Mentre lavora alla terza stagione di The Diplomat (la seconda è appena arrivata su Netflix), il tragitto giornaliero di Keri Russell verso l’Inghilterra è diventato molto più breve. Se i primi due capitoli del thriller politico – con Russell nei panni di Kate Wyler, la tormentata ambasciatrice degli Stati Uniti in Gran Bretagna, ruolo per il quale è stata nominata agli Emmy – sono stati girati interamente a Londra e dintorni, la produzione del terzo è già in corso molto più vicino a casa. Anche se la serie è ancora ambientata nel Regno Unito, le riprese quest’anno si svolgono a Brooklyn, dove Russell vive con il suo compagno (ed ex co-protagonista di The Americans), Matthew Rhys, e i loro figli.
«È strano, abbiamo alcuni dei nostri set interni qui a New York», dice Russell al telefono. «Posso andare al lavoro in bicicletta. Sono davvero grata, così posso stare a casa con i bambini, così come Debora Cahn, che scrive la serie, ed è davvero importante essere vicina e non lasciare che i tuoi figli vengano allevati dai lupi».
Keri Russell parla con Rolling Stone di ciò che i veri diplomatici pensano di Kate Wyler, della relazione caotica tra Kate e il marito Hal (Rufus Sewell), del lavoro con Allison Janney in questa nuova stagione, dei ricordi di The Americans e altro ancora.
Non farò spoiler, ma c’è un evento chiave nella nuova stagione che si sovrappone alla vera geopolitica del 2024. È divertente come sia andata alla fine.
È sorprendente, perché tutta quella trama è stata scritta molto tempo fa, prima dello sciopero degli attori e degli sceneggiatori. E abbiamo iniziato anche a girare molto tempo fa. Spero che la gente sappia a quando risale, che non è stato tipo: “Sai cosa dovremmo fare? Questo è spassoso e attuale!”. Perché ho pensato: “Cazzo, spero che sappiano quanto tempo ci vuole per realizzare una serie tv”. Noi stavamo procedendo sulla nostra strada e poi il mondo ci ha raggiunto. Ho già letto tutti i copioni della terza stagione. È davvero bella nel senso che piace a me, e non riesco proprio a credere che continui a migliorare.
Quando dici che è davvero bella nel senso che piace a te, cosa significa?
Penso solo che sia raro avere dei bei ruoli. Quelli davvero fantastici sono sempre più difficili da trovare. Ho avuto la fortuna di averne trovati un paio. Adesso, in questo momento della mia vita, poter avere la mia età, essere una donna e fare qualcosa che mi sembra così intelligente, in un mondo che mi interessa, qualcosa di divertente e non deprimente… Il mondo è già abbastanza pesante per me. Apprezzo moltissimo venire al lavoro e interpretare dialoghi taglienti e sfacciati, essere un disastro e dire continuamente “fuck“. The Diplomat è piena di sostanza, ma è anche una pacchia, ed è incredibile fare qualcosa del genere proprio adesso.
Hai girato questa stagione molto tempo fa. Ora ne stai realizzando una nuova che andrà in onda mentre il pubblico vivrà con un’amministrazione presidenziale diversa da quella attuale, e la vita potrebbe essere molto diversa a seconda di chi vincerà. Tu, Debora e tutti gli altri avete parlato di come questo potrebbe influenzare gli spettatori in un modo o nell’altro?
Mio Dio. Che momento assurdo. Qualunque sia la tua opinione, o lo guarderai con il rimpianto per quello che avrebbe potuto essere, oppure in qualche modo andrai avanti. Non lo so. È strano che tutto sia diventato così attuale. La cosa bella di Debora è che scrive semplicemente l’idea migliore che ha in testa. Non penso che abbia importanza ciò che sta accadendo a livello politico, credo che potrebbe giocare a nostro favore in entrambe le direzioni. Ma non ne parliamo mai davvero.
Nei panni di Kate fai molte cose, ma tra queste c’è interpretare una donna che è costantemente sotto esame per come appaiono i suoi vestiti e i suoi capelli. Ti ci puoi identificare?
Tutte le donne devono vivere secondo questi bizzarri standard, soprattutto se sei sotto gli occhi del pubblico. Naturalmente l’ho percepito anch’io. Cerco di limitare la mia esposizione al resto del mondo in modo da non poter essere criticata così tanto. Ne ho abbastanza a casa con dei ragazzi adolescenti. Ma sì, certo. È verissimo che le donne, specialmente in politica, si preoccupino del modo in cui appaiono i loro capelli e di ciò che indossano. È ancora la realtà in questo Paese. Il modo in cui Debora gestisce tutto questo è fantastico. Non ho mai avuto l’impressione che Debora odiasse gli uomini. Lei dice semplicemente: questa è la realtà e Kate è un gran casino di donna. E sì, la gente ha delle opinioni sui suoi capelli e sui suoi vestiti. E adoro il mio aspetto [in questa serie]. È così spassoso interpretare questo personaggio. Lo amo. Penso che sia molto cool, e mi piacciono i miei capelli e il mio abito nero sempre uguale.
C’è stato in passato un momento in cui il capo della rete per cui lavoravi ti ha incolpato per il calo degli ascolti di Felicity, additando come causa il fatto che ti fossi tagliata i capelli.
Lo so, è folle. È un mondo davvero insolito quello in cui viviamo. È così. Le persone tengono davvero ai capelli delle donne. Voglio dire, ci sono cose peggiori? Sì. Se questa è la mia croce da sopportare per avere questa bella vita e interpretare queste parti, allora fanculo. Va bene.
Kate continua ad affrontare problemi relativi al guardaroba durante la seconda stagione, inclusa una scena nel primo episodio in cui deve prendere in prestito un abito da uomo perché si rende conto che non dovrebbe essere vista in pubblico con quello che indossa in quel momento. Professionalmente, hai mai vissuto qualcosa di simile a ciò che lei deve costantemente affrontare con i suoi vestiti?
Quando stavo per dare alla luce il mio terzo figlio. Avevo partorito il secondo a casa, accanto al camino. Era stato davvero idilliaco, a Natale, con tutte quelle cose da hippie, nella vasca da bagno… Era stato perfetto, facile. Il giorno dopo portavo fuori la spazzatura: insomma, una passeggiata. E poi per il mio terzo figlio, stesso copione: nel mio appartamento di Brooklyn, con la stessa ostetrica, ed è stato un parto così diverso. Ho realizzato: “C’è qualcosa che non va in questo bambino, è troppo grande”. Abbiamo provato a casa per molto tempo, finché alla fine ci siamo detti: “Andiamo in ospedale”. Stavo uscendo di casa nuda e l’ostetrica mi ha detto: “Ti dobbiamo mettere una giacca addosso prima che tu esca nuda dalla porta, con un bambino che ti sta uscendo dalla vagina”. Mi hanno messo un trench e siamo andati all’ospedale. Nessuno deve vedere quella foto.
Quando è uscita la prima stagione di The Diplomat, una cosa che ho sentito spesso dalle persone del settore che ti conoscono è: “Keri deve davvero divertirsi a imprecare così tanto”. È così?
Be’, è divertentissimo! Come potrebbe non esserlo? È un ruolo scritto così bene. È bello essere una donna e lasciarsi andare. [Kate è] un maschiaccio, è una persona furba, autoritaria, una che porta risultati, non le importa cosa pensi la gente. Ed è davvero uno spasso diventare quella persona, un’americana diretta e sfacciata nella terra dei convenevoli inglesi. Il mio compagno [Rhys] è gallese, e quando siamo lì a volte usano cinque frasi per dirti cose che io come americana riassumerei in due parole. Basta arrivare al punto. Ma sì, è molto, molto divertente.
Oltre al linguaggio volgare, cos’altro ti ha attratto verso il ruolo? Non facevi una serie da un po’, anche tenendo conto della pandemia.
Non stavo cercando per forza qualcosa. Mi piaceva la mia vita tranquilla, fatta di giri in bicicletta e di prendermi cura dei bambini piccoli. È solo che la scrittura era così bella. Aveva catturato qualcosa di così specifico in questa persona, con tutte le insicurezze e un cervello davvero concentrato nel portare a termine le cose; e poi c’era questo matrimonio che così fuori controllo, romantico, terribile e divertente. È ancora spassosissimo. Debora ti catapulta benissimo in questi mondi e sequenze che sono estremamente importanti, c’è parecchia posta in gioco, ma tu sai come si sente quella persona, e questa è la parte più importante della scena. Ad esempio, sai che si è appena rovesciata qualcosa addosso prima di andare dal presidente, sembra ridicola e sta cercando di pulirsi i pantaloni. E tutti sanno cosa si prova. Il genio di Debora sta nel trovare le minuzie, il ridicolo o il divertente in momenti molto importanti.
The Diplomat è un dramma politico, un thriller, una commedia di costume e una commedia romantica, tutto insieme. Ci sono parti della serie che ti piace particolarmente interpretare?
Adoro le cose divertenti. Amo (ride) i litigi stupidi con il marito, l’essere imbarazzante e ridicola, fare figuracce e dire parolacce o il cadere dalle scale con di fronte la persona con cui stai cercando di comportarti bene. Adoro fare quelle cose e cercare di farle sembrare reali o imbarazzanti. È troppo bello. È fantastico avere qualcuno come Allison Janney nella seconda stagione. Quella scena di lei che cade dalle scale nei Colori della vittoria l’ho vista così tante volte. È magnifica. Questo è il genere di cose che mi piace, quando riesci a farle.
Ci sono molti momenti più leggeri in Felicity e in alcune altre cose che hai fatto, ma è strano che tu abbia avuto modo di interpretare un ruolo così apertamente comico. Che ne pensi?
Chi lo sa? È così che la gente ti vede, è quello che ti capita. Credo davvero nell’onda, nel pensare “questo è quello che succede, e qualcos’altro arriverà più tardi”. Non è tutta una screwball comedy. Il cuore della serie per me sono Hal e Kate e quelle litigate esagerate. Penso che siano così belle, complesse, reali e crude. Continuo a usare la parola “imbarazzante” perché sono così immaturi e per questo reali. Adoro il fatto che tu possa prendere quel ridicolo litigio tra i cespugli dove combattono fisicamente tra loro e poi ancorarlo alla fine della prima stagione con lo scontro su quello che è successo in Afghanistan, su come lei pensa che lui sia una brutta persone e abbia fatto cose che trova moralmente discutibili, e come tutto questo mandi in frantumi una relazione. Abbiamo appena avuto l’opportunità di fare questa cosa davvero divertente, leggera e piccante. Sono così grata.
Il tono di una serie che gli spettatori guardano non è necessariamente il tono che c’è mentre si gira. The Americans era un dramma molto intenso, ma ogni volta che venivo sul set sembrava che te la cavassi molto bene tra una ripresa e l’altra. È stata una serie difficile da realizzare oppure no?
Quando interpreto qualcosa di piuttosto dark, tendo a diventare davvero leggera e sciocca: è il modo con cui cerco di mantenermi a galla. Se sei sempre cupo e serio, è davvero noioso. A quell’epoca lavoravo con Matthew, il mio compagno, che è incredibilmente divertente. Ridevamo tantissimo. Non è stato difficile, perché ero così innamorata di Matthew. E stavamo realizzando una serie in cui la scrittura era eccezionale, adorata dalla critica – cosa che non succede mai. Ripensiamo a quel periodo e ci meravigliamo ancora: “L’abbiamo fatto! È stato fantastico!”. Era invece difficile lavorare per ore e ore, crescere bambini piccoli e sparare nel freddo polare all’aperto con minigonne di pelle anni ’80. Ma se riesci a sfruttare questo lavoro stranissimo e a farlo diventare come l’avventura che desideri che sia, è imbattibile. Per me, quella ricetta speciale richiede pause davvero lunghe tra un progetto e l’altro. Questo è ciò che mi salva e mi mantiene interessata alle cose. Penso che le persone si annoino degli attori. Sicuramente si annoieranno di me. Quindi fare lunghe pause dà a tutti la possibilità di dimenticarsi di me e poi dire: “Oh, guarderò qualcosa con lei, finché non mi annoierò di nuovo”.
Tu e Matthew avete mai parlato di quello che pensate sia successo a Elizabeth e Philip dopo la fine della serie?
No. Ma c’è questo fantastico gruppo di fan americani, inclusa questa ragazza di nome Tori, che ha realizzato per me questo libro incredibile su Elizabeth, e me lo ha portato mentre recitavo in uno spettacolo qualche anno fa. È stato bellissimo, oltre a molte altre cose straordinarie che i fan hanno fatto per noi durante quella serie. Recentemente ha contattato Matthew [online] e ha detto che c’era un gruppo di loro che si era riunito e che sapevano tutti cosa fosse successo a Phil e Henry. Pensavano che stessero bene. Non erano sicuri di Elizabeth e Paige. Continuavano a fare grandi discussioni a riguardo.
Ci ho pensato nel corso degli anni. Non molto tempo dopo il ritorno di Elizabeth e Paige in Russia, il muro di Berlino cade e all’improvviso c’è un McDonald’s nella Piazza Rossa, ed Elizabeth probabilmente non è contenta di tutto ciò. Ma poi arriva Putin, e non riesco a decidere se lei sarebbe a favore di Putin perché si oppone all’Occidente, o se ha la sensazione che stia usando la causa in cui crede per i suoi fini.
Ho pensato a due aspetti. Numero uno: quella coppia, la vera coppia [che ha ispirato The Americans], quando quella mamma scende dall’aereo e vede Putin che è lì per salutarla e le regala dei fiori, piange. Per lei Putin è come una rockstar. È come se suo marito e i suoi figli non fossero niente per lei, e incontra il Bruce Springsteen russo. È stato stupefacente per me. E inoltre, cosa un po’ inquietante, Putin ha questi figli nascosti; li aveva messi in qualche castello da qualche parte. E la madre è questa giovane ginnasta ritmica olimpica che ha quarant’anni meno di lui. Se guardi quella ragazza da giovane, assomiglia a Elizabeth!
Hai sentito i pareri di veri diplomatici su The Diplomat?
Sì, qualcuno. Probabilmente quelli che lo odiano dicono: “Vaffanculo. Non chiamarci mai più. Ci stai mettendo in imbarazzo”. Noi [nella serie] lo diciamo chiaro e tondo: è tutto immaginario, ma vuole essere una lettera d’amore al Dipartimento di Stato. Siamo dei fan. Samantha Power è la mia eroina. Stanno facendo il lavoro migliore, il lavoro più duro, quasi sempre senza alcun ringraziamento. Ho avuto l’incredibile fortuna di diventare molto amica dell’ambasciatrice Jane Hartley, che è la vera ambasciatrice alla Corte di St. James a Londra. È così cool, intelligente, divertente, alla moda e alla mano. Ho cenato nella vera Winfield [House, la residenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti a Londra] con lei, con al tavolo Hillary Clinton e Barack Obama. Lei è incredibile. Guardi quelle persone in azione e non c’è modo che io possa fare quello che fanno loro. Conosce tutti nella stanza, tutto quello che sta succedendo. Mette insieme le persone con facilità, con una tale conoscenza fattuale e abilità dei momenti politici, ed è un piacere averla intorno. E si veste davvero bene, non come Kate. Grazie a The Americans, avevo incontrato [l’ex ambasciatrice USA alle Nazioni Unite] Samantha Power quando era alla Casa Bianca con Obama. Durante un evento si è girata verso di me con i suoi bellissimi capelli lunghi rossi, mi ha dato il suo biglietto da visita e mi ha detto: “Io e il rappresentante russo alle Nazioni Unite parliamo continuamente della tua serie! Usciamo, beviamo qualcosa e ne discutiamo”. Ho incontrato degli incredibili avvocati per i diritti umani, persone che fanno cose molto più importanti di me, sono davvero fortunata. Mi hanno invitato a cena solo per fare la buffona, ed è stato così divertente. Chi avrebbe mai detto che una persona non laureata che viene dal Mickey Mouse Club avrebbe potuto fare cose così interessanti?
Come riesci a rimanere tranquilla quando sei circondata da persone come queste?
Sudo sette camicie e bevo per cercare di calmare i nervi, ma poi vado via sempre a testa alta e meravigliandomi di quello che è successo. Riuscire a stare con queste persone è così stimolante, adoro parlare con loro. Sono così interessanti, è una sensazione unica e inebriante averli intorno.
Al di fuori della sfera diplomatica, cosa ti dicono le persone che guardano la serie?
Gli spettatori sono davvero carini. Dicono: “Ho bingiato tutta la stagione in due giorni”. Ho un’amica che vive nel mio quartiere e che fa la scrittrice che mi dice sempre: “Mia madre mi ha parlato di questa serie, la trova molto sexy!”. Stavamo finendo di girare a Londra, ed ero fuori a cena con l’ambasciatrice Hartley in un bellissimo ristorante, con noi c’erano Rufus e un altro attore. Ci siamo imbattuti in una coppia piuttosto famosa di sceneggiatori-registi ed è stato fantastico, perché avevano visto The Diplomat. Alla gente di solito piace prendere in giro Rufus: “Oh, sei così cattivo!”. E la moglie ha commentato: “No, non lo è. Non è male. La ama! Penso che questa serie sia così romantica”. E ho pensato: “Hanno capito tutto!”. Sì, è un gran casino, ma questo è il punto cruciale dell’intera serie. [Kate e Hal] hanno questa relazione magica e stanno cercando di farla funzionare in mezzo al caos.
Ci sono fan che pensano che Kate dovrebbe scappare a gambe levate da Hal. Cosa ne pensi? È un’ipotesi intelligente o stupida?
È difficile da dire. È divertente, perché qualche anno fa ho incontrato Gloria Steinem, che amava The Americans. Una parte di me dice: “Non so se le piacerebbe. Lo giudicherebbe e direbbe: Kate! Via di lì!”. Non lo so. È questa la parte divertente. E la notizia fantastica è che in questo momento siamo entrati nella terza stagione e tutto si evolve. Ci saranno molte, molte versioni diverse di loro due. L’unica cosa che dirò del loro rapporto è che è una di quelle relazioni in cui due possono essere totalmente innamorati e uniti più che mai, e possono essere anche del tutto separati e distanti; ma se stanno in una stanza insieme, avranno sempre quell’energia. Kate potrebbe innamorarsi di un altro, Hal potrebbe innamorarsi di un’altra, ma ti garantisco che tra loro ci sarà sempre quell’energia. È proprio quello che sono. E in parte è perché lavorano insieme: quell’incontro mentale resiste, non cambierà mai. Penso che ci siano ancora molte storie da raccontare, in questo senso.
Com’è stato lavorare con Allison Janney?
Un sogno! È tutto quello che immagini sia. All’inizio è gentile e timida, poi boom, esplode tutto: formidabile, rigorosa, la sua intelligenza emerge davvero ed è così divertente. Nel bel mezzo delle riprese di una scena, ci siamo trovate insieme in questo campo e lei mi ha detto: “Cos’era quella danza che facevano i ragazzini? Il floss?”. E ci mettiamo a fare il floss nei nostri abiti eleganti. È semplicemente una compagnona, non si tira mai indietro e ama la vita. Allison ed io andavamo a cena a Londra, bevevamo e parlavamo di chi pensavamo fosse figo.
Quella che hai appena sollevato è una domanda importante: chi pensate sia figo?
Non farò nomi, ma mi ha mandato un messaggio a tarda notte e mi ha detto: “Sai, sto guardando questa serie e non penso che sia molto bella, ma cavoli se lui è sexy”. Sai, sono cose da ragazze!
Chi è più bravo con l’accento americano: Matthew Rhys o Rufus Sewell?
Devo dire che sono entrambi davvero bravi! Toglierò il merito a entrambi e dirò che è perché entrambi stanno con donne americane [nella vita reale]. È una specie di truffa: è come se seguissero un corso di perfezionamento ogni singolo giorno della loro vita.
Ci sono alcune parole con cui hanno particolari problemi quando interpretano dei personaggi americani?
Matthew dice sempre che “secretary” (segretaria) è un campo minato. Lo vede in una sceneggiatura e dice: “Nooo!”. “Secretary” e “murderer” (assassino). In Perry Mason ha dovuto dire così tante volte: “He’s a murderer” (È un assassino). Diceva: “Posso chiamarlo in un altro modo? Tipo il cattivo o il killer?”. Penso che la erre dura in parole come “murderer” sia tosta per un britannico.
E invece ci sono delle parrucche di The Americans che ti mancano particolarmente?
Le amo tutte. Per me le più divertenti sono quelle davvero terribili, che mi stanno pure male. Come quando mi sono trasformata in quella brutta, insignificante infermiera dai capelli ricci arancioni, con addosso del poliestere arancione e degli occhiali orrendi. Mi facevo dei selfie e li mandavo alle mie amiche, e loro mi chiedevano di indossarla quando ci vedevamo. Una delle preferite di Matthew è la parrucca che chiama “quella di John Denver”: è una parrucca bionda abbinata a degli occhiali piccoli. E probabilmente la indossavo mentre uccidevo un tizio dopo averci scopato.
Puoi dire con nonchalance una frase del genere: ma quanto è strana la vita che hai scelto?
Di certo non è noiosa!