«“Vieni a New York!” dicevano… ci becchiamo, ci facciamo quattro risate…»: potrebbe borbottarlo, rubando la battuta e la frustrazione al John McClane di Die Hard – Trappola di cristallo, anche il Clint Barton di Hawkeye. Il riferimento al film con Bruce Willis non è affatto casuale: proprio come Die Hard, anche Hawkeye, miniserie i cui primi due episodi sono sbarcati il 24 novembre su Disney+ (i restanti quattro usciranno uno a settimana), è una action comedy di Natale, e anche il suo protagonista è un tizio che vorrebbe trascorrere qualche giorno in serenità ma si trova invischiato in questioni (criminali) più grandi di lui. Il tizio in questione è Clint Barton/Occhio di Falco, l’Avenger interpretato da Jeremy Renner, che è infatti da sempre “l’eroe normale” del gruppo, l’uomo (più o meno) comune assemblato a una supereroica banda che comprende divinità aliene, umani potenziati, geni miliardari playboy filantropi, giganti verdi e Scarlett Johansson – tanto che su questa sua (presunta) inferiorità hanno ironizzato spesso in molti, per esempio un celebre sketch del Saturday Night Live, cui lo stesso Jeremy Renner si era autoironicamente prestato.
L’ambientazione natalizia è una parte fondamentale di questa nuova serie, ce lo conferma proprio il gran capo del Marvel Cinematic Universe, il megaproduttore Kevin Feige in persona: «Ho sempre amato molto film, episodi di serie e special tv che si svolgono durante il periodo di Natale, perché il contesto porta automaticamente una carica in più di emozione, ma anche di conflitti e di tensione… offre opportunità di storytelling uniche. Per questo ho sempre cercato modi per includerlo nell’Universo Cinematografico Marvel: abbiamo già annunciato da tempo uno special natalizio di Guardiani della galassia, la cui lavorazione è ancora in corso, ma Hawkeye è arrivata prima».
E a dirla tutta, già Iron Man 3 era un “film di Natale”, come da poetica del regista Shane Black, che nelle sue buddy comedy non si fa mancare quasi mai lucine colorate e rami d’abete addobbati. «Sono assolutamente d’accordo, anche io considero Iron Man 3 un “film di Natale”!» conferma ancora Feige. «Però era uscito al cinema d’estate, mentre Hawkeye arriva sugli schermi proprio nel corso delle Feste. E poi il desiderio di ambientare la miniserie durante la Holiday Season deriva anche dalla volontà di far svolgere tutta la vicenda in un periodo limitato, come in una sorta di corsa contro il tempo: il tutto avviene in sei giorni, sei giorni per sei episodi. Ce la farà Clint a tornare a casa per Natale? Devo dire che è stata pure una boccata d’aria fresca dopo l’apocalisse di Endgame e le questioni cosmiche degli Eternals e il multiverso di Loki… abbiamo potuto ancorarci di più alla realtà, proprio come Hawkeye stesso che è un uomo di famiglia, molto pratico e concreto».
In Hawkeye, infatti, Clint è a New York con i figli, qualche giorno prima di Natale, per poter passare un po’ di tempo insieme a loro dopo i terrificanti eventi di Avengers: Endgame; ricordiamo che l’intera famiglia Barton si era trasformata in cenere allo schioccar di dita di Thanos, che Clint era diventato uno spietato vigilante per soffocare la rabbia e il dolore, e che infine, nel corso del viavai temporale messo in piedi dagli Avengers per riportare il mondo alla “normalità”, ha perso la sua migliore amica, Natasha Romanoff alias Black Widow. Lo ritroviamo mentre sta guardando con qualche perplessità l’esilarante Rogers: The Musical (un rutilante – e anche abbastanza plausibile – spettacolo di Broadway che ricostruisce tra canti e balli le vicissitudini degli Avengers), mentre è ancora in una fase di profonda elaborazione del lutto.
«Un lutto che nella serie, secondo me, è mostrato in modo straordinariamente intimo» ci dice Jeremy Renner, riflettendo sul suo personaggio. «Ed è anche una delle caratteristiche che avvicina Clint al pubblico. So che la sua espressione può sembrare sempre scontrosa e il suo atteggiamento burbero, ma è coerente con il peso che Barton si porta dietro, il peso degli orrori, delle tragedie e delle perdite che comporta la sua attività. Anche gestire tutto questo fa parte del mestiere di supereroe. Per fortuna la leggerezza e la luminosità del personaggio di Hailee Stanfield compensano la cupezza di Clint. È qualcosa di abbastanza catartico, e di molto bello».
Sì, perché Hawkeye non è solo un approfondimento del personaggio di Clint Barton, ma anche l’occasione di introdurre agli spettatori del Marvel Cinematic Universe una nuova supereroina armata di arco e frecce: la Kate Bishop interpretata dalla giovane Hailee Steinfeld (appena reduce da un altro ruolo seriale, quello di Emily Dickinson nella serie Dickinson di AppleTv+; Feige rivela che Steinfeld non ha fatto audizioni: avevano pensato a lei già progettando il personaggio, e poi l’attrice ha accettato di interpretarlo davvero). Ventiduenne, figlia di una ricca e influente famiglia di Manhattan, orfana di padre (una delle tante vittime collaterali della Battaglia di New York), Kate Bishop è una fan di Hawkeye da quando l’ha visto per la prima volta combattere contro i Chitauri, e ha deciso di seguirne le orme diventando una prodigiosa arciera. «Sono convinta che interpretarla mi abbia spinta a tirar fuori una sicurezza in me stessa, una disciplina e una determinazione che ho sempre sentito di avere, e che in un certo senso accomuna diversi ruoli che ho interpretato, ma che non ho mai dovuto esplorare a fondo come in questa serie», riflette Steinfeld. «E poi mi sento davvero fortunata a poter impersonare un’eroina tanto amata dai fan dei fumetti, che da tempo aspettavano di vederla sullo schermo».
«È arrivata sul set preparatissima e determinata!» ricorda Renner. «Dal canto mio, ho cercato di farle capire fin da subito che l’avrei sostenuta in ogni maniera possibile, anche e soprattutto negli aspetti più “strani” di questo lavoro: girare un qualsiasi frammento del Marvel Cinematic Universe è diverso da qualsiasi altra esperienza cinematografica o televisiva tu possa aver affrontato! E visto che io sono qui fin quasi dall’inizio ne so qualcosa… anzi, a dir la verità, a vedere tutta questa gente nuova che arriva e gente vecchia che se ne va mi sento un po’ un nonno!». «Abbiamo legato immediatamente, fin dall’inizio delle riprese!» ribadisce Steinfeld. «Jeremy mi ha fatto da mentore, e ci siamo anche fatti un sacco di risate!».
Il ruolo del mentore è anche un po’ quello che interpreta, seppur non con lo stesso entusiasmo, lo stesso Clint Barton nei confronti di Kate Bishop, ed è uno dei motivi per cui Kevin Feige ha voluto realizzare Hawkeye. «Beh, prima di tutto stiamo parlando di Jeremy Renner, e chi non vorrebbe vedere “più Jeremy Renner”?», spiega il produttore. «Siamo così fortunati ad averlo avuto con noi fin quasi dal principio, anche se in molti film il suo ruolo è relativamente piccolo. In Avengers: Age of Ultron ha avuto un po’ più di spazio, e infatti ha rubato la scena a tutti! Ma in ogni film in cui è apparso, indipendentemente dal suo minutaggio, ha sempre avuto queste qualità di “eroe comune” e di “mentore riluttante”. Una delle mie scene preferite di tutti i film dell’MCU è quella, in Age of Ultron, in cui Clint motiva Wanda a combattere, rendendola di fatto un’Avenger. Quella scena è il seme da cui è nato Hawkeye, ma abbiamo sempre desiderato indagare più a fondo il suo personaggio, nei fumetti la sua storia è enorme e ricca di potenzialità». «Clint e Kate sono personaggi molto diversi, per certi versi opposti» aggiunge ancora Renner. «Ma hanno anche molto in comune, a livello sia di valori sia di abilità. La dinamica che s’innesta è meravigliosamente complicata, è certo un’amicizia ma anche una “partnership lavorativa”, c’è ovviamente un effetto buddy comedy, ma anche, come si diceva, il rapporto mentore-allieva. È una relazione che alla fine è insieme commovente e divertente».
L’arrivo di Hawkeye su Disney+ è anche la conclusione di un’annata ricca e intensa per i Marvel Studios, la prima in cui hanno fatto debuttare sulla piattaforma della Casa di Topolino diverse serie connesse ai film del franchise MCU. «Sì, per voi è la fine del primo anno, ma per noi si tratta di un lavoro iniziato già almeno tre o quattro anni fa, quando abbiamo cominciato a progettare questa nuova fase. Sono estremamente soddisfatto, soprattutto per la risposta entusiasta del pubblico. Cerchiamo ogni volta di fare qualcosa di differente: oggi siamo qui a proporre una action comedy natalizia, con The Falcon and the Winter Soldier parlavamo di geopolitica, con Loki abbiamo viaggiato in altre dimensioni e altri mondi, WandaVision era insieme una grande ode alla sitcom e una serie sul lutto. E nonostante l’estrema varietà di proposte, il pubblico ha sempre reagito come speravamo. Il bilanciamento tra storie cosmiche come Eternals e vicende più piccole, più “terra terra” come Hawkeye non è tanto una sfida da vincere, quanto un’opportunità, per noi: è un alternarsi di registri e temi che nei fumetti c’è da sempre, e che ho sempre sognato di portare anche sullo schermo. È così che l’MCU diventa una sorta di macrogenere onnicomprensivo, uno spettro immenso entro cui possiamo giocare, senza annoiare né annoiarci».
Un universo narrativo in cui, con Hawkeye, arriva anche un’altra new entry, proveniente – tra le altre cose – da un altro franchise, in questo caso horror: la Vera Farmiga di The Conjuring. «Ho accettato con entusiasmo di interpretare la madre di Kate, Eleanor Bishop» rivela Farmiga, «perché, anche se non ci crederete, amo il tiro con l’arco! Uno dei miei primissimi ruoli è stato in una brevissima serie, che s’intitolava Roar, accanto a Heath Ledger, dove dovevo interpretare un’arciera! Ho imparato davvero a tirare con l’arco e devo dire che sono piuttosto brava… e se qui non potevo interpretare io il personaggio armato di arco e frecce, volevo essere accanto a qualcuno che avesse la grinta giusta!», aggiunge, riferendosi a Il grinta dei fratelli Coen, il film in cui Hailee Steinfeld ha esordito, giovanissima. «Sinceramente: seguo con ammirazione questa giovane attrice fin da quel suo primo ruolo. E amo mettere in scena rapporti delicati e complessi come quelli tra madre e figlia: è nelle relazioni con le nostre madri che impariamo chi siamo e chi vogliamo, o non vogliamo, essere».
E la paternità è un aspetto fondamentale anche per Clint/Hawkeye, come spiega, in conclusione, Renner: «L’essere padre, così come l’essere sposato a una donna forte come la Laura Barton interpretata da Linda Cardellini, è l’ancora del mio personaggio. Sono caratteristiche che danno forma al vero superpotere di Clint, un superpotere che non ha nulla di soprannaturale, semplicemente discende da uno straordinario, ma molto concreto, senso di responsabilità. Ho sempre pensato: Clint è così proprio perché è un padre. Essere genitore è un onore, e un dono, e una delle cose più difficili che un essere umano possa affrontare. È un po’ essere un supereroe. Alla base della personalità di Clint ci sono queste cose – la determinazione, la risolutezza, il senso del dovere, l’empatia – che sono a tutti gli effetti i suoi superpoteri».