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‘Game of Thrones’, George R.R. Martin parla del finale

L'autore della saga 'A Song of Ice and Fire' riflette sui personaggi di Arya e Sansa, e perché la conclusione dello show lo rende triste

Foto: Rich Polk/Getty Images

Quando andrà in onda l’ultimo episodio di Game of Thrones il 19 maggio, George R.R. Martin sarà davanti alla tv a guardarlo. Darà un’occhiata alla conclusione televisiva della storia che ha inventato, e poi tornerà subito a scrivere la sua versione, con due libri ancora da completare. In occasione del nostro servizio su Maisie Williams e Sophie Turner, lo scrittore ha raccontato come ha creato le sorelle Stark, ha parlato del doppio finale della sua storia e di molto altro ancora.

Le sorelle Stark sono sulla cover di Rolling Stone USA.
Sì, ho sentito. È davvero fantastico. Mi incuriosisce molto. Ottima scelta, sono entrambe delle giovani donne fantastiche… Stavo per dire ragazzine, ma non sono più piccole, vero? Sono cresciute molto velocemente.

Volevo leggerti uno dei primi passaggi che hai scritto su entrambe, se per te è ok.
Certo.

“Non era giusto, ecco. A Sansa era stato dato tutto. Arya era arrivata due anni dopo e forse, a quel punto, non era rimasto niente da dare a nessun altro. Spesso era così che lei percepiva le cose tra loro. Sansa sapeva ricamare, danzare e cantare, sapeva scrivere poesie e vestirsi, sapeva suonare l’arpa e perfino le campane tubolari. Sansa era bella, e quello era davvero il peggio. Aveva ereditato i raffinati zigomi alti di sua madre e i folti capelli ramati dei Tully. Arya, invece, aveva preso dal lord suo padre. I suoi capelli erano di un castano privo di splendore, il suo volto era allungato e austero”.

Da dove è nata l’idea delle due sorelle?
Mi stai riportando parecchio indietro nel tempo. Questo è uno dei primi capitoli… risale al 1991. Ho scritto un centinaio di pagine prima di essere distratto da Hollywood e poi ho messo tutto da parte per due anni prima di tornare a occuparmene. Le parole che hai letto erano in realtà parte di quelle prime cento pagine. Quando stavo stavo creando la famiglia di Lord Eddard Stark, ho capito che volevo che fosse grande, con molti figli. Credo anche di aver barato un po’ perché non ho inserito nella storia dei bambini morti da piccoli, cosa frequentissima nel Medioevo.

Così ho creato Bran e nel primo capitolo ho raccontato di quando gli Stark trovano i cuccioli di meta lupo nella neve. Il punto di vista è quello di Bran, e Robb, Jon e Theon sono tutti con lui, sono andati ad assistere a un decapitazione eseguita dal padre. Il fatto che solo i ragazzi potessero uscire dal castello era un riflesso di una società patriarcale, come era quella medievale. Stavo seguendo la storia in quell’ottica, ma volevo anche delle ragazze.

E quando sono arrivato a Grande Inverno nel capitolo successivo, sapevo che volevo affrontare il ruolo che donne e ragazze avevano in questo tipo di società. Quindi, per mostrare il contrasto, abbiamo due sorelle che sono molto, molto diverse l’una dall’altra. Nel Medioevo vigeva il patriarcato. Sono un po’ stanco dell’eccessiva generalizzazione, visto che mi fa sembrare un idiota — ma in generale, le donne non avevano molti diritti. Erano abituate a sposarsi per stringere alleanze. Sto parlando di donne nobili, naturalmente, le contadine avevano ancora meno diritti. Ma nel libro mi stavo concentrando su una famiglia di alto rango.

Allo stesso tempo, è qui che è nato il romanzo cortese: il cavaliere valoroso, la bella dama… Si è diffuso parecchio, inizialmente nelle corti di Francia e Borgogna, ma poi in tutta Europa, anche in Inghilterra e Germania. E ha ancora le sue radici in molte cose che seguiamo oggi. In un certo senso l’archetipo della Principessa Disney — tutto il mito della principessa — è un’eredità dei trovatori francesi.

Sansa amava moltissimo tutto questo. Sognava le giostre, i bardi che cantano la sua bellezza, i cavalieri leali, voleva essere la signora di un castello e forse una principessa e una regina. Tutto il pacchetto.

Invece Arya era una ragazza che non si adatta a quel sistema, e che, fin dall’inizio, era a disagio e mordeva il freno nei ruoli in cui era stata costretta. Una che non voleva cucire ma combattere con una spada, che amava cavalcare, andare a caccia e fare la lotta nel fango. Un “maschiaccio”, anche se quel termine, naturalmente, non esisteva nel Medioevo, quindi penso di non averlo mai usato nei libri, ma è chiaro cosa intendo.

C’era qualcuno nella tua vita che avrebbe potuto essere d’ispirazione per Arya?
Non posso dire che ci sia un modello specifico, ma molte delle donne che ho conosciuto hanno degli aspetti di Arya. Soprattutto alcune ragazze che frequentavo quando ero giovane negli anni ’60 e ’70 — il decennio della rivoluzione sessuale e del movimento femminista. Ho incontrato un sacco di giovani donne che non ne volevano sapere di trovare un marito e fare la casalinga.

Questo fa certamente parte di Arya. C’è quella scena in cui Ned le dice: “Un giorno crescerai, sposerai un lord e sarai la signora del castello”. E lei replica: “No, non lo farò, non voglio. Quella è Sansa, non sono io”. Conoscevo donne che dicevano cose del genere: “Non voglio essere la signora Smith, voglio essere me stessa”.

Cosa pensi delle due attrici che incarnano quei personaggi?
Devo dare un enorme credito al nostro direttore del casting, Nina Gold. Trovare Arya è stato particolarmente difficile, come temevo. Abbiamo provinato più attrici per Arya che per qualsiasi altro ruolo in questo show. Non ero fisicamente presente al casting — ero tornato in New Mexico a lavorare sul prossimo libro, ma ero collegato via web. Registravamo le audizioni, avremo visto un centinaio di ragazze. E a un certo punto stavo davvero iniziando a dire: “È un disastro, non troveremo nessuno qui”. Non è un ruolo che richiede di essere carine e pronunciare battute pungenti di una riga per mettere a tacere il padre idiota, come succede nelle sit-com. Queste sono ragazze che subiranno traumi personali enormi. Vedranno la morte e la guerra. Vedranno le persone a loro vicine finire decapitate.

Dopo aver guardato tutti questi nastri pensavo: “Siamo fottuti”. Poi ho visto il provino di Maisie: “Eccola. È lei. È Arya”. Sta pronunciando le battute, è viva, ha lo spirito di Arya. È stato incredibile: David [Benioff], Dan [Weiss] ed io abbiamo detto: “Sì, l’abbiamo trovata, evviva. Fate partire i fuochi d’artificio”.

Anche Sophie è stata fantastica — l’abbiamo scelta più velocemente. E poi quando le abbiamo messe insieme… Voglio dire, si sono prese dal primissimo ciak. Maisie è tornata a casa dopo aver incontrato Sophie e ha detto a sua madre: “Non so se avrò la parte, ma spero che quest’altra ragazza che ho incontrato venga scritturata, perché è una grande”.

E penso che su YouTube… Non so come abbiano avuto i video delle audizioni, ma sono là fuori e qualcuno li ha montati. La scena si anima durante i loro provini. È meraviglioso.

In particolare la storia di Sansa è diversa dai libri. Ramsay Bolton — il matrimonio ovviamente era con un altro personaggio. Quando hanno iniziato a deviare dalla trama in quel modo, hai avuto qualche reazione emotiva, anche se hai lavorato per molti anni a Hollywood?
Sì, certo che ho avuto una reazione emotiva. Voglio dire, preferirei che lo avessero raccontato esattamente come ho fatto io? Ovvio. Ma sono stato anche dall’altro lato. E ho fatto la stessa cosa, quindi….

Una parte della deviazione, ovviamente, è dovuta al fatto che sono stato lento con i libri. Avrei davvero dovuto finire questa cosa anni fa — e se l’avessi fatto, avrei raccontato una storia diversa adesso. Quando si adatta qualcosa, ne escono due varianti della stessa storia, o una storia simile. L’analogia che uso spesso è: quanti figli ha avuto Rossella O’Hara? Sai la risposta?

So che cambia dal libro al film ..
Tre bambini nel libro, uno per ogni marito, mentre nel film ha avuto un figlio solo. E nella vita reale, ovviamente, Rossella O’Hara non aveva figli, perché non è mai esistita. Margaret Mitchell l’ha inventata. Il libro è lì. Puoi prenderlo e leggere la versione di Mitchell, oppure puoi vedere la versione del film di David Selznick. Penso che siano entrambi fedeli allo spirito del lavoro, e speriamo che sia vero anche per Game of Thrones da una parte e A Song of Ice and Fire dall’altra.

Come vivi la fine dello show?
È complicato. Sono un po’ triste, in realtà. Vorrei avere qualche altra stagione. Ma capisco, Dave e Dan continueranno a fare altre cose, e alcuni degli attori sono stati sotto contratto per circa otto anni, sono sicuro che vorrebbero andare avanti e interpretare altri ruoli. È giusto. Non sono arrabbiato o niente del genere, solo un po’ malinconico.

È strano, a Hollywood… Voglio dire, ho lavorato ad altre serie, sai? Twilight Zone a metà degli anni ’80, e poi Beauty and the Beast per tre anni… e ogni volta che qualcosa finisce, più a lungo è durato lo show, più è difficile accettarlo. È davvero una famiglia. Stai con loro per gran parte dell’anno e non ci lavori soltanto, spesso si vive tutti insieme in un hotel quando le location sono lontane. Li vedi tutti i giorni, a volte sette giorni alla settimana. Sono coinvolti nella tua vita.

La conclusione dello show — qual è il tuo finale?
Posso solo dire che quando i miei prossimi due libri usciranno dovrete leggerli e scoprirlo.

Giusto. Hai smesso di guardare la serie ora che è andata oltre?
No, certo che no.

E hai già visto la stagione finale?
No, non l’ho fatto. So quello che sta succedendo, ma non ho visto nessuna scena. Guarderò gli episodi per la prima volta con tutti gli altri.

Hai letto le sceneggiature finali?
No, ho avuto incontri con David e Dan in cui abbiamo discusso alcune cose.

Quindi potresti essere in qualche modo sorpreso dal loro finale…
Fino a un certo punto. Voglio dire, penso che i punti principali della fine saranno cose che ho detto loro cinque o sei anni fa. Ma potrebbero anche esserci dei cambiamenti. E ci sarà molto da aggiungere.

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