Ike Barinholtz è l’eroe non abbastanza celebrato della comedy USA, ma per fortuna è arrivata ‘The Studio’ | Rolling Stone Italia
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Ike Barinholtz è l’eroe non abbastanza celebrato della comedy USA, ma per fortuna è arrivata ‘The Studio’

Un pomeriggio a cucinare chopped cheese sandwich con l’attore comico e scrittore a Los Angeles, dove tutti lo conoscono. Più o meno

Foto: Sinna Nasseri

Quando Ike Barinholtz si avvicina alla cassa del Farm Boy Produce, il cassiere guarda il comico-attore-scrittore-regista di 48 anni con uno sguardo scettico, come se fosse un ladro o peggio. «Sei famoso?». Per un momento, Barinholtz può solo sorridere, rivelando il caratteristico buco tra i denti. Il nostro è a corto di parole. Alla fine, risponde: «Pensi che lo sia?».

La domanda incombe sul giro per negozi che ho fatto con Barinholtz. Nato a Chicago, Ike ha una missione: preparare a me, un ragazzo di Brooklyn, un chopped cheese sandwich, il panino simbolo delle bodega di New York, anche se con ingredienti del Fairfax Farmers Market di Los Angeles. Barinholtz è un gourmet continuamente interrotto.

Una donna di nome Nava (rivela il suo nome dopo aver chiesto a Barinholtz chi è) prende il telefono e scatta una foto di lui mentre paga kielbasa e pierogi. «La manderò a mio marito», dice. «Se tu fossi famoso, lo saprebbe».

Foto: Sinna Nasseri

Una risposta del tal marito sarebbe un sollievo per Barinholtz. Oltre a Nava e al cassiere, gli viene chiesto se è famoso dai clienti di Kaylin and Kaylin Pickles e Huntington Meats, da una delle guardie di sicurezza del mercato e da un acquirente di passaggio che scatta una foto con lui nel caso in cui si rivelasse essere davvero qualcuno. «Forse pensa che io sia John Cena che torna dal bosco», dice Barinholtz, che sfoggia una folta barba, stivali da lavoro, pantaloni cargo e una giacca Carhartt. «O che Mark Wahlberg è diventato grassoccio».

Due persone però identificano immediatamente e definitivamente Barinholtz: una coppia di pezzi grossi di un’agenzia appena uscita da una riunione di lavoro. Uno si lancia dritto e lo abbraccia come fosse un amico.

Questa forma di fama, a quanto pare, è il marchio di fabbrica di Barinholtz: spesso riconosciuto per il volto, il nome o il progetto, ma raramente per tutti e tre, eppure noto e molto richiesto tra gli addetti ai lavori di Hollywood. Le sue capacità lo hanno reso l’attore comico preferito dagli attori comici, uno scrittore amato dagli scrittori e una sorta di tedoforo scelto da leggende della commedia amatissime come Mel Brooks e Norman Lear. Ha scritto ed è apparso in MadTV, The Mindy Project e La pazza storia del mondo – Parte II; ha recitato in film a grosso budget come Cattivi vicini, Giù le mani dalle nostre figlie e Suicide Squad; e ha scritto, diretto e interpretato Il giuramento (2018).

Dopo essere andata a fuoco lento per più di due decenni, la carriera di Barinholtz sta iniziando a fermentare. Sicuramente per aumentare la sua influenza tra gli addetti ai lavori, ha co-creato ed è stato produttore esecutivo della comedy di Netflix Running Point, con Kate Hudson nel ruolo di una sorta di Jeanie Buss che prende in mano una squadra di basket di Los Angeles a conduzione familiare. E sta per diventare più riconoscibile che mai grazie a The Studio, una parodia dell’industria di Hollywood (su Apple TV+ dal 26 marzo). Barinholtz recita accanto al co-creatore dello show Seth Rogen nel ruolo di Sal Saperstein, il dirigente di uno Studio pasticcione e incline agli eccessi. Il vizio di Barinholtz è riempire una mezza dozzina (e oltre) di borse della spesa. «Ho un problema con il cibo, sì», dice. «Prendo l’Ozempic ma lo taglio con le patatine fritte».

Barinholtz è esigente quando fa la spesa senza lista. Non vuole baguette ma pagnotte italiane, spinge da parte la lattuga Little Gem («Troppo sofisticata. Ci vuole l’iceberg! Questo non sarà un chope cheese woke») e verifica il grado di maturazione di un avocado dopo l’altro. «Brutte notizie», annuncia. «Proprio come il mio culo, sono un po’ troppo sodi».

Foto: Sinna Nasseri

A pochi minuti di macchina, Barinholtz scarta gli ingredienti del nostro pranzo spalmato sul bancone della cucina e inizia a tagliarli con velocità e abilità. «Mi sono bruciato il dito, quindi ho questo cerotto gigante», dice, «che sono sicuro abbia un bell’aspetto, come se fossi in The Bear».

Potrebbe anche essere così. Barinholtz cucina la cena cinque volte a settimana per sua moglie e i suoi figli. Dice che preparerà panini di manzo italiani Chicago-style per una prossima festa del Super Bowl. Non gli è stato chiesto di preparare o portare nulla: ha detto al padrone di casa cosa sarebbe stato servito. «Così posso avere il controllo», spiega.

Ospite frequente a cena, Rogen si meraviglia della precisione culinaria di Barinholtz e del suo impegno ai fornelli. Lo stesso vale per il discorso comico, dice Rogen, che paragona Barinholtz a un musicista jazz la cui abilità nell’improvvisazione è costruita su una tecnica raffinata e una grande attenzione ai dettagli. Ed è questo che rende Barinholtz incredibile in The Studio. «Il modo in cui abbiamo girato la serie è stato il più duro della mia carriera, e lui lo show se l’è davvero mangiato. Sorry», dice Rogen ridendo.

Commedia e cucina sono sempre andate di pari passo per Barinholtz. Crescendo, quando si trovava a casa del suo amico d’infanzia David Stassen, ora suo socio in scrittura e produzione, Stassen giocava a Blades of Steel sul Nintendo, mentre Barinholtz si seppelliva nelle copie di Bon Appétit dei genitori dell’amico.

Foto: Sinna Nasseri

Barinholtz si è abbuffato anche di film, però: commedie “hard” come Mezzogiorno e mezzo di fuoco, National Lampoon’s Vacation e Una poltrona per due, e saghe sulla mafia, in particolare Quei bravi ragazzi, che ha visto la sera della prima. Forse non è una coincidenza che quel film sia anche un video “didattico” sulla cucina: in piena euforia alimentata dalla cocaina, l’Henry Hill di Ray Liotta spiega come preparare il sugo della domenica; le scene in prigione mostrano Paulie (Paul Sorvino) che affetta l’aglio con una lametta e dice una battuta che Barinholtz sostiene definisca il suo piano di perdita di peso: “Dobbiamo metterci a dieta, domani mangeremo panini”.

Il lato comico del film lo ha molto colpito. «Ricordo solo di aver riso e di essere rimasto sbalordito», dice Barinholtz. «Ho sempre pensato che se avessi mai incontrato Marty Scorsese, avrei dovuto dirgli: “Quei bravi ragazzi mi hanno fatto venire voglia di fare questo lavoro”. E poi, trent’anni dopo…».

Sfidando il detto “non incontrare mai i tuoi idoli”, Barinholtz ha lavorato con Brooks in La pazza storia del mondo – Parte II (hanno discusso dell’importanza delle battute sulle scoregge e della lotta ai nazisti), con Lear in diverse esibizioni televisive dal vivo di Arcibaldo (dopo la prima, hanno condiviso una canna a tarda notte) e ora con Scorsese, che fa un’apparizione memorabile nel primo episodio di The Studio. Una scena richiedeva che il personaggio di Barinholtz facesse la battuta più leccaculo possibile al leggendario regista, che sapeva esattamente cosa doveva essere. «Marty dice: “La gente viene sempre da me e mi dice: sei tu il motivo per cui ho iniziato a fare film”», ricorda Barinholtz con una smorfia. «E io pensavo: “Oh, merda, sono uno di quelli”». Fortunatamente, l’autocommiserazione a Barinholtz viene facile. Dopo che Sal pronuncia la battuta da leccaculo, Scorsese risponde: “Chi cazzo sei?!”.

Isaac Barinholtz è nato a Chicago ed è cresciuto nel quartiere di Lakeview. Ha frequentato la scuola ebraica diurna, la Latin School of Chicago e la Boston University, anche se per poco tempo. Dopo che lo shock iniziale per l’abbandono degli studi si è esaurito, i suoi genitori hanno sostenuto i suoi tentativi di costruirsi una carriera nella recitazione. Quando suo padre lo ha portato a uno spettacolo di ImprovOlympic (ora noto come iO Theater), si è acceso un fuoco in Barinholtz e gli ha dato un obiettivo. Ha lavorato per il Chicago Transit e nel telemarketing mentre studiava con ImprovOlympic e Second City, stringendo amicizia con gente del calibro di Amy Poehler e Jack McBrayer. In seguito, si unì e aiutò a guidare la leggendaria compagnia di improvvisazione Boom Chicago (che, nonostante il nome, ha sede ad Amsterdam), dove strinse amicizia con Jordan Peele, Jason Sudeikis, Seth Myers e Amber Ruffin.

Mentre un mix di rock indie e classico risuona nel suo impianto audio, Barinholtz contemporaneamente rosola carne macinata, griglia il pane e cuoce le uova in camicia in una pentola per la pasta, facendo ogni gesto a memoria e in freestyle.

Sempre più impegnato, Barinholtz sta iniziando a limitare il suo lato multitasking, almeno professionalmente. Se gli piace la concentrazione che richiede la regia cinematografica, dirigere episodi in una serie non fa per lui, soprattutto quando si destreggia tra i carichi di lavoro di scrittore, produttore e attore. «Lavoro a tutto senza sosta», dice, «e ora dovrei anche fare una lista per le riprese?».

Foto: Sinna Nasseri

A causa delle richieste in contrasto con il suo tempo a disposizione, recitare soltanto in The Studio è stato un cambiamento molto gradito. «A volte», dice, «fare uno show in cui tutto quello che vogliono che tu faccia è essere carino e dire qualche battuta divertente è un lusso». Si è trovato in buona compagnia. Oltre a Rogen, nel cast ci sono Kathryn Hahn, Catherine O’Hara e Bryan Cranston, ed è pieno di camei di star di prima grandezza, tra cui Anthony Mackie, Ron Howard, Zoë Kravitz, Ice Cube e Charlize Theron. Barinholtz è stata una presenza rassicurante in una ripresa impegnativa. «Ike piace a tutti, è vero», dice Rogen. «Marty lo ha trovato molto divertente. Lavorare con lui gli è piaciuto moltissimo. Tutti sul set lo amavano».

Anche se il progetto ha richiesto anni per entrare in produzione, Barinholtz ha fatto parte della visione di Rogen fin dall’inizio. «Seth mi ha contattato anni fa e me l’ha buttata lì in modo soft», ricorda Barinholtz. «Mi ha detto: “Sto scrivendo questa parte per te”. E io ho risposto: sì!».

Per Barinholtz, la premessa e lo sviluppo evocano il Larry Sanders Show (ma ci sono anche sfumature dei Protagonisti di Robert Altman) e Tropic Thunder, una satira folle che si addentra nella tensione tra arte (cinema per “mixologist pansessuali di Bed-Stuy”, come dice il suo Sal) e commercio (film ad alto budget su marchi di bevande! Zombie che vomitano diarrea!). Nonostante avesse solo intenzione di recitare, Barinholtz ha contribuito con appunti e suggerimenti che hanno salvato molte scene, dice Rogen, e, nei panni di Sal, ha costruito un rapporto con il personaggio di Rogen, il capo dello Studio Matt, che è il fulcro dello show. «Cerco sempre di costruire la dinamica tra due idioti, con uno che pensa di essere un po’ più intelligente dell’altro», dice Rogen. «Questa è esattamente la nostra dinamica nella serie. E forse anche fuori».

Ha aiutato il fatto che Rogen e il suo partner creativo (e amico d’infanzia) Evan Goldberg abbiano un approccio e un’estetica simili a quelli di Barinholtz e Stassen nei confronti di quel materiale. «Spero che non suoni da idiota, ma cerchiamo di fare commedia con la C maiuscola», dice Barinholtz. «Ci piacciono le persone stupide che dicono cose stupide in nove secondi. Vogliamo solo battute dure e pure».

The Studio — The Oner | Apple TV+

Barinholtz posa un tagliere da macellaio sul suo tavolo da pranzo con un “voilà”. È pieno di panini con avocado e uova in camicia, ricoperti di ravanello e gustoso formaggio tritato con pomodoro e lattuga iceberg che spuntano da bun lunghissimi. La bodega di Barinholtz è aperta. «Ecco un tovagliolo», dice Barinholtz. «Prendine uno. Di ciascuno. Vai».

La cucina di Barinholtz si apre su una stanza della sua casa, un salotto punteggiato di foto incorniciate che ricordano altre tappe fondamentali. Un ritratto in bella mostra è il cast di Arcibaldo e I Jefferson dal loro primo speciale dal vivo nel 2019, con Barinholtz accanto a Lear, Woody Harrelson, Marisa Tomei, Jamie Foxx, Will Ferrell e Kerry Washington.

Anche delle foto di famiglia di Barinholtz fanno parte un sacco di celebrità. Il fratello minore Jon lo ha seguito nella recitazione, apparendo in Superstore e American Auto, e accanto al fratello nel Giuramento. Più di recente il padre, l’ex avvocato Alan Barinholtz, si è unito ai figli nell’azienda di famiglia. Dopo apparizioni inaspettate in diversi progetti di Barinholtz, ad Alan è stato assegnato un ruolo nella comedy Il giurato, nei panni del giudice Alan Rosen. Questo ovviamente ha spinto Barinholtz a scrivere un progetto per loro. «L’emergere di mio padre come la starlet più hot di Hollywood è stato fantastico», afferma Barinholtz. «Ci consente di fare davvero delle cose insieme». Con la tessera SAG in mano, Alan e sua moglie sono diventati residenti di Los Angeles come i loro figli. «Sta vivendo la sua vita al meglio», dice Barinholtz di suo padre.

Eppure, Barinholtz aggrotta la fronte, ricordando quando un fan si è avvicinato a lui, Jon e Alan per strada, poi ha superato entrambi i fratelli per stringere la mano al pater familias. «Sono felicissimo per lui», ricorda Barinholtz con una scrollata di spalle. «Fucking nepo parent».

Da Rolling Stone US

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