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Com’è nato il film di ‘Super Mario Bros.’, raccontato da creatore e compositore del videogame originale

Le leggende della Nintendo Shigeru Miyamoto e Koji Kondō spiegano perché è necessario guardare il cartoon almeno cinque volte per catturare davvero tutto
Shigeru Miyamoto e Koji Kondō

Foto: Alex J. Berliner/Abimages, 2; Alamy

Sono passati quarant’anni da quando Mario ha fatto il suo esordio come eroe del classico da sala giochi del 1981 Donkey Kong, anche se all’epoca era noto semplicemente come “Jumpman”. Da lì il suo culto è esploso: è apparso in oltre 200 videogame, in un cartone animato che andava in onda il sabato mattina, e (adesso) in due film per il grande schermo. E il successo di Donkey Kong non ci ha regalato solo una superstar, ma ben due: c’è anche il suo creatore, Shigeru Miyamoto.

Miyamoto è il cervello non solo dietro Super Mario Bros. ma anche Zelda, Star Fox e Pikmin; è stata la forza creativa e “filosofica” che ha guidato la Nintendo per decenni; ha raggiunto lo status di icona come forse nessun altro nell’industria del gaming. Ma non ha fatto tutto questo da solo. Fin dai tempi di Mario (era il 1985), Miyamoto ha costantemente collaborato con il compositore Kōji Kondō, i cui arrangiamenti per tastiera sono diventati dei riferimenti in termini di eleganza, semplicità e tormentoni che hanno accompagnato intere generazioni.

I corrispettivi più pertinenti per i due, nell’industria del cinema, potrebbero essere Walt Disney (Miyamoto) e John Williams (Kondō). Sono stati pionieri nel design e nell’art direction dei videogame; e hanno costruito le fondamenta di Nintendo attraverso personaggi e musiche entrate prepotentemente nella pop culture. Non si sono fermati qui. Il nuovo film di Super Mario, record al box office mondiale (solo in Italia ha incassato più di 8 milioni di euro nel weekend di Pasqua, ndt), è stato possibile anche dalla presenza più o meno diretta di Miyamoto e Kondō. Il primo, come aveva fatto di recente con il parco a tema dedicato a Mario, ha garantito che l’eredità del brand fosse mantenuta intatta, lavorando fianco a fianco con il team di animatori della Illumination (la casa di produzione del film, ndt) per trovare la giusta chiave visiva e narrativa. Il secondo, collaborando direttamente con il compositore Brian Tyler, ha regalato il suo expertise e, soprattutto, gli arrangiamenti che, per quasi quarant’anni, hanno reso il videogame inconfondibile.

Rolling Stone li ha incontrati dopo la première del film a Los Angeles.

Perché era il momento giusto per riportare Super Mario Bros. sul grande schermo?
Miyamoto: Diciamo che il momento è arrivato dieci anni fa: fino a quel punto, Mario era stato creato specificamente per i videogame, non era previsto nessun “allargamento” oltre i confini del gioco. Per questo non avevamo aggiunto troppi dettagli sul personaggio, cose tipo “Qual è il suo cibo preferito?”, “Ha una sorella?”, eccetera. Tutte quelle domande non erano necessarie. Ma se si deve pensare a un film, queste informazioni diventano fondamentali. Ed è stato proprio dieci anni fa che abbiamo iniziato a pensare a come far entrare la gente nel mondo Nintendo non solo attraverso i giochi. Insieme al signor Iwata (attuale CEO di Ninendo, ndt), abbiamo deciso che volevamo trovare un approccio nuovo rispetto ai nostri giochi e personaggi; e di questo approccio avrebbero fatto parte film, parchi tematici, e tanto altro.

Perché Illumination era lo Studio con cui collaborare?
Miyamoto: Dopo quella decisione, abbiamo discusso con tanti possibili partner, finché non abbiamo incontrato Chris (Meledandri, fondatore e amministratore delegato della casa di produzione, ndt). Parlando con lui, abbiamo capito che le nostre filosofie erano molto simili, perciò abbiamo capito che sarebbe stato un ottimo match. Ci siamo detti: lavoriamo insieme per creare qualcosa di nuovo. Da lì l’idea di fare un film: una volta stabilito quello, il processo è stato relativamente semplice. In tanti, negli anni precedenti, ci hanno detto: “Se volete fare un film, vi diciamo noi come svilupparlo”. Poi abbiamo capito che, appunto, dovevamo cambiare l’approccio: abbiamo iniziato a pensare che il progetto sarebbe dovuto partire da noi. Chris non ci ha mai detto: “Dài, facciamo un film su Mario!”; ci ha detto invece: “Facciamo qualcosa di nuovo”. E quel cambio di prospettiva, insieme al nostro nuovo approccio, ha reso questa collaborazione davvero proficua.

Courtesy of Nintendo

Invece, Kondō, qual è stata la tua esperienza accanto al compositore Brian Taylor?
Kondō: Tutta la musica per il film, dall’inizio alla fine, è stata ovviamente composta da Brian. Volevo tutti che lui avesse il controllo totale. Il mio contributo è stato fornirgli tutta la musica originale del gioco, che poteva stare bene con alcune delle scene del film che avevo visto. Brian ha seguito alcuni di quei suggerimenti, e poi ha aggiunto parti diverse. Ha riarrangiato certi temi originali in modo che potessero combaciare con la nuova visione del film. Io non ho mai dato istruzioni precise, del tipo: “Per favore, usa questa musica in questa scena”. Non mi interessava che gli spettatori sentissero per forza la musica del videogioco, se non si adattava a una determinata sequenza del film. Ho dato soltanto i miei consigli, e Brian è stato capace di utilizzarli ma sempre nell’economia generale della partitura. Il risultato, a mio avviso, è davvero straordinario.

C’è anche un ottimo equilibrio tra musiche originali e canzoni molto famose scelte per la colonna sonora.
Kondō: È stata una scelta dei registi. E penso che anche quella sia stata una scelta intelligente per la riuscita del film.

Avresti voluto delle canzoni specifiche all’interno del film?
Kondō: No! Avrei voluto crearle io! (ride)
Miyamoto: Avremmo voluto scrivere davvero delle canzoni originali appositamente per il film. Ma c’erano scene in cui vedevamo anche noi che alcuni brani già esistenti funzionavano meglio, perciò sono stati utilizzati quelli. Un’altra cosa all’inizio che ci sarebbe piaciuta era che ci fosse solo musica strumentale, senza canzoni vere e proprie: ma avrebbe annoiato gli spettatori. Perciò abbiamo optato per la presenza di canzoni, che avrebbero potuto variare un po’ la colonna sonora.

A quel punto, c’è stato un dibattito sulla decisione di riportare The Plumber Rap o The DK Rap?
Miyamoto: In realtà è stato deciso proprio all’inizio, sia dallo sceneggiatore che dal regista. E da parte nostra c’era molta nostalgia, dato che abbiamo fatto parecchie PR a New York per scovare quelle tracce. Penso che sia stata una decisione piuttosto unanime.

Courtesy of Nintendo

C’è una scena all’inizio del film che replica lo scorrimento laterale di un gioco tradizionale di Mario. Quali sono state le difficoltà nel portare sullo schermo quel tipo di linguaggio visivo?
Miyamoto: Quando parliamo di videogame di Mario, si parte sempre dall’esperienza di gioco e per questo ci sono parecchie difficoltà. Ci siamo confrontati con quell’idea astratta e ricrearla è stato davvero complesso. Ma siamo riusciti a realizzare alcune scene che catturassero davvero quella sensazione. Come dicevi, la prima sequenza in cui corrono per strada o anche quel percorso che sembra fatto da Mario Maker… mentre finalizzavamo quelle parti, ci siamo resi conto che, anche se abbiamo utilizzato solo aspetti che sono familiari a chi ha giocato ai videogame come gli asset, siamo stati in grado di creare qualcosa che fosse convincente e bello. E poi è diventato tutto molto più facile da gestire e da pensare.

Nel film Bowser è doppiato da Jack Black con un mood un po’ alla Neil Diamond, da anima tormentata. Se la versione del videogioco di Bowser fosse un musicista, che tipo sarebbe?
Kondō: Penso davvero che Bowser sia un personaggio a più livelli a seconda del gioco di cui parliamo, è in armonia con il contesto.
Miyamoto: Quando è nata l’idea di Bowser che suonava il piano, abbiamo pensato: “Quanto deve essere grande uno strumento per lui? Le sue mani rimarranno intrappolate nei tasti? Riuscirà a suonare quelli giusti?”. Ma tutti questi dubbi e domande ci sono venuti solo dopo aver immaginato Bowser seduto davanti al pianoforte.

Una delle aggiunte più sorprendenti al film è il fatto che Mario e Luigi hanno una grande famiglia. Qual è stato l’approccio per introdurre quei personaggi?
Miyamoto: Abbiamo cercato di non aggiungere dettagli che non fossero necessari per i videogiochi. Ma abbiamo pensato che fosse molto importante il fatto che ci fossero altri immigrati italiani che vivono a Brooklyn, nella stessa casa, con un’atmosfera familiare. E circa vent’anni fa un illustratore di nome Yōichi Kotabe aveva disegnato un diagramma della famiglia di Mario e Luigi: ci siamo basati su questo, Illumination l’ha preso e ci ha aggiunto il suo tocco. La mamma e il papà di Mario erano basati su vecchissime illustrazioni che avevamo. Una volta deciso questo, abbiamo pensato: “Come si inseriscono i fratelli nella loro famiglia? E qual è il rapporto di Mario con suo padre e sua madre?”. Quindi, in un certo senso, questo ha anche avuto un impatto su quale sarebbe stata la relazione di Cranky Kong con Donkey Kong. Poi c’era questa coppia ricca, la mamma e il papà di Francis the Dog; e pure Pauline. Ma alcuni dei personaggi che appaiono sullo schermo sono probabilmente gli unici “nuovi” che abbiamo creato. Tutto il resto arriva in qualche modo da quello che c’era già.

Courtesy of Nintendo

Mario esiste da oltre quarant’anni e il film fa riferimento a tutto, da Spike di Wrecking Crew alle Luma di Super Mario Galaxy. Come avete deciso a quali epoche della storia di Mario ispirarvi?
Miyamoto: Prima di tutto, in termini di personaggi, siamo stati molto fortunati perché i registi, lo sceneggiatore, praticamente l’intero staff di Illumination sono preparatissimi e amano Mario. Probabilmente ne sanno anche più di me. Le persone hanno messo a disposizione le proprie risorse e si sono scambiate le loro conoscenze nei diversi ambiti. Il film è una combinazione di quarant’anni di contenuti e delle idee di questo team di super fan. In pratica l’unico problema è stato cercare di mettere insieme tutto. Menzionavi Spike di Wrecking Crew. Lo spunto è venuto fuori e abbiamo pensato: “Potrebbe essere divertente”. Un altro esempio: stavo pensando che avremmo dovuto collocare Donkey Kong da qualche parte a New York, ma l’idea di metterlo invece nel suo mondo, nel Regno dei Funghi, è stato un grande passo. Non potevamo averci pensato noi. E poi ci sono innumerevoli Easter eggs, dovrete guardarlo più di cinque volte per rendervi conto di tutto.
Kondō: Ci sono pure un sacco di effetti sonori e sono integrati nella musica.
Miyamoto: Ne abbiamo forniti al team più di un centinaio. Anche per il suono del salto di Mario, nella versione giapponese, c’è una voce diversa per ogni singolo “wahoo!” Nel gioco, di solito, è la stessa voce. Sì, ci siamo divertiti parecchio.
Kondō: Penso che sarebbe interessante vedere quante persone se ne accorgeranno, quando Luigi riceve una telefonata, che la suoneria… ecco, non so se l’hai notato. È l’effetto sonoro potenziato per GameCube.

Siamo in un momento nella cultura pop in cui gli adattamenti dei videogiochi vanno alla grande. Cosa ne pensate e qual è il posto di Nintendo in questa tendenza?
Miyamoto: Penso che Nintendo, una volta diventata popolare, voglia sempre fare qualcosa di diverso. Quindi spero che non diventi così popolare (ride)! Perché, almeno per ora, vogliamo davvero concentrarci sul nostro lavoro in questo film.

Ora Mario è un divo del cinema, Bowser è una rockstar. Sono pronti per una cover di Rolling Stone?
Miyamoto: Oh sì, ci piacerebbe tantissimo!

Da Rolling Stone US

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