Il cinema sarà salvato dai dinosauri. E non parliamo solo di Tom Cruise. Battute a parte, dopo avere aspettato per due anni Top Gun: Maverick, che sta facendo respirare il box office mondiale come il più in forma degli Spider-Man, adesso si punta di nuovo sul T-Rex, che alla fine non ha mai tradito le aspettative. Certo, l’emozione non è la stessa che si dipinse sul volto di Laura Dern nel primo e irripetibile Jurassic Park di Steven Spielberg, quando vide per la prima volta un brachiosauro fare colazione. Ma dopo sei film, e non tutti memorabili, queste creature vissute 65 milioni di anni fa riescono ancora a fare breccia. Riecco quindi Bryce Dallas Howard e Chris Pratt, rifugiatisi nella foresta lontani dagli occhi del mondo per proteggere la giovane Maisie Lockwood, il cui DNA è prezioso quanto quello di un velociraptor. Naturalmente verrà rapita e i due si getteranno all’inseguimento, fino ad arrivare all’usuale resa dei conti con il sostituto di Dio di turno.
Jurassic Park – Il dominio, nelle sale dal 2 giugno, non differisce di molto dai suoi predecessori nella struttura narrativa, ma Colin Trevorrow, tornato dietro la macchina da presa dopo una sfortunata parentesi nell’universo Star Wars (fu sostituito da J.J. Abrams alla regia dell’Episodio IX: L’ascesa di Skywalker, ha voluto esagerare. Ha concesso alla coppia protagonista una sequenza tra James Bond e Fast and Furious; ha inserito un villain classico, di quelli che vogliono dominare il mondo (un gustoso e redivivo Campbell Scott); e, soprattutto, non ha avuto timore di tirare in ballo argomenti di un certo spessore. «Ma non volevo fare un film politico», mi ha confidato a Londra in occasione dell’anteprima europea, «almeno non secondo gli standard degli Stati Uniti, dove considerano la salvezza del pianeta una questione politica. Io preferisco chiamarla buon senso, e credo che inserire questo messaggio in un prodotto d’intrattenimento rivolto a un pubblico globale sia una buona maniera per veicolarlo».
Non solo di ambiente si parla in questo sesto episodio, ma anche di ingegneria genetica, bioetica, clonazione, tutte cose che Michael Crichton aveva riversato nel romanzo da cui è tratto il film originale. Morto nel 2008, lo scrittore laureato in Medicina a Harvard non ha potuto vedere questa seconda trilogia, anche se un Crichton sul set di Jurassic World c’è stato, come mi ha raccontato Bryce Dallas Howard: «L’ultimo figlio, Todd, non ha mai conosciuto il padre, perché è nato nel 2009: la moglie di Michael, Sherry, era all’ottavo mese di gravidanza. Mentre stavamo girando il primo film, sono venuti a trovarci e Todd, che aveva sei o sette anni, si è messo a giocare con l’unico dinosauro animatrone che avevamo. Ed è stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita, vedere l’eredità di un padre passare al figlio che non ha mai potuto incontrare».
E parlando di eredità, è quella che il cast originale ha ufficialmente passato alla nuova generazione in questo finale, in cui ritroviamo Laura Dern nei panni della dottoressa Ellie Sattler, Sam Neill sotto il cappello del professor Alan Grant e Jeff Goldblum alias l’ineffabile matematico filosofo Ian Malcolm. Elegantissimo in outfit total black, il protagonista di cult come Il grande freddo e La mosca mi ha spiegato che «sebbene abbia interpretato nel corso della mia carriera degli scienziati un po’ instabili, non credo che Ian Malcolm sia tra questi. Al contrario, rappresenta la voce della ragione, della saggezza e del futuro. E anche se è in effetti un po’ anticonvenzionale come accademico, ho sempre pensato che fosse un personaggio dotato di grande umanità ed empatia, e che insieme ai suoi colleghi, vecchi e nuovi, combatte una giusta battaglia contro l’ignoranza e la cupidigia». Impossibile dirlo meglio di così.
Quindi, il tempo dei dinosauri sembrerebbe essere finito, ma il condizionale è d’obbligo, perché in realtà ci sono tutti gli elementi per andare avanti con una terza trilogia, e tutta al femminile. Isabella Sermon ha quindici anni, un accento britannico da fare invidia alla Regina e la sua Maisie Lockwood è un personaggio con un arco narrativo tutto da sviluppare. Time is on her side, parafrasando i Rolling Stones, dato che ha tutta la vita davanti, pur dovendo fronteggiare problemi che molti di noi sono ben felici di essersi lasciati alle spalle. «Non sono potuta andare all’anteprima mondiale a Los Angeles perché avevo gli esami a scuola. Non potevo assolutamente saltarli, negli ultimi due anni non sono andata bene, tra la pandemia e il tempo che ho passato sul set. Ho fatto 23 test, ho il cervello fuso». Il futuro lo potrebbe dividere con Kayla Watts, pilota sexy e gay che è la new entry della banda, interpretata da DeWanda Wise, già vista nella serie She’s Gotta Have It di Spike Lee nei panni di Nola Darling. Apparentemente è arrivata fuori tempo massimo, ma il suo personaggio – un po’ Han Solo, un po’ Indiana Jones e un po’ anche Jet McQuack di Duck Tales – ha tutte le carte in regola per poter vivere fantastiche avventure nel futuro mondo dominato dai dinosauri.
Alla fine della fiera, Jurassic World – Il dominio è una buona chiusura di una saga che ha avuto più bassi che alti e che, tornando alle origini, riesce a essere nuovamente un prodotto di intrattenimento degno del termine. Merito, ancora una volta, del revival, che più che una moda sta diventando in realtà una fonte di preoccupazione. Il passato è una terra straniera, ma a quanto pare anche l’unico posto dove si riescono a trovare delle storie da raccontare. Forse abbiamo più paura del domani che di un T-Rex.