Come Timothée Chalamet ha imparato a suonare la chitarra per ‘A Complete Unknown’ | Rolling Stone Italia
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Come Timothée Chalamet ha imparato a suonare la chitarra per ‘A Complete Unknown’

Il lavoro nel film in cui interpreta Bob Dylan – e le recenti esibizioni al ‘Saturday Night Live’ – dimostrano il talento da musicista dell’attore. Ma dietro ogni grande performance c’è un grande insegnante: Larry Saltzman. Che ha cominciato la sua carriera di coach grazie a una certa Meryl...

Come Timothée Chalamet ha imparato a suonare la chitarra per ‘A Complete Unknown’

Timothée Chalamet è Bob Dylan in ‘A Complete Unknown’

Foto: Searchlight Pictures

Larry Saltzman non è un insegnante di chitarra: è un professionista di alto livello che è stato in tournée con Simon & Garfunkel, ha suonato nella house band del Saturday Night Live e ha fatto da spalla ad artisti come Jewel, Darlene Love e Céline Dion. Negli ultimi dieci anni, però, ha lavorato come tutor di attori di Serie A, e di recente ha portato Timothée Chalamet da un livello di conoscenza della chitarra prossimo allo zero al punto di essere in grado di suonare davvero come Bob Dylan per la sua performance appena nominata all’Oscar in A Complete Unknown – e di fare il “doppio lavoro” come conduttore e ospite musicale del SNL. «Timothée non ha mai voluto prendere la strada più facile», dice Saltzman. «Se c’era una scorciatoia, non voleva saperne».

Timothée Chalamet: Tomorrow Is a Long Time (Live) - SNL

Come hai iniziato a insegnare la chitarra agli attori?
La mia amica [violinista] Sandy Park mi aveva suggerito come insegnante di chitarra di Meryl Streep per il film [del 2015] Dove eravamo rimasti. La telefonata è stata una cosa tipo: “Ehi, abbiamo sentito che sei un insegnante di chitarra. Ti interessa farlo con un’attrice?”. Io ho risposto: “Be’, non sono un insegnante a tempo pieno. Probabilmente potrei indirizzarvi verso qualcuno di più valido”. Ma loro hanno pensato che un’attrice sarebbe stata più a suo agio con me che con qualcuno che ha solo studenti che vanno e vengono tutto il giorno. Non ero alla ricerca disperata di un ingaggio. Ho imposto loro ogni tipo di regola. Ad esempio: “Non posso farlo a una determinata ora ogni settimana. L’attrice deve essere flessibile in termini di orari”. E loro mi hanno assecondato in tutto. Poi la quinta telefonata è stata: “Adesso ti diciamo chi è. Non dirlo a nessuno, perché se lo dici alla persona sbagliata, questa lo dirà a qualcun altro e i paparazzi lo scopriranno. L’attrice vuole presentarsi a casa tua ogni lunedì mattina alle 11 per i prossimi mesi”.

Come è nato il lavoro con Timothée Chalamet?
È stata la stessa cosa. Non mi hanno detto chi era. Fanno questi accordi di riservatezza perché non vogliono che la gente ne parli. Non sono su Facebook, non ho niente del genere. Dopo quattro o cinque telefonate, alla fine mi hanno detto che era Timothée Chalamet. Non sapevo davvero chi fosse Timothée. Mi hanno detto che avremmo dovuto lavorare sulla musica di Bob Dylan. Per me è stato incredibile perché ho una sorella di cinque anni più grande di me, quindi quando avevo 10 anni e lei 15 quegli album arrivavano a casa nostra, letteralmente dal primo disco di Dylan. Io suono la chitarra da quando avevo 11 anni, quindi ero molto in sintonia con quella musica.

Qual è stato il tuo approccio iniziale?
Mi hanno dato la sceneggiatura, l’ho letta e ho fatto una lista delle circa 20 canzoni del copione. Ho parlato con [il regista] James Mangold e le ho disposte in una gerarchia di difficoltà, partendo da quelle più facili come Masters of War, che erano solo due o tre accordi. La sua risposta è stata: “Ok, fai così, ma se Timothée vuole imparare una canzone che non è nel copione, insegnagli anche quella”. Io ho replicato: “Perché dovrei insegnargli qualcosa che non viene mai suonato nel film?”. Lui mi ha risposto: “Perché questo potrebbe dirci che gli piace quella canzone, e anche questo è prezioso, anche se non è nel film”.

Come sono state le prime sessioni?
Quando è arrivato a casa mia e abbiamo preso in mano le chitarre, gli ho chiesto se avesse mai suonato, e lui mi ha risposto che conosceva uno o due accordi, e me li ha suonati. Ho capito subito che era un tipo molto musicale. Ha frequentato la LaGuardia [High School]. Non so cosa si faccia lì, immagino che insegnino a recitare, a cantare, e lui rappava, che è una cosa molto ritmica. Non mi sorprenderebbe se sapesse leggere la musica. Di certo conosce intuitivamente la teoria musicale. Abbiamo parlato molto di teoria musicale. Sembrerà una cosa noiosa, ma io l’ho sempre fatto nel contesto di: “Che rapporto avrebbe Bob con questo?”. Anche quando parlavamo in termini musicali di un accordo, gli dicevo, e credo sia vero, che quando Bob parlava con i musicisti, quello era il gergo che usava.

Come avete documentato il materiale?
Ti dico solo che la mia cartella Dropbox è sempre vuota. La mia cartella Dropbox Timothée/Dylan è invece strapiena. Per ogni canzone avevo un MP3 e poi un programma chiamato Transcribe che permetteva di riprodurla e rallentarla. Era davvero utile. Potevi concentrarti su ciò che ti serviva. Per ogni canzone, avevo un documento Read Me con diversi video di YouTube da guardare, e poi un testo con gli accordi. Scrivevo le cose con qualche piccola parola di incoraggiamento qua e là. Ogni canzone era a sé stante.

A COMPLETE UNKNOWN | "One of a Kind" Official Clip | Searchlight Pictures

Come hai affrontato l’insegnamento dello stile chitarristico di Dylan?
Il processo è cumulativo, nel senso che Bob tende ad avere molto dello stesso vocabolario, per così dire. Una volta imparata la nota di basso, Bob la rifarà un milione di volte. Per quanto riguarda il groove, gli ci è voluto un minuto, ma per quanto riguarda l’importantissimo groove della mano destra, gli è venuto molto naturale. Dico sempre che non si può insegnare a qualcuno qualcosa se non ce l’ha. A differenza di Paul Simon o James Taylor, che sono chitarristi molto eleganti e dotati di grande tecnica, Bob è molto più grezzo e istintivo. Non si tratta mai solo di Mi minore e Re: c’è sempre un po’ di hammer-on o un voicing interessante. Dylan suonava quasi sempre il Fa con il pollice. Non ha mai fatto accordi barré [all’inizio]. Ha sempre usato molto il pollice. Quando suonava un Re con un Fa diesis al basso, faceva così. Masters of War è stata la prima canzone su cui abbiamo lavorato. In pratica ho dato a Timothée tutti gli accordi e poi gli ho dato il testo con i cambi di accordi scritti sopra, che è un modo molto folk di suonare. Abbiamo parlato molto di Storia della musica e di come queste cose venivano insegnate negli anni Cinquanta e Sessanta.

Hai dovuto affrontare Don’t Think Twice, It’s All Right, che è notoriamente un pezzo finger-picking molto difficile.
Mi ha fatto impazzire rivisitarla. Ha un tempo molto veloce. Ero intimorito dall’insegnargliela, e anche dal suonarla io stesso. Lui invece non era intimidito per niente. L’ha fatto e basta. C’è un piccolo “martello” che viene fuori di tanto in tanto. A volte Bob poteva variare lo schema. Ma mentre glielo spiegavo, lui stava già suonando. Cioè, non stava suonando a tempo e perfettamente, ma stava già andando. Per quanto riguarda i brani finger-picking, non ce ne sono stati molti. Girl from the North Country lo ero, ma gli ho mostrato i diversi pattern che hanno nomi come “outside in” e “inside out”. Gli ho fatto vedere tutte queste cose e lui le ha imparate subito. Abbiamo fatto canzoni come I Was Young When I Left Home che non erano nel copione, e lui le ha apprezzate.

E il materiale elettrico?
Quando siamo passati a canzoni come Maggie’s Farm, avevo già pensato a tutto. Non scherzo. Annotavo cose come: “Versione Bringing It All Back Home, capotasto 3, chiave di Mi; versione Newport, chiave di Re, senza capotasto”. Per Maggie’s Farm e le altre canzoni di Newport, Bob aveva il suo piccolo vocabolario sull’elettrico, che non si adattava molto al suo modo di suonare acustico.

Pensavi di avere solo pochi mesi per lavorare con Timothée, ma invece hai avuto cinque anni, in parte a causa della pandemia.
Abbiamo iniziato a lavorare intorno al Giorno del Ringraziamento del 2019, e le riprese sarebbero iniziate ad aprile. Veniva abbastanza spesso, un paio di volte a settimana, o magari non lo vedevo per due settimane e poi tornava. La notizia della pandemia però si stava diffondendo. Oh, ora c’è un caso. Oh, ora ci sono dieci casi. Quando è avvenuto il blocco totale, intorno al 13 marzo, abbiamo ricevuto la notizia che le riprese erano state rinviate. Sarebbero state riprogrammate quattro mesi dopo. Passano due mesi e pensiamo: “Ops, la pandemia non sta migliorando”. Poi, quando le cose andavano meglio: “Oh, Tim adesso deve fare Dune”. Poi si è passati a: “Questo film verrà mai girato?”. Ma Tim mi ha sempre detto: “Ho fiducia nel fatto che si farà”. Siamo passati allora alle lezioni su Zoom. Quando durante la pandemia era a Woodstock con un suo amico, volevano davvero che lo raggiungessi lì. Mi diceva: “Larry, vieni a Woodstock, suoniamo la chitarra per quattro giorni”. Ma era l’apice della pandemia, quando non si poteva nemmeno salire su un taxi.

A COMPLETE UNKNOWN | "It Ain't Me, Babe" Official Clip | Searchlight Pictures

Avete lavorato anche con l’armonica?
Timothée ha iniziato da solo, poi hanno chiamato un mio collega, Rob Paparozzi, che è uno dei più grandi armonicisti di New York. Verso la fine, io e Rob abbiamo trascorso un bel po’ di tempo con Tim. Abbiamo fatto un’incredibile sessione di cinque ore e ci siamo divertiti tantissimo. Tim era così entusiasta di mostrarci le cose che aveva imparato. Io e Rob siamo due tipi abbastanza esperti, e dopo un po’ che suonava io gli ho detto: “Non è straordinario che sia riuscito a farlo a quel livello?”.

Quanto sei stato coinvolto nelle riprese?
A mio modesto parere, il motivo per cui non ero sul set è che Timothée è il tipo di persona che, quando iniziano le riprese, ha già tutto pronto. Non aveva bisogno di dire: “Oddio, puoi chiamare Larry? Ho dimenticato qual è il Re minore!”. Non lavora così.

Sembra che tu, Timothée e tutti i partecipanti a quest’impresa abbiate sentito una certa responsabilità.
Un mio amico mi ha detto: “Le persone più giovani che non conoscono Dylan andranno a vedere questo film e questo sarà il loro Dylan”. La gente non ha tempo e voglia di ascoltare tutto quello che Dylan ha registrato. Per questo l’ho preso molto sul serio. Ho capito la responsabilità. Persone come me e te, che sono fan della sua musica, capiscono la responsabilità. Non ho preso nessuna scorciatoia.

Da Rolling Stone US