“Nessuno colpisce duro come la vita”. Diceva così Sylvester Stallone in Rocky, scritto e interpretato dallo stesso Sly, primo film della super saga (uscito in USA il 21 novembre 1976) sul pugile italoamericano che against all odds, contro ogni probabilità, massacra l’avversario Apollo Creed ….. Un attimo, andiamo per gradi.
L’idea per Rocky venne a Stallone il 24 marzo 1975 mentre era al cinema a guardare un incontro di boxe fra il leggendario Muhammad Ali e uno sconosciuto pugile del New Jersey, tale Chuck Wepner aka The Bayonne Bleeder, chiamato così per quanto sanguinava sul ring. Per Ali doveva essere un incontro piuttosto facile ma Wepner, a sorpresa, riuscì – in un massacro fisico totale – a rimanere in gara fino al 15esimo round, mettendolo anche quasi KO l’avversario al nono.
A proposito di quell’incontro, Stallone ha ricordato: «Stavo guardando l’incontro in un cinema, uno spettacolo incredibile, un pathos inimmaginabile, la possibilità di vederlo vincere contro tutto e tutti. E seduto in platea cominciai a pensare di farne un film. Parliamo di ambizioni cocciute e sogni infranti, la metafora perfetta dell’american dream». E il resto è storia, con tanto di Stallone eroe yankee (candidatura all’Oscar per la miglior sceneggiatura più statuetta per film e regista), il cui coraggio e determinazione ha di fatto elevato il ruolo dell’underdog-sfigato-perdente nel gotha hollywoodiano. Detto fra noi, cinematograficamente parlando, Michael Sylvester Gardenzio Stallone è stato il terzo attore dopo Charlie Chaplin e Orson Welles a ricevere la nomination all’Oscar sia come sceneggiatore che come attore per lo stesso film, oltre che inventarsi due fra le più popolari e remunerative saghe del cinema: Rocky, giunto all’ottava puntata, e Rambo, di cui fra poco godremo del quinto episodio. Go Rocky. A questo proposito, La Bestia & Rolling Stone sono andati in quel di Philadelphia a intervistare gli attori.
La storia
Adonis Creed (Michael B. Jordan) figlio del leggendario Apollo, mette in palio il titolo dopo aver saputo che un altro pugile lo vuole sfidare. Il punto è che il pugile in questione è Viktor Drago (Florian Munteanu), figlio dell’altro leggendario Ivan “ti spiezzo in due” Drago. Basta così, andate al cinema a vederlo. Personalmente per Adonis… Spoiler: perde, vince, si sposa e fa un figlio, oltre che farci gustare un nuovo micidiale allenamento, questa volta sotto al sole del deserto californiano.
La regia
Il primo Creed – incasso totale mondiale di quasi 200 milioni di dollari – ha lanciato la carriera del regista Ryan Coogler (Black Panther) mentre in questo sequel Ryan butta nella mischia Steven Caple Jr., regista indie esordiente nel grande cinema, che ha mosso i primi passi frequentando la prestigiosa scuola di cinema USC, l’alma mater di George Lucas, a cui il creatore di Star Wars ha donato nel corso degli anni quasi 200 milioni di dollari, tra cui un fondo speciale dedicato alle minoranze etniche. «Dieci anni fa c’erano ancora pochi afroamericani che frequentavano la scuola» spiega Caple. «Uno di questi era Ryan Coogler aka Coog, che conobbi quando stava per finire la scuola di cinema. Mi diede parecchi consigli, specialmente su come ottenere fondi per produrre il mio primo corto….. Poi quando mi hanno chiamato per propormi questo film ho scoperto che mi ha sempre seguito e che gli era piaciuto molto The Land, il mio primo film. È stato lui a fare il mio nome alla MGM quando, per conflittualità di schedule (stava girando Black Panther) ha rifiutato Creed II e ha proposto me al suo posto. Tutto questo l’ho saputo solo dopo aver fatto un paio di meeting, dopo che avevo letto la sceneggiatura di Stallone, e dopo aver parlato coi produttori. Quando ho accettato, ho avvertito subito la pressione di non sbagliare, dopotutto era un sequel di un film che aveva guadagnato bene al botteghino, non volevo deludere le aspettative di Ryan, e sopratutto sentivo il dovere di rappresentare la mia gente. Io, lui e Michael B. siamo tutti ragazzini che provengono dal hood, dal ghetto, siamo tutti afroamericani, siamo tutti finiti all’università e abbiamo preso delle lauree, sappiamo chi siamo veramente. Ryan mi ha aiutato a superare le prime incertezze. Poi ho incontrato Sly, mi ha invitato a casa sua, nella sua mansion a Beverly Hills, abbiamo parlato di box, di poesia, del copione e di alcune idee, come quella di girare il training nel deserto, quella è stata sua. Ha un’energia incredibile».
Michael B. Jordan aka Adonis Creed
«Felicissimo di ritrovarmi insieme Stallone. Il fatto di fare un altro film con lui è stato bello per me anche perché ho avuto l’opportunità di conoscerlo meglio, di venire a sapere altri aspetti della sua vita, dettagli che ci accomunano, tipo entrambi abbiamo una forte spiritualità, entrambi siamo cresciuti andando in chiesa da ragazzini. Nel film, Adonis, dopo essere stato sconfitto, trova rifugio e forza mentale nella famiglia e poi nella fede. Come Stallone, anch’io ho un supporto spirituale molto forte, che mi aiuta nel momenti peggiori. Non importa quanto male ti facciano, è importante quanto riesci a sopportare le negatività e continuare a vivere allo stesso tempo. E poi mi sono divertito con lui a boxare, ovvio che sia una fonte inesauribile di trucchi, dettagli, colpi, sistemi di allenamento… È un genio. Ho visto il suo primo Rocky quando avevo 15-16 anni ed è stato strumentale per farmi capire il significato di sogni, fatica, impegno, passione, cuore, dedizione….tutto al fine di vincere».
Tessa Thompson aka Bianca
«Visto che il mio personaggio canta e produce musica, ho lavorato per far sentire la mia voce, e ho contribuito al progetto con diverse canzoni, soprattutto facendomi aiutare da Ludwig Göransson, che ha prodotto tutte le canzoni di Childish Gambino, oltre che la colonna sonora di Black Panther e il primo Creed. Non male come idea (ride)! Ci siamo ispirati ad artisti come Portishead, Kelela, Mack Attack e Fiza. E per il montaggio dell’allenamento nel deserto è merito di A$AP, compresa la voce di Jacob Banks che sentite all’inizio del pezzo, quando canta Amen, Amen Amen, ispirato dalla musica di Nina Simone. Per quanto riguarda il mio personaggio, mi ero spaventata quando ho letto nel copione che sarei diventata mamma… Pensavo mi avrebbero messa in un angolo e trattata come una madre che si deve occupare solo di casa, figli e famiglia. Avevo già gli incubi che sarei finita come Talia Shire che, in uno dei sequel precedenti, per sviluppare il personaggio più a fondo di Rocky, l’avevano fatta finire all’ospedale, in coma. Invece devo dire che Steve ha avuto rispetto per il mio personaggio, per le donne come artiste, voleva rappresentarle in maniera giusta, dopotutto nel film ho una mia identità di cantante, scrittrice e produttrice musicale. Nel mio piccolo, ho voluto far mantenere pregi e difetti dell’handicap della progressiva perdita di udito, il tutto mentre continuo a cantare e far sentire la mia voce. Era importante che Bianca avesse una narrativa propria, anche se siamo in un mondo macho occupato da pugili, palestre e allentamenti, uno spazio interamente maschile».
Dolph Lundgren aka Ivan Drago
«Non mi sarei mai immaginato di riprendere il ruolo di Drago, di allenare mio figlio Viktor, ben 33 anni dopo il mio incontro in Rocky IV. Ma this is Hollywood. Per fare un buon film hai bisogno di un buon copione e di un bravo regista, e qui ci sono entrambi. Quando ho letto la sceneggiatura ho capito che il mio personaggio aveva dei conflitti, che non ero solo una comparsa. Non è stato facile rimettermi in gioco, ho vissuto davvero una vita piena, sono passati 30 anni e anch’io ho avuto dei problemi, troppi party, troppe donne, il divorzio, dollari guadagnati e persi…senza contare il passare del tempo, il fatto che sono invecchiato. Nel film so che provo rimorso per quanto fatto, per aver ucciso l’amico di Rocky Balboa e il padre di Adonis e anche se l’hanno tolta dal montaggio finale, lo dico chiaro e tondo, rivelo un lato umano del famoso Drago. Detto questo, mi sono divertito un sacco, io e Rocky ci siamo tenuti in contatto anche per il film I mercenari, e nonostante la carta d’identità, lasciatemelo dire, in palestra possiamo tenere testa ai tanti pivelli».