In tv è tagliente. La sua ironia, che l’ha resa celebre, l’ha portata a condurre programmi cult come G’Day e Che succ3de? Ma nella vita reale Geppi Cucciari non è così caustica e, anzi, sembra quasi intimidita. Una donna dalla simpatia strabordante, che non si prende mai sul serio, capace di fare battute o essere tranchant per sviare le domande alle quali non vuole rispondere. Nel frattempo, su Rai 3, ogni giovedì in prime time c’è Splendida cornice, lo show che la vede mattatrice e che cerca di unire alto e basso, cultura, umorismo e conoscenza, in un mix unico che solo un’esperta come Cucciari poteva presentare.
Soddisfatta di come sta andando Splendida cornice?
Soddisfatta mai, in genere cerco di fare di più e meglio per far sì che questo aggettivo si compia nel mondo migliore possibile. Poi, se mi chiedi se sono contenta di farlo, ti dico di sì. Felice, onorata e un po’ spaventata.
Perché spaventata?
Perché la prima serata è sempre un rischio e io venivo da un programma, Che succ3de?, con un modo diverso di fare tv, che ho molto amato, un quotidiano. Poi l’opportunità è cambiata e ho accettato, nonostante amassi molto quell’altra formula di intrattenimento.
Sei un’artista che ha cambiato pelle tante volte. Qual è il ruolo in cui ti trovi più tuo agio?
A casaaaaa! Chiusa! Secondo te uno può essere a proprio agio con una telecamera addosso? È un altro l’istinto che ti spinge a fare certe cose, ha a che fare con una compiutezza di espressione personale di contenuto e contenuti altrui. Amo ciò che faccio, è un grande privilegio per cui sono sempre grata, ma l’agio è un’altra cosa. Non credo si chieda questo a chi fa il mio lavoro.
E cosa si chiede?
Fare cose con amore e impegno.
Il progetto che non rifaresti?
La carriera è fatta di quello che fai e di quello che non fai. I no che ho detto li so solo io. E li rifarei tutti. Mi è solo dispiaciuto aver detto no a Michela Andreozzi. Per il resto ho fatto le cose con convinzione e ineluttabilità che sono la stessa cosa.
E il ruolo di Morticia nel musical La famiglia Addams come si inserisce in questo contesto?
Per me è sempre stato un sogno lavorare con Elio, sono fan di Elio e le Storie Tese da quando avevo 18 anni. Avrei potuto farlo meglio, ma questo vale per tantissimi miei lavori.
Perché dici questo?
Lo spettacolo era improntato sul protagonista maschile, io avevo solo un accenno di canzone. Il personaggio era concepito in un altro modo e facevo solo quello, ma quello a cui ho preso parte era una via unica di intendere il teatro. Eravamo una quarantina di persone che giravano per l’Italia. E dopo l’ultima data a Lecce sono scesi i fiumi di lacrime di una famiglia che si lasciava. Ricordi fortissimi che porto con me.
Hai mai avuto pregiudizi per il tuo esordio da comica?
Quando ho capito che la gente confondeva me con quello che facevo ho mollato Zelig. E l’ho fatto quando Zelig ti cambiava davvero la vita.
Come mai questa scelta?
L’unico modo per andare avanti era fare un passo in un’altra direzione. Poi è arrivata La7 con Victor Victoria e G’Day. La scelta di fermarmi è stata mia, poi il destino è una porta che si apre dall’interno, ci devi mettere un po’ del tuo. Sapevo di non poter continuare a fare monologhi di cinque minuti, non volevo fosse quella la mia espressione.
E ti sei mai pentita?
Mai.
E il tuo agente, la gente intorno a te, non ha cercato di dissuaderti?
Il cambio di rotta è combaciato con quello di agenzia, ma sono grata agli anni precedenti. Quelli dopo sono arrivati grazie a quelli prima.
La comicità com’è cambiata?
All’epoca, quando facevo Zelig, eri tu che dovevi uscire di casa. Ora ci sono ragazzini che hanno più follower di me e non sono mai saliti sul palco. Quando ho cominciato io mettevi un cambio in valigia e partivi. Io l’ho fatto.
Musicalmente cosa ti piace?
Sono un’anziana. Sono rimasta a Pino Daniele, Lucio Dalla, gli Abba, Elio e le Storie Tese. Ascolto canzoni, ma non presuppone che ami il percorso del cantante. Ultimamente tra le passioni c’è Salmo, che è un mio conterraneo.
Salviamo solo Salmo?
I Coma Cose mi piacciono molto, La Rappresentante di Lista moltissimo, e pure Madame.
E personaggi come Achille Lauro?
Sì, lo apprezzo… sì.
Ti sento un po’ titubante.
Sono persone che non seguo. L’ho visto a Sanremo e ho apprezzato il suo coraggio e la voglia di fare qualcosa di diverso. È oltre il cantante.
A Sanremo ci andresti?
Poi il titolo diventa “Voglio fare Sanremo”, ma non me lo merito io, non se lo merita Amadeus e non se lo meritano i miei desideri, che sono molto più vicini.
Tipo?
Tipo che la puntata di Splendida cornice vada bene.
Torniamo a Sanremo.
Certo che lo farei, ma quello che faccio è un lavoro che ha una distanza tra quello che desideri e quello che succede. Vediamo cosa accadrà. Per chi fa anche il conduttore, prendere le redini del Festival è un’angoscia inaudita. Ma mi farei affiancare da un direttore artistico del mondo della musica.
Esempio?
Guarda, ne sceglierei uno per generazione: tipo Renato Zero ed Ermal Meta. Mi farei accompagnare da chi conosce la musica più di me. Amadeus è riuscito a rappresentare le varie generazioni con artisti come Dargen D’Amico e Rkomi.
L’ospite che vorresti avere a Splendida cornice e quello che hai chiamato e non è venuto?
Il mio sogno, ahimè irrealizzabile, sarebbe stato quello di avere Jerry Lewis, la persona grazie alla quale ho iniziato a fare questo mestiere, ma purtroppo non ho mai avuto la fortuna di conoscerlo. Ho cercato di avere Luis Miguel, ma è diventato una star.
L’ospite che ti ha sempre rimbalzato?
Non mi sono sentita rimbalzata, ma Renato Zero non sono ancora riuscito ad averlo. Lui è stato gentilissimo, mi ha spiegato che al momento non poteva venire.
L’ospite migliore?
Credo sia bene avere chi ci vuole essere.
Chi funzionerebbe in questo momento?
Dai Måneskin a Bocelli. Le commistioni sono le cose migliori.
C’è un ospite dal quale ti aspettavi di più?
Se così fosse, non te lo direi mai. Tra chi ha scelto di venire da noi, non dirò mai se c’è stato qualcuno meno in linea con me. Non amo leggere chi parla male delle persone. Ci stiamo riferendo ad artisti, a me deludono le persone nella vita privata. Gli artisti che vengono da me fanno il loro.
La delusione più grande nella vita privata allora?
Non la voglio dire.
La domanda che ti da più fastidio?
Tutte, perché non amo le interviste.
Motivo?
Non mi ci riconosco mai. Chi scrive ha un percepito che per me viola la realtà. Mi piacerebbe leggerne una e dire: ecco, quella sono io, con le mie paranoie e le mie fragilità.
Paranoie?
Non sono quello che faccio. Ho un piglio grintoso, ma penso sempre: perché non apro un bar invece di fare questo? Invece ho scoperto che aprire un chiringuito è faticoso e ho rivisto i miei desideri.
Come ti vedi oggi?
Un progetto in divenire. Mai pago, mai domo.