Dane DeHaan si versa dell’acqua da una bottiglia e manda giù un sorso. «Da quando ho girato La cura dal benessere mi capita di prestare più attenzione a cosa c’è nel mio bicchiere. Non vorrei che, sul fondo, si nascondesse per caso qualche strano animaletto strisciante» scherza, facendo riferimento ad una delle scene più disturbanti del thriller diretto da Gore Verbinski, mentre prende posto davanti a me in una suite del Claridge’s Hotel di Londra. A 31 anni l’attore americano, che si è fatto conoscere nel 2010 con la serie tv In Treatment, può vantare una carriera invidiabile, tra blockbuster (The Amazing Spider-Man 2 e l’atteso Valerian e la Città dei Mille Pianeti) e pellicole d’autore come Life, in cui interpretava James Dean.
Dicono che somigli a Leonardo DiCaprio e in effetti, a guardarlo da vicino, potrebbe passare senza problemi per il fratello minore della star di Titanic: ma l’aria malinconica, la voce lievemente monocorde e le caratteristiche borse sotto gli occhi (alle quali le sue fan hanno dedicato post pieni d’amore su Tumblr e Pinterest) fanno pensare soprattutto che sia sotto l’effetto del jet-lag e non veda l’ora di andare a dormire. Mi sbaglio, visto che attacca subito a dirmi quanto vada fiero del film: «Amo le storie che hanno qualcosa da dire e che contengono un messaggio importante per il pubblico, come nel nostro caso. La cura dal benessere spaventerà gli spettatori, certo, ma allo stesso tempo offrirà loro parecchi spunti di riflessione».
DeHaan interpreta Lockhart, un broker di Wall Street che viene mandato in una spa in Svizzera per recuperare il Ceo della sua azienda e riportarlo a New York. Ben presto, però, il giovane si rende conto che la clinica nasconde molti segreti e che lui, purtroppo, ha buone probabilità di non uscirne vivo. «È un arrampicatore sociale, uno che sarebbe disposto ad uccidere pur di raggiungere i propri obiettivi. Lavora giorno e notte solo in funzione del potere e del benessere economico, fregandosene degli affetti. Penso che questa sia la vera malattia della società odierna, l’illusione che il successo sia legato principalmente alle conquiste materiali. Ho notato delle differenze tra l’Europa e l’America, da questo punto di vista». Quali? «Ti farò un esempio: abbiamo girato il film nell’arco di cinque mesi in Germania, un Paese dove la gente lavora solo per un determinato numero di ore al giorno, così da avere anche del tempo per sé. Negli Stati Uniti, invece, capita spesso di restare sul set per 16 o 18 ore di fila. È una mentalità poco salutare che, alla lunga, contribuisce a rendere le persone infelici».
Tu cosa fai per disintossicarti dalle pressioni quotidiane? «Niente spa, per quanto mi riguarda. Mi piacciono i lavori manuali: fatemi tagliare un po’ di legna o prendermi cura delle piante in giardino e sarò l’uomo più felice del mondo!» ride, spostandosi una ciocca di capelli. Difficile bilanciare lavoro e vita privata, quando si trascorrono tanti mesi lontano da casa? Scuote le spalle: «Non credo. Abito a Brooklyn insieme a mia moglie (l’attrice Anna Wood, dalla quale aspetta il primo figlio, ndr), che può prendere un aereo e raggiungermi ovunque mi trovi. Detto ciò, ho trascorso gli ultimi sei mesi a riposarmi. È solo questione di trovare il giusto equilibrio, senza sacrificare le cose che contano e scegliendo progetti stimolanti, proprio come questo».
Nel corso della storia Lockhart viene torturato ripetutamente: dopo essere sopravvissuto ad un incidente d’auto che lo ha costretto ad alloggiare nel centro benessere contro la propria volontà, subisce una dolorosa estrazione dentaria senza anestesia e viene avvelenato progressivamente attraverso un’acqua contaminata che gli procura numerose allucinazioni. «Una delle scene più terrificanti è di sicuro quella in cui si immerge in una gigantesca cisterna d’isolamento piena d’acqua, con la bocca collegata al portello di apertura tramite un lungo tubo metallico che gli permette di respirare» esclama, spiegandomi che ci sono volute due settimane per girare quella sequenza. Mentre il direttore della spa (che ha il volto di Jason Isaacs, noto ai più come Lucius Malfoy nella saga di Harry Potter) lo rassicura dicendo che si tratta di un processo per purificare il suo corpo dalle tossine, l’acqua inizia a salire lentamente, fino a coprirlo del tutto. La situazione assume contorni ancora più angoscianti non appena Lockhart si accorge che, nella vasca insieme a lui, si cela una creatura pericolosa. «Ad un certo punto mi sono sentito male. Mentre l’acqua riempiva la cisterna ho sentito, all’improvviso, una pressione sempre più forte dentro il mio corpo. Ho iniziato a fare dei segni perché mi tirassero fuori, ma nessuno sembrava accorgersene. Ho aspettato vari minuti prima che qualcuno venisse a salvarmi».
Verbinski, esperto di horror (era suo il remake americano di The Ring), voleva confezionare una pellicola che ricordasse, per toni e atmosfere, i thriller psicologici degli anni ’60 e ’70. «Per questo motivo mi ha consigliato di rivedere classici come Shining, La finestra sul cortile, Rosemary’s Baby e Il presagio». Ti spaventi facilmente al cinema? Lui annuisce. «Sì, mi diverte. Però poi dormo benissimo, non ho mica gli incubi». E nella vita, invece? «Può sembrare sciocco, ma ho sempre avuto paura delle montagne russe, sin da bambino. Ogni volta che ci salgo mi viene un attacco di panico e mi convinco che sto per morire, quindi evito».
Quando non lavora, mi racconta, potreste trovarlo impegnato a giocare sul campo da golf. «Sono cresciuto negli anni in cui Tiger Woods era al culmine della sua carriera, in un periodo che è considerato il rinascimento del golf. Per me è un po’ come fare meditazione: spengo il cellulare e non penso ad altro, mi distacco dal mondo. Da questo punto di vista somiglia alla recitazione». In che senso? «Sono due attività che assorbono tutti i miei pensieri: mentre recito sono concentrato esclusivamente sulla scena, e lo stesso vale quando gioco». Hai mai pensato di diventare un professionista? «Mi piacerebbe molto, ma non sono abbastanza bravo. In compenso faccio l’attore, mi basta».
La prossima trasformazione è per il kolossal Valerian e la Città dei Mille Pianeti, la space opera diretta da Luc Besson e basata su una serie a fumetti francese. Ne è entusiasta, ma non può anticipare molto: «Sarò un agente spaziale impegnato a salvare l’universo insieme a Cara Delevingne. Spero che il pubblico si diverta a vedere il film almeno quanto io mi sono divertito a girarlo!».