato, un gorgogliare di bollicine, come se fosse… l’onda calma e placida di acqua che viene spostata… dal palmo di una mano. FUCK! Ragazzi, so benissimo cosa sta succedendo, e al mio rivelare alla dolce Cara D. di averla colta in flagrante mentre si sta facendo un bagno fa eco una sua risatina, seguita dall’idea e soprattutto dall’immagine di Ms Delevingne desnuda, coperta solo dal bagnoschiuma… Sfido chiunque a darmi del pirla.
Calma, passo indietro. Aprile 2016, Sin City, Nevada. CinemaCon di Las Vegas. Presentazione del film con tanto di fan impazziti. Il regista David Ayer, sul palco, inquadra la struttura del film. «Fin dall’inizio, il film doveva funzionare su due livelli. Uno per gli amanti dei fumetti, l’altro per chi non li ha mai letti, ma ama gli attori del film. Suicide Squad è un film molto intenso, con riferimenti immaginari, allusioni, connessioni visive esplicite e tante easter egg. Sin dai primi comic book – nati a fine ’800, ma negli Stati Uniti diventati popolari solo negli anni ’30 – i supereroi sono sempre stati l’unica risorsa, a volte estrema, come risoluzione di un problema. Nel caso di Suicide Squad abbiamo degli individui criminali, dei super villain fuori di testa e senza scrupoli, che hanno come base la prigione Belle Reve, e che sono sotto il controllo di Amanda “The Wall” Waller, la quale permette loro di operare in cambio di una riduzione delle proprie pene. Ogni membro della Squad è “expendable”, termine che l’FBI utilizza per indicare i sacrificabili, quelli che, se non ritornano a fine missione, a nessuno frega un cazzo. Essendo un gruppo di expendable, tutti i membri della Suicide Squad hanno un esplosivo impiantato alla base del collo e se mai dovessero scomparire e/o fuggire durante una missione… BOOM! Bye Bye!.
Detto questo, ritorniamo a Cara e alla sua vasca da bagno. Cara Delevingne è The Enchantress, e nel film la troviamo prima come June Moon, una persona come tante altre, che nella storia viene di fatto sopraffatta dai poteri della seduttrice Enchantress, antica strega che, grazie all’aspetto diafano ed etereo, è capace di incantare e manipolare chiunque con la propria bellezza. Attenti al suo lato dark, estremamente pericoloso. «June è sempre a caccia di avventure ed emozioni. È un essere ferino, troppo a lungo intrappolata, e adesso che ha l’occasione di rivelarsi diventa potentissima. Enchantress è malvagia e si impossessa dell’anima dolce di June. Entrambe sono due facce della stessa medaglia, che si evolvono in un personaggio schizofrenico, psicotico. Nel fumetto, June è una fotografa che viene invitata a una festa in costume in un vecchio castello, dove entra in una camera segreta e viene trasformata in Enchantress da un’entità metafisica. Credetemi quando vi dico che è una storia pazzesca, anche perché scritta negli anni ’60, e quindi influenzata dalla cultura psichedelica di quegli anni».
Will Smith è Deadshot a.k.a. Floyd Lawton, sicario mafioso, miglior cecchino al mondo, criminale professionista dal sangue freddo. Spiega Smith: «Mi piace Deadshot, perché è uno psicopatico vero, capace di ammazzare qualcuno e poi andare a fare shopping con la figlia, che è il suo tallone d’Achille, usato da Amanda Waller e dal colonnello Rick Flag per fargli assumere il comando delle loro missioni. Suicide Squad è un film che appartiene all’iperrealtà – l’incapacità della coscienza di distinguere la realtà dalla fantasia – e quindi sarebbe facile perdersi in situazioni irreali, mentre David, che è un regista speciale, basa la narrativa sul coinvolgimento artistico dei propri attori, li fa dialogare e vivere nel mondo “della recitazione” e in quel mondo (anche se irreale) esistono solo perché sono veri». Will ride come un pazzo, e poi aggiunge: «Il film è prodotto da Zack Snyder, regista di titoli irreali come Sucker Punch e Watchmen. Questo film piacerà, ma farà discutere».
Margot Robbie è Harley Quinn a.k.a. Dr. Harleen Quinzel, bellissima psichiatra dell’Arkham Asylum che ha in cura un gruppo di pazienti. Uno di questi è The Joker da cui si sente subito attratta, perché Harley vede la vita allo stesso modo: «A big chaotic joke: sono stata molto fortunata, per me Harley è il personaggio più interessante e intrigante del film. È psiscopatica, esiste solo nel caos, va in giro ad ammazzare chiunque diventi un ostacolo», dice Margot che, racconta, è cresciuta in una fattoria «e non ho mai letto fumetti, ma vi assicuro che mi sono fatta un culo incredibile e spero di non deludere nessuno, soprattutto i fan. Per un’attrice, interpretare Harley è assolutamente fantastico, e vogliamo parlare dei suoi tatuaggi? Io ho comprato una pistola su eBay per fare tatuaggi, e sul set ne ho fatti parecchi. Quelli di cui vado più orgogliosa sono quelli di Cara, sui polpastrelli dei piedi, dei toemojis bellissimi!».
Viola Davis, invece, è Amanda Waller, la tipica bastarda senza pietà dei servizi segreti, segretamente a capo della Suicide Squad. Per lei sono tutti expendable, utili solo per completare la missioni. Al contrario di Margot, Viola ha «sempre amato i fumetti, soprattutto Wonder Woman, perché era l’unica donna che spaccava il culo a tutti. Come attrice Wonder Woman era la donna perfetta, un modello da imitare, anche se era di pelle bianca. In fatto di fumetti io ero una nerd: li scambiavo, vendevo, li collezionavo. Ho ancora dei numeri che sono diventati rarissimi. Quando sogni di diventare un attore, sogni di diventare il più bravo. Quando sogni di diventare un supereroe, sogni di essere il migliore. Faccio parte di un mondo fantastico e ne sono fiera».
Poi c’è Colonnello Rick Flag, secondo in comando dopo Amanda Waller, interpretato da Joel Kinnaman. Il cecchino più letale che le forze armate abbiano mai prodotto. Militare dalla testa ai piedi, Flag è responsabile del funzionamento della Suicide Squad, incaricato di mantenere l’ordine nel gruppo. «Ho ottenuto la parte grazie a Tom Hardy che ha rifutato il ruolo perché stava girando Revenant. Rick è un bastardo, un badass motherfucker. Élite della gerarchia militare, è concentrato sulla propria carriera, ma è anche un uomo che ha sofferto molto, mentalmente danneggiato, e che per via del proprio lavoro ha ucciso una valanga di persone. È alla ricerca di se stesso, del senso della vita, il tutto mentre deve farsi rispettare da un gruppo di criminali».
The Joker è uno dei personaggi più difficili da interpretare nel cinema, specialmente dopo la sublime performance di Heath Ledger. In Suicide Squad il compito spetta a Jared Leto: «Per entrare nel personaggio ho fatto un casino di ricerca, poi mi sono reso conto che dovevo mettermi alla prova. Joker è un personaggio difficile, perché si deve reinventare ogni volta. È come se fosse uno sciamano, un istrione, un essere che vive tra due mondi, tra realtà e finzione», spiega. Leggenda narra che Leto, attore di metodo, sia entrato talmente dentro al ruolo da non avere mai parlato a nessuno sul set. «Joker è caotico, violento, imprevedibile, pericoloso perché erratico nelle sue manifestazioni maniacali. È anche il residente più famoso di Arkham Asylum, oltre a essere legato sentimentalmente a Harley Quinn. È molto istintivo, non ha regole, eppure sa benissimo come romperle per riuscire a ottenere quello che vuole. È fantastico, uno dei ruoli migliori che mi abbiano mai offerto. Un segreto? Sul set, come simbolo d’amore, ho provato a regalare a Margot un sacco di topi…». (Ride come un pazzo).
E poi ci sono gli altri: Jai Courtney è Captain Boomerang, teppista delinquente infido e spietato; Jay Hernandez è Diablo, gangster manipolatore dal teschio tatuato; Adewale Akinnuoye-Agbaje è Killer Croc; Adam Beach è Slipknot, maestro nell’uso di corde; Karen Fukuhara è Katana, killer seduttrice al servizio di Rick Flag; Common è Monster T, Scott Eastwood è il Tenente “GQ” Edwards.
E a questo punto, come diceva Enzo Tortora, “Big Ben ha detto stop”, e allora basta con le info, andate al cinema. E, giusto per rispettare il mantra filosofico spirituale del film, it feels good to be bad, che tradotto vuol dire “è fucking bellissimo essere bastardi dentro”, fatemi ritornare da dove siamo partiti, dall’immagine di Cara, che, una volta finito il bagno, dovrà ben uscire dalla vasca da bagno e asciugarsi… E io sarò lì ad aspettarla. Con l’accappatoio, certo.