Lode a Giorgia Fumo, liberatrice delle suocere oppresse, dei calzini spaiati e dei mariti perditempo. Finalmente è sorta in Italia una comica che riesce a fare ridere tutti – persino i bambocci di TikTok – senza sfoderare il trito armamentario della moglie esaurita. Per quanto cerchiate online, non troverete infatti nemmeno una sua mezza stand-up sul marito mammone che non aiuta in casa, non comprende la compagna e non educa bene i figli. Zero. E sapete perché? Perché «vabbè, dai, è un immaginario superato», come spiega la diretta interessata. Che si stacca, così, dal fronte comico che bersaglia il maschio italico (ribadiamo, datele almeno un encomio). Piuttosto lei, come bersaglio, preferisce le stesse donne: prende spesso per i fondelli la propria categoria, ironizzando sulla gestione dei social network (stand-up che le è valsa la finalissima a Italia’s Got Talent nel 2022), sulle “ragazze cool che non si truccano”, sulla finta solidarietà, in primis sui luoghi di lavoro.
Ma in generale, comunque, parla d’altro: su TikTok spopola la serie “se i bambini parlassero come adulti”; su Instagram impazzano i video in inglese Emily Explains Europe, al grido di “Hi cappuccini!”, ma ci sono anche le gag sullo smartphone che parla. Un universo di originali mondi comici che nascono dalla sua anima da ingegnere: per 13 anni Fumo è stata una digital strategist. Ha mollato il lavoro solo questo luglio, per fare “comedian full time”. Morale: nel giro di un anno, dopo essere stata finalista a Italia’s Got Talent, sta dilagando online e in tv, dove è stata uno dei volti di punta della decima edizione di Stand-up Comedy, in onda ogni lunedì alle 22 su Comedy Central e in streaming su NOW e Paramount+.
Ribadisco: grazie. Non se ne poteva più…
Ma sì, dai! Ancora le battute sulla suocera o sul marito che non mette a posto i calzini? Hanno un po’ stufato. Inoltre, personalmente non mi fanno ridere i contenuti che trattano gli uomini alla stregua di deficienti. È come se ci fossimo un po’ sedute sull’idea che il partner è un uomo a cui devi fare da mamma, che non aiuta in casa, e via dicendo. Continuare a perpetuare questo immaginario è però come darlo per immutabile: nessuno si aspetta che cambierà. Invece non è così. Nel frattempo il mondo si è evoluto: io vivo un matrimonio che è ben diverso, e posso assicurare che molte altre donne come me non sposano qualcuno da accudire ma un adulto che si sa gestire.
A tuo marito non sarà parso vero.
In realtà mi ha sempre dato carta bianca. Fin dal primo giorno mi ha detto: “Parla di quello che ti pare”.
In compenso rinfacci spesso alle donne di essere portavoce di un’emancipazione più presunta che reale. Possiamo definirti una diversamente femminista?
Mi sa che hai detto bene! Da piccola ero una bambina in fissa con Sailor Moon. Volevo mettermi sempre la gonna, ma rigorosamente quelle che facevano la ruota, e il mio gioco preferito erano le Barbie. Eppure il mio 29 in Tecnica delle costruzioni l’ho preso, così come la laurea in Ingegneria. E questo senza che nessuno mi obbligasse a giocare con il Meccano. È successo semplicemente perché in casa mia era assolutamente plausibile che una ragazza studiasse delle materie scientifiche. Fine. Invece vedo che oggi ci si accanisce su quello che è tipicamente femminile. Per emancipare le proprie bambine, le madri tendono a far fare loro “le cose dei maschi”. Invece basterebbe permettere a queste figliole di fa’ un po’ quello che je pare, che sia danza, o rugby, o niente. Per non parlare poi di questo desiderio collettivo di avere un bambino un po’ speciale, che travolge sia i maschi quanto le femmine.
In che senso?
Oggi i figli devono per forza essere al passo con i tempi. Da digital strategist monitoravo molto i social, ed emergeva proprio questa tendenza: non c’è genitore che non abbia un figlio simpaticissimo, bravissimo, che elargisce perle di saggezza. E perché? Perché se il bambino è speciale, allora lo sono anche i genitori. È sempre tutto un “io”, “io”, “io”. Ci ho fatto anche un pezzo su questo: la mamma voleva che la bambina giocasse a rugby perché “poi così posso andare a Rai 3 a parlarne”.
Quindi tu per lavoro passavi le giornate a leggere tutte le boiate scritte sui social?
No, no, aspetta! I primi anni effettivamente lo facevo, ma poi per fortuna la tecnologia si è evoluta. Si perdono diversi neuroni a passare ore sui forum.
In cosa consisteva dunque il tuo lavoro?
Facevo slide. Vagonate di slide, come tutti coloro che lavorano in ufficio. Solo che, essendo io un ingegnere, facevo le slide con i numeri dentro. Ed essendo un ingegnere che lavora nel digital marketing, le slide erano anche belle.
Non ci credo.
Ok, dai. Facevo consulenza, in team, ai grandi marchi del mercato del lusso. Praticamente analizzavamo il loro target, le campagne pubblicitarie, l’approccio nella loro comunicazione, i volti che funzionavano come testimonial, eccetera. Per farlo servivano però tantissimi dati, e una delle fonti principali era Internet.
Quando hai scoperto il fuoco sacro della comicità?
Sono sempre stata la “bambina che faceva le imitazioni”, obbligando tutti i cuginetti a recitare con lei. Però, capiscimi: io sono cresciuta nella Sardegna degli anni ’90, lì la gente tipicamente non parte per andare a Hollywood. Quei pochi che recitavano non facevano solo quello per mestiere. Quindi sono cresciuta con l’idea che il lavoro serio fosse un altro. Dato che mi piacciono i soldi (ride), mi sono detta: amo studiare, sono brava nelle materie scientifiche, quindi faccio Ingegneria e mi cerco un lavoro vero. Pensa che mi sono iscritta al primo corso di teatro tardissimo: a 24 anni. Scelsi l’improvvisazione.
Perché proprio l’improvvisazione?
Costava poco e non richiedeva capacità mnemoniche. Lavorando in un’agenzia di marketing fai degli orari simili a un pronto soccorso, non avrei mai avuto il tempo materiale di studiare dei copioni. Da lì, però, mi sono appassionata. Ho incominciato a fare delle stand-up agli open mic di Milano, e i riscontri erano buoni. Quindi, su consiglio dei colleghi, decisi di propormi a Comedy Central: se sei bravo, è quello il canale giusto per fare strada. Piccolo particolare: becco l’ultima data utile per i provini, ossia il 29 febbraio del… 2020!
E pandemia fu.
Proprio così. Le selezioni non si potevano più fare in presenza quindi ricevemmo una mail con scritto: “Mandateci un video e buona camicia a tutti”. Lo inviai e per due mesi non sentii più nulla. Fu un’attesa tosta perché tutto era bloccato e non potevo fare nemmeno teatro o cabaret. Però iniziai a rendermi conto che anche il lavoro “sicuro” forse tanto sicuro non era. Il Covid aveva tolto le certezze a tutti. La mia azienda era sana, ma persino lì era partita un po’ di cassa integrazione. Così ho pensato che forse aveva senso dare al sogno della comica più peso di quanto avessi fatto fino a quel momento. Quando a maggio mi chiamarono da Comedy Central, investii su quest’avventura tutte le mie energie.
La svolta è arrivata con Italia’s Got Talent?
È stata indubbiamente una vetrina pazzesca, che mi ha accreditato agli occhi del grande pubblico come stand-up comedian. Però, in meri termini di fama, il boom è arrivato con TikTok: diventare virale ha svoltato la mia carriera. Ancora oggi per strada un sacco di gente mi ferma dicendomi “tu sei quella di Italia’s Got Talent”, ma ancora più gente mi ferma perché “sei quella di TikTok”. Tra l’altro, la vuoi sapere una cosa divertente?
Ovvio.
In passato avevo già fatto un tentativo con TikTok e andò malissimo. Il video che caricai ricevette un solo commento che recitava: “Signora, Facebook è quello blu”. Poi nel 2022 ci ho voluto riprovare e la serie dei bambini che parlano con gli adulti è andata benissimo.
A Italia’s Got Talent Elio disse: “Penso che tu sia vagamente pazza”. Confermi?
Confermo, confermo. Detto da lui, che è ingegnere come me e crede profondamente nell’arte, è un complimento enorme. Che poi, diciamolo: quelli bravi, sempre belli e perfetti, alla fine diventano beige. Si confondono con la parete. Tristissimo. Molto meglio un pizzico di follia.
Frank Matano invece sosteneva che avessi una fisicità atipica. In che senso?
Anche questo è vero: guardami, c’ho l’aspetto dell’impiegata. Effettivamente è insolito: le poche donne che fanno stand-up hanno di solito un’immagine molto appariscente oppure molto da cabaret. Penso per esempio a Sconsolata o alla Littizzetto degli inizi: le vedevi sul palco e capivi subito che erano lì per farti ridere. Io no, e secondo me è un vantaggio: posso giocare sull’effetto sorpresa.
Altri ti paragonano a Teresa Mannino.
Sì, ma solo per via dei capelli. Il raffronto è scattato nel momento in cui sono andata in tv con i miei capelli naturali, ossia ricci. E dire che io e Mannino siamo diversissime: io faccio le vocine, parlo di altri temi. Comunque ora torno liscia.
Per evitare il confronto?
No, perché in tv il riccio è un casino. Sono difficili da inquadrare bene e da preparare. Credimi, se tre quarti delle donne in tv sono lisce è per pura convenienza pratica. E fanno bene.
Ti vedremo nella nuova edizione di Zelig?
Quest’inverno ho fatto il loro laboratorio, mi sono esibita nel locale, ma per ora non ho ancora ricevuto chiamate per il programma. Sarebbe bellissimo! Nell’attesa, sto lavorando al mio nuovo tour.