Non c’è due senza tre, e siamo piuttosto sicuri che il quarto – come si dice – verrà da sé. La nuova stagione di Dinner Club – il food travelogue originale di Prime Video e Amazon Studios, prodotto da Banijay Italia – sarà disponibile da domani per lo streaming: Carlo Cracco & soci sono pronti a tornare con quattro puntate di viaggio, naturalmente cibo e, ormai lo sappiamo, risate genuine come poche (ma non chiamatela trasmissione comica, parola della “madrina” Sabrina Ferilli, al massimo è leggera).
E se al terzo giro intorno al sole credevamo ormai di conoscerlo, questo show arrivato a sciacquare via la stanchezza delle competizioni di cucina & affini, la terza stagione di Dinner Club ci obbliga a deporre le armi. Qualcosa di nuovo sotto alle stelle c’è. Arriva con quattro episodi (due in meno rispetto alla stagione precedente) e una nuova narrazione: snodata lungo la via Appia Antica, da Roma a Brindisi attraversando Lazio, Campania e Basilicata – alcune tappe che potreste incontrare decidendo di percorrerla: Ariccia, Capua, Benevento, Venosa, Taranto. I (malcapitati?) pellegrini: Christian De Sica, Rocco Papaleo, Emanuela Fanelli.
Nuovi nomi, storia nuova, nuove regole. Allora tutti in sella a un solo mezzo di trasporto (ma non uno qualunque: un bel camper, che immaginiamo bello scomodo) per tutte le tappe. E il tragitto diventa, per la prima volta, una vera vacanza tra amici (anche se con Cracco alla guida non si può mai sapere…). Lo scopo però non cambia: andare alla ricerca delle chicche gastronomiche della penisola, che di prodotti o piatti si tratti, ma soprattutto di storie. E poi riportarle a casa, sedersi alla tavola della cena e cucinare, un piatto a testa.
Un viaggio à la Cracco, se vogliamo, che (si) racconta così durante la presentazione della stagione all’Hotel de la Ville di Roma con tutti i protagonisti: «Si cambia sempre quando si intraprende un viaggio. È come resettare tutto, ripartire da zero, di accogliere tutto quello che vedi, che senti, che assaggi. Ogni viaggio è una scoperta e mi fa star bene. È una cosa che mi piace sempre di più. Non viaggiare per viaggiare ma andare piano, scoprire, conoscere, magari non in maniera superficiale, concentrandosi solo sulla cose che “ovviamente” sono belle. Mi interessano di più le persone, quello che succede all’interno. Di un paese per esempio, come quando siamo andati a Formia, …», ma no spoiler. «Le persone le devi andare a prendere, a scovare. Devi farti raccontare. Quella è la cosa bella. Quindi poi serve solo il tempo e la compagnia giusta».
Viene in mente il No Reservations di Anthony Bourdain. Che forse nessuno definirebbe food travelogue, però che con lo spirito dello scardinare, cioè del passare dall’interno, aveva tutto a che fare. Chiedo a Cracco in che direzione potrebbe ancora evolvere lo show, dato che – lo abbiamo visto nelle scorse stagioni – anche in Dinner Club i cibi estremi o le destinazioni inusuali non mancano. «Il bello di questo format è che può essere composto e ricomposto senza mai snaturarsi. Di fatto è già quanto abbiamo fatto con quest’ultima stagione. Quindi, chissà. Continuiamo a divertirci».
L’aria di sfida delle stagioni precedenti rimane, però soffusa, quasi un ricordo a cui si è affezionati e che non si vuole lasciar andare. Ed ecco infatti che entra in scena la memoria storica della serie (pardon, senatrice), Sabrina Ferilli, presente fin dal primo capitolo. Con la sua nota lingua tagliente aspetta i viaggiatori seduta a tavola, e altro che lo chef: sarà lei, come sempre, la giudice più severa del loro operato. Con lei ritroviamo (al posto di Luciana Littizzetto come fu nella scorsa stagione) Antonio Albanese, tra i protagonisti della stagione numero 2 e ora assiso al pantheon del Dinner Club. Divinità benevole, a questo giro. Rintuzzano all’occorrenza, ma ormai se la godono, semplicemente. Perché «è una festa, è un gioia» prima di tutto, come ricorda Albanese. Ferilli si unisce: «Mi sa che fa piacere pure ai miei colleghi più “impegnati”. È un format che funziona, un’occasione di conoscenza tra di noi e tra di noi e il cibo e il territorio».
Noi con loro: perché, a discapito delle notevoli differenze con le prime stagioni, l’àncora che tiene saldo Dinner Club non viene mai a mancare. Ed è il piacere di una cena tra amici di vecchia data, dove l’unico vero comandamento è rivoltare serio e faceto: parlare scherzosamente di cose serissime, ed essere mortalmente seri discutendo del più e del meno. Con gli aneddoti accumulati in viaggio a fare da contorno.
Il risultato è, ancora una volta, un parziale, e rinfrescante, annullamento della dimensione scenica. Il cinema-verità sarà un’altra cosa, ma l’abile lavoro autoriale, in Dinner Club, non viene certo fuori nella perizia delle battute scritte a tavolino per i partecipanti – perché le conversazioni avvengono. Poi certo: l’anno scorso scrivevamo che la seconda stagione ci aveva fatto affezionare anche per le tremende (e per questo perfette) barzellette di Carlo Cracco. Componente che viene a mancare nella terza. Ci dispiace, ma lo capiamo: repetita iuvant, ma il nuovo-nuovo ha bisogno anche di rotture.
Succedono un altro paio di cose, in questo Dinner Club: innanzitutto a Fanelli, De Sica e Papaleo viene affidata una valigia preziosa, da difendere con la vita. Sarà la quinta compagna di viaggio, per quanto non contenga alcun nécessaire: aprirla, spiega Cracco, è proibito. E poi: come un Teorema, a tavola, però non subito, compare un convitato inaspettato – «come arrivare a metà cena cavandosela con una boccia di Falanghina», nelle sue stesse parole. Osserva e giudica con poche parole. Minaccia di far saltare gli equilibri della comitiva. È Corrado Guzzanti – e più non vi diciamo.
«Quando sei nel gruppo bastano davvero dieci minuti per entrare in confidenza. Certo, più o meno ci si conosce, però per esempio con Antonio non eravamo davvero amici, più colleghi. Essere a Dinner Club ti obbliga a rompere il ghiaccio, ma soprattutto ti dà l’opportunità di conoscere colleghi paradossalmente fuori dal set, perché quello che devi fare è essere te stessa. Per me è stata la prima esperienza in un contesto di questo tipo, ed è stata probabilmente una delle più positive che abbia mai fatto. Anche perché non c’è solo l’incontro tra di noi, ma anche con le persone». Così Fanelli, che ricorda: «Sempre a Formia abbiamo avuto un incontro stupendo con alcune signore che avrebbero dovuto ospitarci a mangiare a casa loro. Tolto Christian eravamo dei perfetti sconosciuti. Mi sono sentita come a casa della nonna, e quando ce ne siamo andati mi ha detto: “quando passi, entra”. Poi c’è da considerare che quello che si vede intromissione è tagliato e cucito, ma quando si spengono le telecamere Dinner Club continua», e allora diventa, aggiungo io, una specie di supper club segreto.
«Continuiamo a stare a tavola, a scherzare, semplicemente a conoscerci e a conoscere anche le persone che ci hanno ospitato. Arriva la figlia, questo, quello, … Io e Rocco abbiamo sempre cenato, tutti i giorni, gli altri invece davano forfait». Si inserisce Cracco: «Quando finisce la parte di lavoro si torna alla normalità. Alla fine il nostro superpotere è quello di entrare nelle case degli altri». E Fanelli: «Tipo i ladri d’appartamento».
Tra coglioni di toro impanati e fritti (ma attenzione a non tagliarli né troppo sottili, né troppo spessi), lezioni di ballo e di ramiccia – piatto tipico del paese di Percile, sorta di tagliolini ammassati a mano – e raduni scout in cui ogni protagonista (Cracco compreso) scoprirà il suo “vero nome” – vi sentite più Delfino Irriverente, Usignolo Squillante, Lontra Puntigliosa o Acciuga Tardiva? –, quanto vorremmo salirci anche noi, tra tutte le scomodità, su quel camper sgangherato, e pigliarci questi superpoteri. Ma c’è qualcuno che Cracco si “porterebbe dietro” oltre la stagione?
Fanelli gli lancia un’occhiata di traverso, lui forse abbocca: «Ma certo che prenderei te, tu vai dritta, non ti ferma nessuno, hai carisma, hai metodo». Lei ribatte: «Pensavo avresti scelto Christian! È stato il tuo cocco per tutte le riprese. E che ruolo mi daresti nella tua brigata?». «Capo». Anche questo, alla fine, è Dinner Club.