Carlo Verdone è tornato. L’abbiamo fatta grossa è gentile e divertente com’è lui quando è in gran forma, è un’opera che pur non essendo esplosiva e geniale come i suoi film degli anni ’80, è molto lontana dall’ultima parte della sua cinematografia, troppo ossessionata da una scrittura macchinosa e un’interpretazione del reale che voleva essere troppo calligrafica e non poggiata su caratteristi e storie, metafore naturali in cui lui ha sempre dato il meglio. Merito anche di Antonio Albanese, con cui crea una sintonia rara ed efficace. E un po’ ce la racconta in questa chiacchierata.
Una svolta alla Woody Allen?
Ti ringrazio. E mi colpisce, perché la prima cosa che ho detto alla costumista e alla scenografa è stata proprio che volevo il Woody Allen di 15-20 anni fa, elegante e uniforme, senza botte di colore o toni troppo alti. Mi sono un po’ ispirato a quella classe, sempre con le debite proporzioni, perché lui è un gigante, come anche mi hanno ispirato alcune commedie francesi recenti, di ottima fattura stilistica. Abbiamo lavorato molto su questo, in modo che venisse un prodotto di qualità e non una cosa raffazzonata.
Però sembra aver voluto anche replicare la magia delle grandi commedie delle grandi coppie americane.
È vero, sentivo l’esigenza di confrontarmi con un grande attore comico. Un uomo. Ho lavorato con tante attrici brave e belle, ma questa volta volevo un maschio. E chi se non quel fenomeno di Antonio Albanese? L’ho cercato a lungo, ma era sempre occupato. Finalmente ce l’abbiamo fatta e abbiamo sentito subito quanto il nostro sodalizio fosse speciale. E poi è nata una bellissima amicizia fuori dal set, una cosa molto importante. Ma soprattutto è un partner ideale per tempi comici e misura, ritmi e rispetto dell’altro. Un talento come pochi altri, che ha contribuito a costruire un bellissimo mosaico.
Chi è il suo Arturo Merlino?
Merlino l’ho scelto perché è un nome piccolino, fragile ma allo stesso tempo ti ricorda anche il Mago che tutto sa risolvere. I nomi e cognomi sono sempre di mia invenzione nei miei film, mi diverte tanto risolverli. Ma lui è più un merlo che piccolo che un eroe, non ha incantesimi per migliorare nulla, anzi. È un investigatore privato a cui chiedono solo di ritrovare animali domestici in fuga. È a buon mercato, per questo un attore squattrinato come Yuri lo sceglie per scoprire la relazione della moglie. Sono due sfigati.
Il finale è quasi politico. Di sicuro è un omaggio alla commedia classica.
Sì, quella dell’arte come quella all’italiana. Il finale è il momento più difficile e drammatico per noi sceneggiatori, lì si fa un bel pezzo del film e non puoi sbagliare. Volevo divertire, ma non consolare, volevo che i nostri perdessero, perché era giusto così, ma che non fossero solo degli sconfitti. E così l’atto di insubordinazione finale, che non raccontiamo perché dovete andarlo a vedere tutti (in parecchi l’hanno già fatto: più di 3 milioni di euro di incasso, dopo il primo week-end, ndr), è un modo per ribellarsi, pagando però comunque i propri errori. Un modo per irridere il Potere, quello corrotto e cinico. Con un gesto che lo seppellisca.
Sembrate due fratelli, a un certo punto.
La cosa ha stupito anche noi. Anche fisicamente siamo identici. Scarpe, spalle, forse io sono dimagrito di più ultimamente, ma l’abbiamo capito quando la costumista mi ha detto “io su di voi lavoro su una misura sola, se ho bisogno di un ricambio, Carlo, lo prendo dal camerino di Albanese”. Ma la sintonia è soprattutto umana e artistica, uno come lui non lo trovi facilmente. E poi è divertente sentire anche le nostre differenze, la mia romanità con la sua milanesità perché, a dispetto delle origini siciliane, uno più meneghino nei modi e nella forma mentis raramente l’ho visto. Sentire quel doppio binario tra amicizia e alleanza forzata è stato il motore di questa coppia. Fuori e dentro al set, persino nell’estate più calda che io ricordi e che ci ha reso il lavoro più faticoso.
A chi ha pensato scrivendo e girando L’abbiamo fatta grossa?
Ettore Scola, ci e mi manca tanto. È un film dalla parte dei deboli, come i suoi. Ci ho provato a seguire quel modo di pensare, a far sorridere e riflettere.
L’impressione è che questo sia solo il primo film della coppia Verdone-Albanese, vero?
Lo speriamo tanto, sarà il pubblico a decidere con il suo gradimento, il suo giudizio. Ma abbiamo già una mezza idea per il prossimo film insieme. Che non sarà il mio progetto che verrà subito dopo questo, ma quello immediatamente successivo. Già ci siamo divisi i ruoli.