Da Harlem al Sundancem e poi il mondo intero. Questo è il viaggio di A Thousand and One, opera prima di A.V. Rockwell, regista di origine giamaicana ma nata e cresciuta a New York. Nel Queens, per l’esattezza, ma per il suo esordio ha voluto concentrarsi su un altro quartiere della Grande Mela, Harlem, analizzando il suo cambiamento nell’arco di tredici anni a cavallo del millennio attraverso gli occhi di una donna. Si chiama Inez e la sua storia è legata a quella di un bambino, suo figlio Terry, che sottrae ai servizi sociali e che cresce nel cuore della New York nera. Madre e figlio si sostengono a vicenda mentre il mondo attorno a loro cambia, il quartiere cambia, prima vittima della gentrificazione selvaggia della metropoli. E alla fine cambierà tutto anche per loro. La storia si svolge tra il 1994 e il 2007, ma Rockwell volutamente non mostra il crollo delle Torri Gemelle, preferendo concentrarsi sulla metamorfosi sociale e culturale del quartiere.
A Thousand and One è stato presentato in anteprima lo scorso gennaio all’ultimo Sundance Film Festival, dove ha vinto il Gran premio della giuria in una delle quattordicento categorie del festival di Park City, prima di arrivare da noi al Taormina Film Fest. Un buon viatico in vista dell’uscita in patria e poi in giro per il mondo, dove viene accompagnato ormai da mesi dalla regista e dalla protagonista Teyana Taylor. La cantante, o forse ex, sembra avere trovato una nuova forma d’espressione e di catarsi. Nella sua Inez c’è tutta l’energia e la forza che veniva fuori anche dalla sua musica e dalle sue performance dal vivo. L’abbiamo incontrata per conoscerla meglio e scoprire cosa vuole fare da grande.
Teyana, com’è stato entrare nella pelle di questa donna che sfida il mondo?
Inez è una donna dalle molte pelli e ormai ne faccio parte anch’io. A.V. l’ha partorita, ci ha messo l’anima, io il corpo, abbiamo collaborato insieme per portare avanti un racconto pieno di emozioni e stati mentali diversi. È stato tutto parte di un processo, e Harlem ne è parte integrante. New York stava cambiando in quegli anni, A.V. è del Queens e ha visto il suo quartiere diventare altro, io sono di Harlem e so che ha fatto un ottimo lavoro nel raccontare anche quella trasformazione. Andare lì a girare è stato incredibile, risistemare alcuni isolati per farli apparire come un tempo è stato emozionante, molte cose della mia infanzia che erano state cancellate sono tornate alla vita grazie al cinema, e con loro ricordi anche meno piacevoli, come il passaggio all’età adulta. Avremmo avuto bisogno di un po’ di tempo in più per tirare fuori tutto quello che è successo a Harlem.
Questa non è la tua prima esperienza nel cinema, sicuramente è la tua migliore prova d’attrice fino ad ora. Ma a questo punto preferisci recitare o cantare? Sei ancora in pausa?
Sì, sono ancora in pausa. Sono nello spazio. Personalmente preferisco il lavoro dell’attore, soprattutto per come è strutturato. L’industria musicale è un programma giorno per giorno: mi alzo la mattina, mi dicono che devo fare un concerto domani, ti offrono un’altra data, la prendi e il tuo calendario cambia. Lavorando in un film, invece, già sai come sarà tutto il tuo prossimo mese. Può esserci qualche piccolo cambiamento, ma mai niente di drastico. E poi recitare mi offre la possibilità di uscire da me stessa ed essere e fare tante cose diverse, attingere a tanti personaggi in ogni film è divertente. Mi piace affrontare un ruolo e restarci dentro per sei, otto settimane, analizzarne ogni aspetto, imparare le battute che magari possono pure cambiare in corso d’opera, ma la storia resta la stessa. È più stimolante che stare su un palco mezz’ora e poi andare a casa.
Hai due figli. Com’è stato interpretare una madre che vede il “figlio” interpretato da tre diversi giovani attori?
La parte della mamma è stata facile, e lo è stato anche legare con loro tre. È stato divertente avere un figlio adolescente, i miei sono piccoli. Mi sono immedesimata e mi sono chiesta: “Ok, è questo che dovrò affrontare quando i miei figli saranno più grandi?”. E devo prepararmi anche al fatto che i miei figli saranno sicuramente più alti di me, dovrò allenarmi nel salto in alto (ride). E come reagirò se mi dovessero parlare in modo assurdo? Con tutti e tre i ragazzi c’è stata una bella atmosfera, ci davano tempi e battute alla grande. E in generale A.V. ha fatto un casting perfetto in ogni ruolo, e questo è stato fondamentale per creare le giuste vibrazioni sul set.
C’è un’attrice che ti è d’ispirazione per questo tuo nuovo percorso?
Due. Angela Bassett e Mo’nique. Mo’nique è di Harlem, la sua interpretazione in Precious è sconvolgente. Mi ha molto ispirata per il personaggio di Inez, lei come tutte le donne del quartiere che ho avuto intorno nella mia vita. E poi Angela, lei è straordinaria, una continua fonte d’ispirazione. Io non fumo nella vita reale, mentre Inez nel film fuma molto, e in una scena in particolare mi sono ispirata a quella famosa della macchina di Donne – Waiting to Exhale. È grazie a lei che ho imparato a sembrare naturale in una cosa che non faccio.