«È come Mare fuori, solo che siamo tutti un po’ più educati e il carcere è il nostro ufficio». È Gianluca Colucci, aka “Fru, il sexy Fru”, a proporre la miglior sintesi di Pesci piccoli – Un’agenzia. Molte idee. Poco budget: la nuova serie di Prime Video, la prima 100% The Jackal. Come lo stesso collettivo tiene a ribadire, è infatti l’unico titolo seriale che sia stato prodotto, girato e ideato interamente da loro (quindi, se non vi piace, sapete a chi citofonare): lo trovate sulla piattaforma dall’8 giugno. I protagonisti sono i The Jackal, tutti presi in blocco, più una new entry sconosciuta, nel senso che è un’esordiente assoluta: l’attrice Martina Tinnirello, nei panni di Greta. Insieme raccontano quello che conoscono meglio, ossia il mondo delle web agency. E no, non sarà come ve lo aspettate. Primo: siamo a Napoli e non a Milano. Secondo, siamo a Napoli ma queste persone lavorano, h24, chiuse in ufficio. E mangiano piadine. Sì, avete capito bene: mangiano delle dannate piadine al posto della pizza. Un misfatto che Ciro e Fru confessano senza colpo ferire.
Vi siete dati alla tv verità?
Ciro: Sicuramente abbiamo voluto aprire una finestra su un mondo lavorativo, come quello delle web agency, poco raccontato. In questo caso parliamo di una piccola realtà di provincia, che tratta clienti minori. La stessa Napoli viene ritratta in modo diverso: non ci sono il mare, la pizza e la criminalità, ma un ufficio, le piadine e della gente alle prese con gli inglesismi. È una Napoli che esiste, semplicemente è meno conosciuta.
Fru: Lavoriamo nel web e nel digital marketing da tanto tempo e moltissime cose che vedrete nella serie sono ispirate a fatti realmente accaduti. Per esempio la bowl delle merendine è davvero presente nel nostro ufficio. Teniamo sempre un piede nella verità…
Nella seconda puntata, Fru, ti improvvisi voice over, commentando con un microfono quello che stanno facendo e dicendo i colleghi. Non dirmi che lo fai per davvero?
Fru: Sì. Ho sempre desiderato poter manipolare i miei amici: umiliarli, deriderli, obbligarli a fare quello che voglio io… Quando sono esplose le stories su Instagram mi sono messo a filmarli commentando ad alta voce quello che facevano. E il bello è che loro mi davano retta! Se dicevo: “Era una brutta giornata per Ciro, che decide così di aprire la finestra e farla finita…”, lui lo faceva.
Si è buttato?
Fru: Sì, sì! Per fortuna siamo al piano terra… però capisci?!? Sono loro che hanno bisogno di me e della mia guida!
Ciro, tu invece nella serie scrivi in maniera compulsiva “Michele” sul taccuino. Non dirmi che pure tu…
Ciro: Anche questo è vero. È una cosa che mi porto addosso fin da quando ero piccolo. Il fatto è che ero – e lo sono ancora – un grande fan di Freddie Mercury, solo che non sapevo bene come si scriveva il cognome. Così, per non fare brutta figura, scrivevo Michele anziché Mercury. E mi è rimasto…
Tra le verità scomode c’è anche quella di Fru, che nella serie si presenta come “Fru, il sexy Fru”: Gianluca, è giunta l’ora di rivendicare il tuo posto tra i grandi sex symbol della Terra?
Fru: Quando sei un sex symbol richiesto come me, devi tirartela molto. Concedersi è sempre una sconfitta. Tuttavia, in questa serie ho voluto esserci.
In tutto questo, quindi, chi fa davvero i soldi grazie ai The Jackal sono i vostri psicologi?
Entrambi: Direi di sì.
Anche voi, come agenzia creativa, avete iniziato dal sottobosco della provincia per poi esplodere a livello nazionale. Dopo il grande salto, le pretese dei clienti sono diventate meno assurde?
Fru: Le dinamiche sono sempre le stesse: dalle grandi star agli influencer che si comprano i follower.
Ciro: Talvolta le richieste sono persino più assurde…
I vostri branded content sono sempre più numerosi. Finalmente anche l’Italia, come l’America, ha capito che l’ironia è un acceleratore comunicativo?
Fru: Lo speriamo. In America è un approccio pubblicitario molto più radicato, anche per ragioni culturali, però anche da noi adesso sta prendendo piede. L’online tra l’altro si presta molto bene a queste operazioni: i social e l’abbattimento dei filtri promuovono naturalmente una cifra più autoironica.
Capitolo “improvvisati”: quanti ce ne sono tra i content creator?
Ciro: Purtroppo molti influencer diventano famosi per poco e niente, o comunque tendono a riproporre sempre la stessa cosa. Finiscono quindi in una bolla destinata a esplodere. Per questo, come The Jackal, ci siamo sempre impegnati a tenere i piedi ben saldi per terra e stiamo sempre attenti a evolvere e crescere, facendo ogni volta cose nuove.
Quelle ne fate in abbondanza: solo nell’ultimo anno abbiamo visto almeno uno sciacallo (spesso pure due) in Celebrity Hunted, Name That Tune, il film Beata te, Prova prova sa sa, LOL – Chi ride è fuori, e prossimamente Fru presenterà Italia’s Got Talent su Disney+ con Aurora. Non sarà un po’ troppo?
Ciro: Se si ha un contenuto da proporre, non c’è il rischio di sovraesposizione: questo scatta nel momento in cui si è un pesce fuor d’acqua all’interno di un certo contesto. Noi ci preoccupiamo sempre di fare progetti pertinenti, dove portare il nostro contributo e la nostra cifra.
Fru: Nemmeno io temo l’esposizione. La nostra casa resta quella dei The Jackal, però i lavori in solitaria ci aiutano a tirare fuori le nostre personalità, a emergere anche come singoli. Sono felice che ci siano parecchi sciacalli in giro.
Però ormai vi manca solo di dire messa…
Fru: Arriverà, prossimamente. Stiamo scegliendo la religione.
Possiamo dire che ora siete dei pesci grossi?
Ciro: Questo mai, e credo sia la nostra forza. Ci sentiamo sempre come se fosse “la prima volta”: di una serie come questa, o di uno show… questa adrenalina del nuovo ci fa sentire vivi. Personalmente spero di non svegliarmi mai un giorno e sentirmi un pesce medio.
Fru: Ti rendi conto? Non ha manco il coraggio di dire “grosso”….
Quando avete svoltato?
Ciro: Sicuramente Gli effetti di Gomorra sulla gente ha segnato un punto importante all’interno del nostro percorso: è stato il contenuto più pop e trasversale, che ci ha fatto conoscere al grande pubblico. Da quel momento ci sono arrivate proposte importanti come il film, le serie, i programmi.
In passato avete dovuto combattere con l’idea che chi veniva dal web non era in grado di reggere il salto verso il piccolo o il grande schermo: è un pregiudizio che scontate ancora?
Fru: No, adesso è diverso anche perché ormai tutto viene anche dal digital: non c’è programma, prodotto o progetto che non abbia una controparte online.
Ciro: Se prima la gavetta del web era un fardello, ora si è finito per cadere nell’atteggiamento opposto: si propongono con leggerezza progetti impegnativi a profili di artisti che, onestamente, non meriterebbero tanta visibilità. Si tratta naturalmente di un parere del tutto personale…
Nella seconda puntata di Pesci piccoli si parla di uno spot legato alle mestruazioni. Un tema che avete trattato anche nella realtà, sebbene non su commissione: ai vostri esordi, realizzaste la parodia dello spot della Lines, quello con “la ragazza che fa la ruota”. Anche in questo caso, come nella serie, vi dissero che eravate dei geni?
Fru: Secondo me segretamente lo hanno pensato.
Ciro: No, però sogno di incontrare, un giorno, l’AD della Lines e raccontare ai miei figli che mi ha fermato per stringermi la mano. In quel video abbiamo semplicemente detto quello che tutti, di fatto, pensavano guardando quel celebre spot. Che è poi la filosofia dei The Jackal: dire – o fare – quello che altri non hanno il coraggio di ammettere.
Tra queste c’è anche l’aver preso a schiaffi Achille Lauro in Pesci piccoli. È vero che, dopo aver ricevuto il ceffone, Lauro ha detto: “Un po’ mi è piaciuto”?
Fru: Come rappresentante degli uomini sexy, non posso rilasciare dichiarazioni a nome del collega…
C’è mai stato un talent che, sentendo la vostra proposta di cameo, non se l’è sentita e si è tirato indietro?
Fru: No, anche perché spesso siamo stati corteggiati più che corteggiatori.
E da corteggiati, avete rifilato qualche due di picche?
Fru: È capitato che abbiamo deciso di rinunciare a qualche cameo ma sempre e solo per ragioni editoriali, mai personali. Se l’artista è troppo lontano dal nostro mondo, preferiamo non collaborare.
Quindi avete detto di no alla Meloni?
Ciro: Sia messo a verbale che non abbiamo mai detto una cosa del genere (ride, nda).
Come mai manca Fedez tra le guest star di Pesci piccoli?
Fru: La scelta non è mai legata al nome o alla risonanza che può avere quell’artista: la sua partecipazione deve essere organica al racconto. Con Fedez avevamo già collaborato in passato, ma in questo caso non era un nome funzionale alla storia. Però magari nelle prossime puntate… anche perché noi ci auguriamo di poter avere chiunque, da Morgan Freeman a Giuggiolone di Buongiorno Pescheria.
La serie insiste sul mostrare la forza del gioco di squadra. Ma i social non erano la terra dei personalismi?
Fru: Anche dietro alla campagna digital più piccola e banale c’è sempre un sacco di gente che ci lavora, litiga e si confronta. Anche noi, soprattutto all’inizio, davamo l’idea di essere tre amici con un telefono in mano, invece siamo un’agenzia strutturata, di oltre venti persone.
Ciro: Anche dietro a una fuoriclasse come la Ferragni c’è una squadra.
Chiudo con una domanda doverosa: dove si compra la maglietta “Va a farti rovere”?
Fru: Abbiamo tantissime idee di merchandising. Ne sto sviluppando diverse personalmente, anche su canali più loschi, dove vendo merce precedentemente indossata da me.
Ma non chiedevo le tue mutande: mi bastava la maglietta…
Fru: Il catalogo è ricco!