«Posso capire molto bene cosa voglia dire crescere senza avere alcuna possibilità a livello economico: se non ci sono, i soldi diventano il principale freno alle tue potenzialità», afferma 50 Cent, in collegamento via Zoom da un salotto lussuoso e iper-tecnologico lontano anni luce dalla casa popolare di Jamaica, Queens, in cui è cresciuto.
Padre assente, madre single che di mestiere faceva la spacciatrice ed è morta in un incendio (probabilmente doloso) quando lui aveva appena otto anni, già alle elementari 50 spacciava crack di nascosto dai nonni, che lo avevano accolto in casa sua quando era rimasto orfano. Alle medie era passato ai narcotici e alla cocaina, girava armato e portava avanti in maniera parallela la carriera da rapper e quella da boss locale della droga. Entrambe le cose gli riuscivano parecchio bene, ma in un certo senso si annullavano a vicenda: dopo avere ottenuto un primo contratto discografico, per controversie legate al suo “mestiere” parallelo era finito vittima di un agguato e si era beccato nove proiettili, sopravvivendo per miracolo. La sua etichetta aveva deciso che era un rischio troppo grande avere un artista così nel suo roster, e lo aveva scaricato. Così aveva compreso che, se voleva arrivare da qualche parte nella vita senza più rischiarla, doveva scegliere: o lo spaccio o il rap. Il resto è storia. Una carriera sfolgorante, l’apertura di un’etichetta, sponsorizzazioni prestigiose, fino a trasformarsi in produttore e imprenditore a 360°.
Ultimamente la musica non è più il core business di 50 Cent: il suo ultimo album risale al 2014 (anche se si dice che sia già al lavoro sul prossimo). In compenso, si è fatto parecchio notare come produttore di serie tv di grande qualità e spessore, diventate un vero e proprio culto tra chi apprezza l’hip hop e non solo. È proprio questa la ragione per cui lo stiamo intervistando: il debutto italiano di Black Mafia Family, un progetto da lui fortemente voluto. Disponibile dal 26 settembre su Starzplay, con un nuovo episodio in arrivo ogni domenica, è ambientata a Detroit negli anni ’80 e racconta la vera storia dei fratelli Flenory, tra i creatori di una delle associazioni a delinquere più redditizie della storia del crimine afroamericano. Partendo dallo spaccio, Demetrius “Big Meech” e Terry “Southwest T” Flenory sono arrivati a riciclare i proventi delle loro attività illecite in molti altri business collaterali, e in particolare nella scena rap: negli anni ’90, all’apice della loro parabola, possedevano addirittura una rivista musicale specializzata (Juice Magazine) e un’etichetta discografica (BMF Entertainment). È proprio per questo che il rapper conosceva già nei dettagli la loro storia, «da ben prima che venissero incriminati, perché in ambito hip hop la loro è una specie di leggenda. A un certo punto sono stato contattato per valutare la possibilità di farne un film». Per lui, però, era una vicenda troppo importante per ridurla a un’ora e mezza di materiale, spiega. «Così, quattro anni e mezzo fa ho ottenuto i diritti sul soggetto e ho iniziato a sviluppare il progetto di una serie tv. C’è voluto parecchio tempo perché vedesse la luce con la cura e l’attenzione che pretendevo».
Le aspettative sono veramente molto alte e difficilmente saranno deluse, perché 50 Cent si è rivelato un produttore tv addirittura più perfezionista e oculato di quanto lo sia stato come rapper. Lo dimostra il fatto che la sua serie precedente, Power – dove recita anche in uno dei ruoli principali, anch’essa co-prodotta insieme a Starz e presente nel catalogo della neonata Starzplay – è universalmente considerata uno dei migliori prodotti televisivi nel suo genere. Il protagonista di Power è James St. Patrick, all’apparenza un integerrimo imprenditore e padre di famiglia, proprietario di alcuni dei locali notturni più lussuosi e rispettabili di New York, ma segretamente re dello spaccio cittadino con lo pseudonimo di Ghost. Gestire la facciata di rispettabilità con l’FBI senza perdere il controllo del lato oscuro dei suoi affari è un’impresa complicatissima, e man mano che la posta in gioco si alza diventa sempre più complicato gestire le istanze di chi lo circonda: la moglie, l’amante, i figli, il socio in affari. In fondo, sono le stesse premesse attorno a cui ruota BMF: come fare soldi, e come cambia il tuo rapporto con gli altri all’aumentare o al diminuire del capitale. «Quando non ce li hai, è come se tutti gli altri problemi non esistessero neppure, e quando ce li hai, all’improvviso scopri di avere altri problemi, di quelli che non ti immaginavi neanche potessero sorgere», riflette. «Ma a quel punto non ti importa più. Ti senti improvvisamente legittimato a fare qualsiasi cosa, perché è come se il denaro fosse il seme che fa crescere tutto il resto. Ed è quella la parte più spaventosa, perché spesso le persone che hai intorno si aspettano che tu faccia di tutto per mantenere lo status quo».
La maggior parte delle vicende raccontate in BMF, racconta 50 Cent, sono storie di vita vissuta, a partire dal complesso rapporto che intercorre tra i membri della famiglia Flenory. Merito dello showrunner Randy Huggins, dice generosamente il rapper: «Era anche uno degli sceneggiatori originali di Power, perciò avevamo già lavorato a stretto contatto. Inoltre è di Detroit, quindi conosceva bene le vicende che sono al centro della serie. È riuscito a dare le giuste sfumature al racconto, a calarlo nell’atmosfera dell’epoca». L’intera sceneggiatura è stata preparata in anticipo, prima ancora di iniziare a girare, come di solito si fa con i film, anziché procedere per episodi come nelle serie tv. L’accento, più che sulla parabola criminale in sé, viene posto su quello che 50 definisce «lo spirito imprenditoriale» di due fratelli nati in mezzo al niente, e sui dilemmi che si trovano ad affrontare.
«Non occorre essere dei gangster per godersi la serie, così come non occorre essere cresciuti nelle favelas della Colombia per godersi Narcos. Ci sono molti temi universali in cui la gente si potrà riconoscere», afferma convinto. «La tensione tra la fede religiosa e la vita di strada, ad esempio. Il rapporto conflittuale tra i genitori su come educare i figli. La relazione tra fratelli, in cui c’è il più grande che scalpita perché vuole crescere in fretta, e il più piccolo che arranca per cercare di stargli dietro. E la stessa situazione che si ribalta, quando il maggiore si rende conto che deve anche cercare di essere di esempio per il minore, se non vuole che la situazione degeneri». Capita in tutte le migliori famiglie, insiste 50 Cent. «Qui, però, osserviamo una dinamica ancora più drammatica: quella di due genitori che si ritrovano a dover gestire due figli profondamente simili ma anche profondamente diversi, e che si chiedono se non sia troppo tardi per provare a salvare almeno il secondo, Terry, da una vita che sembra segnata. In realtà è già troppo tardi, ma lo scopriranno solo più avanti…», ride.
Se col passare degli episodi i personaggi saranno sviluppati in maniera incisiva e convincente quanto quelli di Power (e dalle premesse si direbbe proprio di sì), siamo di fronte a un prodotto che potrebbe segnare profondamente l’immaginario collettivo di tutti i fan del rap, ma non solo. Power, nel suo piccolo, è stato un trionfo, tanto che 50 Cent ha convinto Starz che «non si tratta di una semplice serie, ma di un universo espanso, come quello della Marvel». Letteralmente: arrivata a conclusione nel 2020 con la quinta stagione, finora ha generato ben tre spin-off, e un quarto entrerà in lavorazione nei prossimi anni. «Sentivo che alcuni personaggi e alcuni scenari meritavano di essere trasformati in storie a sé stanti», spiega. «Power Book II: Ghost è a tutti gli effetti il seguito della serie originale, anche perché la narrazione comincia sette giorni dopo il finale dell’ultima stagione. Ha un nuovo protagonista, Tariq, il figlio maggiore di Ghost, e affronta nuovi temi con una nuova energia: cerca di rivolgersi a un pubblico più giovane, quello che guarda contenuti soprattutto sul telefonino».
Anche quest’ultima è già disponibile per il pubblico italiano, mentre è attualmente in onda in America Power Book III: Raising Kanan, che è invece un prequel incentrato sul personaggio interpretato da 50 Cent. «Parla di una New York profondamente diversa sul piano culturale. Quella in cui sono cresciuto io, negli anni ’90, in cui la maggior parte dei palazzi aveva le finestre rotte. Un periodo che ha cambiato tutto: la musica, l’abbigliamento… Abbiamo cercato di catturare quell’atmosfera così difficile, ma anche così magica». Debutterà invece negli Usa a inizio 2022 Power Book IV: Force. «Per continuare la metafora della Marvel, per me questo spin-off è il nostro Iron Man» sorride il rapper. «Nell’arco di tutte le stagioni di Power c’è un solo personaggio che non ha mai voluto cambiare vita, ed è Tommy, il socio di Ghost. Il suo ragionamento è semplice: “Questa è l’unica cosa in cui sono bravo, e quindi continuerò a farla”. Sarà lui a essere il perno attorno a cui ruota la storia». Quanto a Power Book V: Influence, si sa solo che dovrebbe essere una serie di stampo molto più politico e che probabilmente vedrà la luce nel 2023.
Senza voler spoilerare nulla, perché i fatti sono già noti: attualmente i due creatori della Black Mafia Family, i fratelli Big Meech e Southwest T Flenory, stanno scontando una condanna a trent’anni di galera per traffico di cocaina. Il loro impero si estendeva in undici Stati, generava un movimento di circa 2500 kg di droga al giorno e impiegava oltre 500 persone, oltre ai dipendenti delle attività lecite. Si stima che i loro profitti, negli anni, si siano aggirati attorno ai 270 milioni di dollari, di cui solo 21 milioni in beni sono stati recuperati dalle autorità all’atto del loro arresto nel 2005. Southwest T è stato posto agli arresti domiciliari nel 2020 perché la sua salute era a rischio a causa dell’epidemia di Covid, mentre Big Meech è ancora dietro le sbarre. A interpretare il suo ruolo all’interno della serie, a fianco di comprimari d’eccezione come Snoop Dogg e Eminem, sarà proprio suo figlio, Demetrius Flenory Jr., il che fa presumere che (nonostante l’assenza di dichiarazioni ufficiali) la famiglia Flenory sia tutt’altro che infelice di questo tributo televisivo.