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Enigma Marinelli

Il più talentuoso e tenebroso degli attori italiani (ma vive a Berlino) è il protagonista di 'Ricordi?', un film sull'importanza di vivere nel presente. «Anche io ho fatto fatica. Devo molto a mia moglie», racconta nella nostra intervista-ricordo
Luca Marinelli digital cover 25 Marzo 2019
Luca Marinelli digital cover Rolling Stone 25 Marzo 2019

Luca Marinelli fotografato da Carlo Piro per Rolling Stone

Luca Marinelli tocca le cose. Non so se sia un tic nervoso oppure una naturale curiosità di indagine sulle consistenze degli oggetti però deve piacergli toccare le cose. In attesa davanti all’ascensore dell’hotel milanese che ci ospita per lo shooting fotografico, il più talentuoso ed enigmatico tra gli attori italiani si ferma davanti a una strana testa umana (di gesso?) che sbuca fuori per metà da quello che dovrebbe essere un secchio di vernice – un incrocio tra una mini scultura splatter e un oggetto di scena da parodia di film horror – e affonda l’indice sul cranio della “cosa”. Subito lo ritrae, poi lo calca una seconda volta in modo più assertivo. Mentre saliamo le scale che ci stanno portando a una terrazza il cui accesso è normalmente precluso agli ospiti della struttura mi volto per rispondere a una domanda del fotografo e sorprendo Marinelli nell’atto di passare la mano destra sopra una placca inchiodata al muro. Una placca informativa, di quelle con scritto sopra “uscita di sicurezza” o “roof terrace”, che però presenta la particolarità di avere un rivestimento adesivo in parte slabbrato, cadente a penzoloni sul vertice alto a destra. È proprio in quel punto che l’arto di Marinelli va a soddisfare il suo interesse tattile.

Tenebroso, misterioso, tormentato, sono gli aggettivi che con più frequenza vengono associati all’attore romano. Dotato di una carica espressiva che sfonda ampiamente il campo del normale talento interpretativo, l’enigma Marinelli è il risultato di una personalità riservata al limite dello sfuggente incrociata con l’incarnazione di alcuni dei personaggi più forti visti sugli schermi negli ultimi anni. Il ghigno dello zingaro di Jeeg Robot, lo sguardo allucinato di Cesare in Non essere cattivo, la follia pura del balordo calabrese Primo nella serie Trust di Danny Boyle, sono tutte maschere difficilmente dimenticabili. Se li hai visti, è molto probabile che te li ricordi. E proprio Ricordi, ma col punto interrogativo finale, è il titolo del film di Valerio Mieli – in questo momento in sala– che Marinelli sta promuovendo in questi giorni. Si tratta di un’opera fortemente evocativa e bellissima, una storia d’amore – questa sì – tormentata, tutta giocata sui temi della memoria, della forza e del peso del passato, della difficoltà del vivere il presente. 

Ricordi? tratta le tematiche più universali possibili. Parla di amore, della fine degli amori, dell’impossibilità di appagamento nel presente, della memoria e del lavoro che esercita, appunto, sui ricordi individuali.
Sì, è una storia d’amore, ma è soprattutto un film sui ricordi. Sull’importanza di stare nel presente, di essere saldi e di viverlo questo presente. Di essere in grado di gustarsi quel che accade mentre sta accadendo, di non lasciarselo scivolare via.

Come si creano i ricordi di un personaggio?
In questo film è stato semplice, era tutto in sceneggiatura. Altre volte è più complicato ma io cerco sempre di fare questo studio sul passato del personaggio. Perché è diventato così? Che cosa gli è successo? Alla fine è sempre un lavoro sui ricordi.

Il tema della memoria e quindi dei ricordi è un tema centrale nella storia del pensiero. Per alcuni la memoria è il magazzino delle immagini provenienti dai sensi mentre per altri vi si trovano anche i principi primi della conoscenza e le linee guida della vita.
Il mio personaggio utilizza proprio il termine “immagazzinare” quando parla dei ricordi che non vuole perdere, eppure la mente è una scrittrice che ricompone continuamente il passato alla luce di chi siamo in quel momento. Insomma cambiamo noi, cambiano anche loro, i ricordi. Si modificano, crescono, si dissolvono.

Intorno alle 17.40, alla fine della proiezione del film, il cinema Anteo ospita il dibattito con le domande del pubblico. Saranno presenti Marinelli, Caridi e il regista. Dall’hotel dove abbiamo terminato di scattare il servizio fotografico al cinema la distanza non è molta, ma i tempi sono comunque contingentati. Si arriva una decina di minuti prima dell’inizio del dibattito. Mieli e Caridi rispondono alle domande della stampa in attesa di entrare in sala, Marinelli fa lo stesso e firma autografi. A un certo punto si sentono gli applausi del pubblico: il film è piaciuto. Tempo trenta secondi e si apre la sala già pronta per ospitare l’incontro.

La prima domanda proviene da una giovane studentessa immaginiamo di cinema. Molto lunga, articolata, piena di parallelismi con altri film che la visione di Ricordi? le ha suggerito. Sono tutti favorevolmente impressionati. Marinelli sembra abbastanza a suo agio ma si vede che ha la tendenza a lasciare campo libero ai due compagni di proscenio e a rispondere per ultimo. È gentile, preciso nelle risposte, cerca di essere il più attento ed esauriente possibile.

Io invece mi distraggo: dalla mia posizione laterale rispetto alle sedute dei tre protagonisti non riesco a fare a meno di pensare che esiste un Dio dell’ossatura umana perfetta. Questa divinità delle ossa deve essere apparsa, ha decretato “tu, Caridi” e se n’è andata via felice a lavoro ultimato. Lunghissima, sottilissima, distese di tessuto epidermico a rivestire tutti questi affusolamenti ossei che speri solo possano resistere al mondo là fuori, al tempo e alla noncuranza, per sempre. Due cose: primo, fondare il culto dello scheletro di Caridi. Secondo, dato che incidentalmente lo scheletro perfetto è avvolto da un notevole talento recitativo – al netto di qualche paolograssismo qua e là, comunque minoritario – le si offrano tutti i ruoli principali in tutti i film e poi lei sceglie.

In tutto il servizio Luca Marinelli veste Giorgio Armani

Tu vivi a Berlino. A proposito di ricordi: ti ricordi l’Italia? E Roma?
(Ride) Sì me la ricordo bene l’Italia, anche perché sto spesso qui. Io sono romano e amo Roma. Roma è bellissima. È un po’ invecchiata, acciaccata, è vero. Ma è mamma Roma.

Che dimensione ha la politica nella tua vita?
È importante, non siamo soli al mondo. Non possiamo continuare a stare ricurvi sugli smartphone in cerca di realtà alternative. Viviamo in comunità, tutti insieme. Mi ha molto emozionato il discorso di Greta Thunberg. Quelle parole, che provengono da una ragazza di 16 anni, hanno la dimensione del destino di gruppo, di un’umanità complessiva. La politica per me è questo, fare tutti qualcosa, non è delegare ai rappresentanti di turno e voltare le spalle per poi limitarsi alla protesta. Anche su questo aspetto ritorna l’importanza del presente. È qui che bisogna stare, qui e ora.

Questo tema di vivere il presente sembra quasi un’ossessione. Hai fatto fatica nella tua vita a vivere il presente?
Sì, ho fatto fatica. Devo ringraziare mia moglie che in questo mi è stata di grande aiuto. Le devo davvero molto. 

Il terzo tempo di questa mezza giornata con Luca Marinelli avviene in una saletta dell’Anteo a porte chiuse. Siamo io e Luca. È il momento dell’intervista vera e propria. Parliamo del film, del dibattito appena terminato – “quando quel signore prima in sala si è messo a parlare, ne ho avvertito il carico, e ho pensato ai suoi ricordi. Mi sono venuti in mente i ricordi del signore solo che io il signore non lo conosco. Mi sono emozionato” – e poi della vita, dell’amore, di politica, dell’Italia, di musica – “ascolto tutto, sono molto amico di Giorgio Poi”. 

Interpreti sempre personaggi duri o tormentatissimi. Come scegli i progetti che interpreterai?
Li scelgo in base alle emozioni che un progetto mi provoca. Per esempio nel caso di Ricordi? ho pensato che la sceneggiatura fosse davvero stracolma di emozioni e di sensazioni che mi toccavano l’anima. Poi c’è un altro elemento, mi piace scegliere sulla base del messaggio che il film vorrebbe veicolare. Forse non servirà praticamente a nulla, ma se porta un granello di messaggio nella direzione giusta mi fa piacere.

Comunque deve essere quell’espressività, quella faccia, quegli occhi, a suggerire allo spettatore che dietro ci sia tutto un mondo di tenebra.
Se solo la gente sapesse che cosa c’è dietro.

E che cosa c’è?
Niente. Dietro non c’è niente.

Ridiamo per la battuta riuscita e ci alziamo. Dopo i saluti succede una cosa strana. A casa, nel momento di cominciare la sbobinatura dell’intervista l’audio si interrompe inopinatamente. Controllo il telefono e nulla, non risponde. Non è un problema di batteria, comincio a preoccuparmi. Quando anche il mitico aggiusta-tutto Johnny di Chinatown battezza con un secco “niente da fare, bruciato” lo stato dell’apparecchio, capisco che non potrò mai ascoltare l’audio dell’intervista. Kaputt, persa, svanita per sempre. Decido di applicare i temi del film alla vita. Questo articolo è quindi frutto di semplici ricordi, in questo caso dei miei, e non è detto che siano identici a quelli che avrò domani o a quelli di Luca Marinelli.

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Credits
Fotografo: Carlo Piro
Fashion editor: Francesca Piovano
In tutto il servizio Luca Marinelli veste Giorgio Armani
Grooming: Carlo Leggieri
Un ringraziamento speciale a NYX Hotel Milan

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