«Filippo mi sembrava un gentiluomo», dirà a un certo punto della nostra conversazione Davide Panizza, aka Pop X. «Io ascoltavo Pop X come ascolto i Beatles, non credevo possibile che avrebbe fatto le musiche del mio film», racconta Filippo Barbagallo, aggiungendo in un altro momento: «Mo’, senza che ci facciamo le sviolinate, è la verità». Ed è finita che la (fighissima) colonna sonora della sua opera prima, Troppo azzurro (una produzione Elsinore Film, Wildside e Vision Distribution, al cinema dal 9 maggio con Vision), l’ha scritta proprio Davide. E su questo film, che è un bell’esordio per niente paraculo, potevano esserci soltanto le musiche di Pop X: a rendere l’estate post-adolescenziale del protagonista elettrica e irripetibile, a settare il tono, quello giustissimo.
Sì, questa sarebbe stata la chiacchierata perfetta da fare a un chiosco con in mano una birretta fresca, che poi è come Filippo definisce il suo debutto. Invece – per cause di forza maggiore – l’abbiamo dovuta incastrare su Zoom tra un treno e un check in albergo, in attesa della presentazione al Cinema Modernissimo di Bologna e il tragitto in macchina di Davide verso il liceo in cui insegna tecnologia musicale (#tuttovero, chi sa sa, e ci torneremo). Ma credo che il mezzo digitale nulla tolga alla naturalezza e a un certo sano cazzeggio, che qui sono un po’ la parola d’ordine. Filippo e Davide sono una strana coppia, che però allo stesso tempo non poteva essere più azzeccata, leggere per credere.
La sensazione è che tu Filippo abbia scritto il film ascoltando le musiche di Pop X, sbaglio?
Filippo: In genere quando scrivo faccio una playlist mista di pezzi, che magari però possono valere per una scena. E alla fine mi sono reso conto che avevo riprodotto centinaia di volte Buena fine estate. Sì, diciamo che è un’ispirazione che viene fin dalla nascita del progetto, poi semplicemente non pensavo che fosse una cosa fattibile. Alla 18esima volta che ho detto ai miei produttori, Annamaria Morelli e Antonio Celsi, che per la colonna sonora “pensavo a una cosa tipo Pop X”, loro mi fanno: “Senti, proviamo a chiamare Pop X” (ridiamo). Sai, quando le cose ti piacciono, quando sei un fan, ti sembrano lontanissime. E per fortuna Davide ha risposto, ci siamo incontrati in una call tipo questa su Zoom e mi sembra che ci siamo capiti abbastanza al volo, anche perché io gli ho parlato proprio delle sue canzoni come contesto.
Davide, quando è arrivata la proposta che hai pensato?
Davide: Mi è arrivata dalla ragazza che suona le tastiere con noi, si chiama Ilaria ed è di Bologna. Mi fa: “Guarda che ci sono dei ragazzi che vorrebbero farti fare delle musiche per un film”. Mi sembrava una bella idea, perché no, incontriamoli. È successo che mi contattassero altri per chiedermi di poter usare della musica, però stavolta mi sembrava fosse un film un po’ più … si può dire “serio” (ridiamo).
Davide entra in galleria e lo perdiamo per qualche secondo.
Ci sei saltato dopo che hai detto che il film ti sembrava un po’ più “serio” degli altri… (ridiamo di nuovo tutti)
Davide: Mi ha incuriosito, io poi qualsiasi proposta nuova che mi arriva la considero sempre volentieri. Non ho capito bene poi dall’Ilaria all’incontro con Filippo se c’è stata di mezzo la mia etichetta Bomba Dischi, ma ricordo benissimo dell’Ilaria. E ho detto: “Sì, dai, proviamo a vedere, di sicuro sarà una bella esperienza”. Poi ho incontrato Filippo, che mi sembrava un gentiluomo (Filippo ride).
Ma com’è stata praticamente la lavorazione, perché le tue musiche, Davide, sono un’esplosione di suoni. Quindi in qualche modo hai lavorato di sottrazione nell’adattare e nello scrivere, anche rispetto ai tuoi testi?
Davide: Dopo aver accettato, ci siamo messi d’accordo con Filippo e la Irene (Vecchio, nda), che è la montatrice, e abbiamo iniziato a trovarci fisicamente nello studio di… montaggio (suggerisce Filippo), dove il film non era poi così ultimato, no?
Filippo: Assolutamente, era abbastanza all’inizio, Davide è stato il primissimo spettatore. Infatti ero agitato perché pensavo: “Mo’ questo me manda a quer paese e se ne va”. Invece ha avuto la pazienza di vedere anche migliorare il film e di migliorarlo con la sua musica. C’è sempre bisogno in un film della musica, ma quando abbiamo iniziato a stendere le sue canzoni è cambiato parecchio.
L’unico brano di cui si sente il testo è D’Annunzio: è una scelta fatta perché quel pezzo racconta anche proprio l’atmosfera del film, vedi il verso “nel blu nel blu più blu”?
Filippo: Da una parte c’era la possibilità di usarlo perché la prima volta che sentiamo il pezzo è come se venisse dalla radio in macchina, c’è proprio una giustificazione di linguaggio. E poi abbiamo deciso di rimetterlo sul finale perché effettivamente è un testo che ha anche tutta la nostalgia e la malinconia che c’è nel film. Poi forse, Davide, per il resto la scommessa era anche quella ascoltare i tuoi pezzi riarrangiati in una nuova veste. E anche se nelle tue canzoni il testo è una presenza fondamentale, che le rende dei veri e propri tormentoni, avevo la sensazione che le basi avessero già dentro tutto quello che poi diventa più manifesto con le parole… e anche la parte più demenziale, che però mantiene sempre una certa tenerezza.
Davide: Fin dall’inizio ho fatto quasi sempre contemporaneamente anche i video dei miei pezzi, quindi ho sempre pensato alle canzoni anche in termini visivi. E mi sollevava il fatto di trovare delle scene girate da qualcun altro, invece di dover andare fisicamente nei parchetti con la telecamera a fare i video. Ero orgoglioso di poter mettere le musiche a delle scene che comunque mi piacevano, che mi incuriosivano per il modo in cui sono state girate, per i colori, per le facce degli attori e delle attrici.
Mi pare che ci sia una sorta di poetica comune tra voi due. Niccolò Contessa ha dato una definizione secondo me centratissima di Pop X : «Mi pare evidente che la sua musica risponda a una spinta molto profonda e autentica, non è musica fatta per appagare nessuna moda, nessun obiettivo “carrieristico”, nessuna voglia di guardarsi allo specchio e dirsi “sono un artista”: è semplicemente quello che ha dentro, quello che ha voglia di fare». E credo che in qualche modo questa idea possa valere anche per Filippo.
Filippo: Per quanto riguarda me non lo so, però è esattamente quello che penso anch’io della musica di Pop X – anche se non sarei stato capace di formulare il mio pensiero così bene – e che poi ho pensato di Davide quando l’ho conosciuto. L’ha detta proprio precisa Contessa su di lui. Mo’ senza che ci facciamo le sviolinate.
Che ne pensi, Davide?
Davide: Sì sì, non so se definirla poetica….
Però in fondo questo è, ragazzi.
Davide: Sì, diciamo questo… approccio.
Una delle cose belle di Troppo azzurro infatti è che non se la tira, esattamente come la musica di Davide, e poi però ti ipnotizza. C’è un’onestà di fondo sia nella tua musica, Davide, che nel tuo film, Filippo.
Filippo: Sì, è il film che volevo fare, non ho preso in giro nessuno e a questo ci tenevo parecchio. Ero anche spaventato dall’unicità del lavoro di Davide, che è così eclettico, per questo dicevo: “Arrivo io che invece sono una specie di normalone”. Poi però in effetti il punto comune, quello su cui ci si incontra, è questa sorta di naturalezza, cioè: io non fingo di essere un altro. E lui nemmeno.
Mi sembra che tra voi sia stato tutto molto semplice. E divertente.
Davide: Forse all’inizio mi aspettavo di dover comporre delle musiche completamente nuove, ma era una cosa che non mi spaventava, mi stimolava. Però poi abbiamo visto che quelle che esistevano già stavano così bene… Alla fine ho dovuto fare più che altro un adattamento alle scene, far finire una musica giusta con un’inquadratura, un lavoro un po’ più di fino. Ho dovuto rifinire l’abito su misura.
Filippo: È come se dalle canzoni l’obiettivo a un certo punto poi fosse diventato creare dei temi ricorrenti, un’idea che avevo in mente fin dall’inizio. Poi questa è stata una prima volta sia per me che per lui, quindi ce siamo inventati tutto un po’ strada facendo, non conoscevamo troppo bene i tempi della post-produzione, quando dovevamo consegnare il film…
A me è rimasta in testa la versione di Legoland che avete adattato per il film come tema di Lara (Martina Gatti), la ragazza dei sogni del protagonista.
Davide: In quel senso abbiamo fatto delle piccole variazioni rispetto ai brani originali, c’è qualcosa di nuovo forse negli arrangiamenti, di completamente nuovo mi sembra ci siano solo i valzer, che però sono sempre un po’ nello stile.
Filippo: Il valzer lo volevo mettere ovunque, perché stava bene in ogni scena su cui lo provavo. Poi a un certo punto mi hanno detto: “Non possiamo fare tutt’un valzer per 80 minuti”.
Davide: Filippo aveva a cuore l’atmosfera di un certo Pop X, che ha varie sfaccettature, vari momenti, lui era molto incuriosito dalla prima parte della mia produzione, quella de Il cieco e la finestra per intenderci, quindi anche i suoi suggerimenti mi riportavano un po’ nel mio primo passato.
Davide, so che tu devi scappare a lezione, ma farai vedere Troppo azzurro ai tuoi ragazzi? Perché parliamo della generazione subito prima di quella che racconta Filippo…
Davide: Sì, volentieri, però penso che il pubblico giusto sia un po’ più vecchio di loro. Io ho studenti di 14 anni, sono ancora piccoli. Per loro è un film d’autore.
Filippo: Mi stanno dando tutti continuamente del vecchio (ride).
Davide: Ma no! È che i 14enni si guardano questi film dove praticamente ci sono solo effetti speciali, cazzate che ti rimpinzano la testa in pochi secondi… È difficile, però potrebbe essere davvero educativo farglielo vedere.
Filippo: Li potresti legare alle sedie tipo cura Ludovico (ridiamo).
Ultimissima domanda allora: che cinema ti piace? Ti vedi a musicare un altro film in futuro?
Davide: Io mi auguro che Filippo ne faccia degli altri e che si possa andare avanti a collaborare, visto che ci siamo trovati bene. Poi magari vorrà cambiare atmosfera, eh, chissà. Però a me il cinema piace molto, tra le varie arti è la mia prediletta, diciamo, quasi più della musica.
Wow, addirittura?
Davide: Sì sì sì, amo davvero molto il cinema. Tipo questo regista belga che si chiama Fabrice Du Welz. Poi Marco Ferreri tantissimo, e quello di As bestas, Rodrigo Sorogoyen, mi sono visto parecchi suoi film. E quelli di Bruce LaBruce, in particolare mi ha colpito nel profondo L.A. Zombie, che avevo guardato in furgone quando due anni fa andavamo in giro a suonare, è stata un’esperienza particolare: chiaramente è un film borderline, su altri toni, però – cavolo – mi ha dato molto. Non ho pregiudizi, le cosa che non riesco a guardare sono le serie, anche le produzioni più recenti faccio un po’ più fatica. Mi sono visto Povere creature!, La zona d’interesse, quello mi è piaciuto tanto. Ci sono dei bei film anche adesso, ma su Netflix e tutte queste piattaforme faccio molto fatica a guardarmeli, mi fanno girare le scatole, mi fanno incazzare.
Be’, hai citato un cinema importante e anche radicale.
Davide: Sì, non ’sta roba di immagini che ti intrattengono a tutto spiano, che se dopo due secondi non succede qualcosa… Anche Begotten mi è piaciuto. Ho un amico che si chiama Tommaso Listo, che è un cinefilo e che vorrei citare. Ha svariati hard disk, ha passato le superiori a scaricare film e abbiamo ancora in comune una chat su Messenger con degli amici, ci chiamiamo “Coronavirus Production”, e abbiamo un link a un drive con dentro una valanga di film veramente perversi e introvabili in tutte le lingue possibili. Ogni tanto, quando riesco, accedo e mi sparo qualcosa. Ah aspetta, anche Rohmer, del quale in qualche modo ho trovato qualcosa nel film di Filippo.
Mi sa che stiamo sforando, eh?
Davide: Starei qua delle ore a chiacchierare ma devo scappare a lezione, spero di ribeccarvi! E in bocca al lupo per la serata, Filippo.
Credo che da autore all’opera prima tu sulle musiche, Filippo, abbia avuto un’intuizione veramente da veterano.
Filippo: Per fare questo film era molto importante individuare il tono giusto anche per il tipo di personaggio che racconta, uno che non ha dei problemi effettivi poi così grossi. Per non cadere in un vittimismo bisognava trovare la giusta distanza. Ci abbiamo ragionato tanto col direttore della fotografia e anche al montaggio… Il primo modo, quello più essenziale che ho usato, è stata proprio la musica: in cameretta mentre scrivevo ascoltare i pezzi di Davide per me è stato il primo modo di toccare con mano il progetto. Ricordo quando mi ha mandato la prima versione di Buena fine estate riarrangiata, è stato il primo momento in cui ho iniziato a vedere il film, anche se le riprese sarebbero iniziate tipo un mese dopo.
Troppo azzurro fa parte di quella tradizione malincomica di certi autori italiani: c’è Nanni all’inizio quando giri in bici per Roma, c’è Troisi nell’impaccio con le tipe – “Sei simpatica per essere una ragazza” –, c’è Verdone nella Roma agostana, c’è Gianni Di Gregorio – che ti ha aiutato – in quella malinconia sottile, però c’è anche Filippo. Sei riuscito a raccogliere degli omaggi ma anche a renderla in qualche modo personale, questa tua estate della paranoia post-adolescenziale.
Filippo: Sia quando ho scritto il film che quando mi preparavo a girare, ho cercato di far finta che tutti questi registi non esistessero, semplicemente perché sono inimitabili. Poi ovviamente io sono ragazzo normale, che vive nel mondo, che questi film li ha visti e qualcosa ha introiettato: la mia voce – se ne ho una – di certo non può essere pura al 100%, da qualche parte si proviene sempre. Spero di non essere caduto in una rimasticatura.
Tornando alle musiche, ovviamente il titolo del film è celentanesco.
Filippo: Stavano per iniziare le riprese, ero in cerca di un titolo perché quello che c’era non mi convinceva tanto. Stavo camminando con la mia ragazza a Villa Borghese, c’era un signore che ne faceva un cover abbastanza triste. È una canzone evocativa e quindi sono stato evocato… (ridiamo). E mi è sembrato che il film parlasse un po’ di quella sensazione lì, che è un sensazione così profonda che forse la potresti accostare a qualsiasi cosa. Però, sentendo la canzone, mi sento come vorrei che si sentisse chi vede il film. Cosa impossibile, lo preannuncio.
A parte tutte le musiche originali di Pop X, a un certo punto c’è un pezzo di Nada, suonato da uno dei personaggi. Perché hai fatto questa scelta?
Filippo: Serviva una canzone che quell’amico dei genitori del protagonista potesse stonare con la chitarra, un po’ simpatica, che in qualche modo mettesse in imbarazzo. Io strimpello la chitarra molto male e mi sono ritrovato così in camera a urlare “Ti stringerò”: ho pensato che quella canzone, stonata, facesse abbastanza ridere. E poi la chitarra è un classico di estati non proprio conturbanti.