Camille Cottin arriva a Milano dalla «sarabande», parola sua, del Marrakech Film Festival, ci è stata da giurata, «ed è un’altra parte molto divertente del mio lavoro fare la spettatrice, vedere film da tutto il mondo, scoprire cose nuove». Per tutti è la Andréa di Dix pour cent, cioè Chiami il mio agente!, la serie sul cinema che ha reso cool il cinema anche da noi (vedi il remake Call My Agent – Italia), e che le ha dato il ruolo della svolta. Ma di questo le chiederò conto più tardi.
Il 28 dicembre esce nelle sale italiane Ricomincio da me, titolo originale Toni, en famille, opera terza del giovanissimo (24 anni) Nathan Ambrosioni cucita addosso a uno dei volti più interessanti, in tutti i sensi, del cinema francese, ora spesso preso in prestito da grandi produzioni internazionali (La ragazza di Stillwater, House of Gucci, Assassinio a Venezia). È la storia di Toni, è una di quelle storie di fronte a cui dici “è proprio un film francese”. Quarantenne o poco più, Toni è una one hit wonder anni ’90, una sola canzone di successo (molto divertente la scena del karaoke) e poi basta, si è messa a fare la mamma e il tempo è passato. Ora che i figli sono grandi, tutti o quasi, pensa che potrebbe fare qualcosa solo per sé, rimettersi a studiare, chissà.
È una sorta di character study per cui servono un regista/sceneggiatore e un’attrice giusti, altrimenti lo studio non riesce. «È quello che mi colpisce di più, quello che cerco nel cinema di oggi», dice Cottin. «Ritratti di donne come questo, e il fatto è che questi personaggi sono quasi sempre scritti da donne. Nei film dei registi maschi ci possono anche essere personaggi femminili interessanti, ma spesso sono ruoli secondari, o sono dei prototipi, degli stereotipi. Perciò quando ho letto questa sceneggiatura ero molto curiosa di incontrare Nathan, scoprire chi era, cosa l’avesse ispirato».
«Ho scritto il ruolo pensando a Camille», mi dice lui, che le sta accanto. «La seguivo da quando ha iniziato a fare film, ma non la conoscevo personalmente. È un’attrice favolosa, ero sicuro che avrebbe portato in Toni tante sfumature sottili. Ma Camille ci ha messo anche la sua tenerezza, che è diventato un tratto fondamentale del personaggio. Fin dal primo giorno di riprese ho capito che Toni sarebbe stata diversa da quella che mi ero immaginato, ma Camille è stata ancora più Toni di quella che avevo scritto. I grandi attori e le grandi attrici sono così, ti fanno imparare delle cose dei tuoi personaggi, cose che nemmeno pensavi».
Tra quelle sfumature sottili di cui parla Nathan c’è il ritratto che Camille fa della maternità. Toni è una madre che fa scelte anche impopolari, che pensa (anche) a sé. «Anche le madri al cinema sono spesso degli stereotipi», osserva Cottin. «Nathan invece ha voluto raccontare una maternità diversa, una voglia di emancipazione. Quello della madre è un ruolo che Toni ha onorato: non che adesso non ne abbia più bisogno, ma è ancora giovane, ha tanta energia e tanti desideri, e allora… voilà, fa delle scelte. E quello che mi piace di lei è che non c’è nessuna rivendicazione, anzi, mantiene tanti dei suoi sensi di colpa. È solo l’idea ottimistica di poter andare avanti, di cambiare rispetto a quello che si è e che si è stati… è un ruolo, dicevo, molto sottile, e per questo molto difficile».
E veniamo a Dix pour cent. «Non so di cosa tu stia parlando». Ride. Le parlo della versione italiana, le dico che sono stati bravi. «Sono felice, ho fatto anch’io dei remake e so quant’è difficile mantenere la stessa energia, lo stesso tono». Le chiedo se l’ha visto. «No, e nemmeno quello inglese». Che però è bruttarello, aggiungo io. «Davvero? E invece in quello italiano chi c’è?». Paolo Sorrentino. «Wow!». Favino. «Uhm, non lo conosco». Nella prossima stagione Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi. «Fantastiche!». E Sabrina Impacciatore. «Uh, lei sì la conosco, mi piace».
Chiami il mio agente! ha davvero cambiato la sua traiettoria? «Mi ha permesso di essere più conosciuta a livello internazionale, quello sì, di non lavorare solo in Francia. Ed era una cosa che speravo, perché parlo l’inglese, perché volevo fare nuovi incontri, viaggiare». Quegli incontri faranno anche sentire un po’ starstrucked, insomma ti trovi sul set accanto a Matt Damon, o Lady Gaga, o Kenneth Branagh… «e sì, mi emoziona, perché spesso sono persone di cui ammiro il lavoro da tanto tempo. Ma quando lavoro con Nathan su un ruolo come quello di Toni sono “dentro” al 100%, concentratissima. E poi è vero, magari ti ritrovi a lavorare con idoli come Ridley Scott o Kenneth Branagh, ma in film molto più corali. In un film come Ricomincio da me stai molto più vicino a chi ha scritto quella storia, è un tipo di collaborazione che per me conta tantissimo».
Se c’è un tratto che accomuna Toni e Andréa, è di sicuro la libertà. «Credo sia quello a renderla così speciale, e così amata dal pubblico. Sono donne libere, sì, e sono una salvezza soprattutto per il pubblico femminile. Dà una grande forza vedere donne che non hanno paura di essere sé stesse, che sono anche fragili ma non si scusano mai per quello che desiderano. In Andréa l’omosessualità non è un tema, il problema è restare fedele, poi chi se ne importa su chi rivolge il suo desiderio. E questo è moderno. È bello».