In un’industria cinematografica alla perenne ricerca di nuove vie da poter coltivare, sorprende come siano sempre più i registi, apparentemente di lunga data, a saperne sfruttare sapientemente le forme, i colori, le storie da poter raccontare, la profondità di quanto la loro esperienza artistica li abbia portati a concepire tali opere. Ma si può dire che la stessa cosa valga per i compositori che ne hanno accompagnato le gesta?
Sicuramente è il caso di Alberto Iglesias, classe 1955, quattro candidature agli Oscar (l’ultima per Madres paralelas), ma soprattutto anima sonora di Pedro Almodóvar, con ben 13 film all’attivo. Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e discutere con lui di come nasce la composizione del nuovo lavoro del regista spagnolo, Strange Way of Life, ora nelle sale con Teodora Film prima di approdare su MUBI, come si conforma la loro esperienza intima e trascendentale tra maestro e allievo e le vie sonore che sono ancora pronti a seminare per risollevare le sorti musicali dell’industria cinematografica: “Sicuramente mi sento più vicino ai registi che amano la musica proprio perché uno dei luoghi più importanti nella nostra società dove poter fare e immaginare nuove vie sonore è proprio il cinema”.
Il testo della canzone iniziale – Estranha forma de vida, da cui prende il titolo il corto – sembra anticiparne la struttura narrativa, il messaggio meta-testuale della storia. Come si fonde la tua musica con questo incipit tematico?
Il cortometraggio inizia con una canzone, un fado della cantante e attrice portoghese Amália Rodrigues, interpretato da Caetano Veloso, e ha al suo interno una descrizione, un racconto, di come si può essere leali con sé stessi, di come si può essere ciò che si vuole essere senza tralasciare i propri sentimenti, anzi mettendoli perennemente davanti a sé. Questo elemento ci dà modo di avere una guida sull’epopea di Strange Way of Life, un film che parla d’amore e di distanza, di un amore strano, in perfetta armonia con l’idea narrativa di Almodóvar. Per la mia partitura non penso di aver preso spunto da questa canzone, ma ho avuto modo di comprenderne la storia proprio attraverso di essa. Così per la prima volta sono partito dall’inizio, nonostante non segua mai un ordine cronologico per i film a cui lavoro. Estranha forma de vida rappresenta il preludio all’azione, e posso dire che mi abbia guidato fedelmente sino alla fine del film.
In che modo la tua composizione cattura la passione e il conseguente conflitto tra i due protagonisti? Amore e conflitto come nelle più classiche tragedie operistiche…
Credo che il conflitto sia la cosa più importante per l’ispirazione, perché crea nella mente di chi compone l’idea di due mondi che sono perennemente in opposizione, in aperta lotta. E questa lotta che nasce apparentemente solo in amore è riscontrabile anche nella vita reale di Silva (il personaggio di Pedro Pascal) e dello sceriffo Jake (Ethan Hawke), come vedremo alla fine della storia. L’idea del conflitto rappresenta il filo conduttore del cortometraggio, e naturalmente della colonna sonora. Ma l’intimità di questo tipo d’amore risulta essere fortemente in contrasto con i grandi spazi che il paesaggio del Far West ti offre, così che inizialmente la musica dà un’idea di vicinanza tra i due personaggi, ma si scontra successivamente con la composizione finale, che ci mostra la grande differenza che c’è tra loro: un spazio così vasto da sembrare incolmabile. Ho giocato con questi due aspetti proprio per esaltarne la sensazione emotiva: un amore in perenne binomio tra intimità e grandi spazi da colmare.
Quali sono state le fonti di ispirazione per Strange Way of Life? È il tuo primo lavoro ambientato nel West. Sento che, nonostante non si tratti di un classico film western, ci sono molti elementi che rimandano a Ennio Morricone, nell’esaltare l’aspetto misterioso e romantico del Far West. Così come ci sono elementi dell’espressionismo di Bernard Herrmann, soprattutto nella visione psicologica dei due protagonisti.
Credo che il processo sia stato molto intuitivo, che poi è il mio metodo sempre. Non ho realizzato alcuna indagine specifica sulla musica dei film western, anche se forse avrei dovuto (ride). Naturalmente conosco l’enorme esperienza e l’incredibile musica che Morricone ha composto nel raccontare fedelmente il romanticismo e la stoicità del West nei film di Sergio Leone, realizzando qualcosa di unico e di veramente nuovo. Non mi sentivo in grado di fare qualcosa che replicasse quello stile, ma penso di aver coniugato intuitivamente nella mia musica le radici e le influenze di quegli innumerevoli compositori che hanno aiutato a definire nel tempo lo stile caratteristico dei film western. Credo che il pubblico abbia conosciuto già in passato questa tipologia di musica, e ci sono degli elementi sonori che rappresentano una risonanza, un leitmotiv, per questo genere di film. Ma non ho seguito nessun compositore o influenza specifica: probabilmente ho assorbito molto, ma non consapevolmente.
Come mai la musica che hai composto per il passato dei due amanti ha una sensazione più frivola, quasi da operetta buffa? L’incipit della composizione mi ha ricordato molto Libiamo ne’ lieti calici di Giuseppe Verdi, tratto dalla Traviata.
Il tipo di musica che ho composto per il loro passato ti dà modo di immaginare quella che era la vita nel West durante la loro giovinezza: quando il film ti proietta 10 o 20 anni prima rispetto al loro nuovo incontro, è bene che anche la musica si comporti di conseguenza e ti guidi all’origine del loro rapporto. Ho usato questa tipologia di valzer, che non è propriamente appartenente al genere western, ma è qualcosa che si connette perfettamente con la musica messicana soprattutto nella raffigurazione della vita nei bar, molto sensibile e festosa. È una sorta di traduzione di questo mondo passato, scanzonato e frivolo.
Il loro vissuto cresce a dispetto di quanto hai composto, così come la loro sensazione di sentirsi persi in vite che non li rappresentano a pieno? C’è come una forza impotente che impedisce al passato di poter tornare, rimane solo nei loro ricordi, e il loro confronto da adulti appare quasi maligno.
Sì, penso ci sia qualcosa di malinconico in un certo senso, come ritrovarsi in un attimo dal sogno alla realtà, e lavorando sulla musica devi usare o sviluppare questi cambiamenti anche nello stile: ogni tempo è completamente diverso, è come passare dall’esuberanza all’estasi. Quello che faccio, soprattutto con Pedro Almodóvar, è accompagnare il film, essere connesso con la natura della sua opera. In un certo senso Almodóvar è diventato per me come un maestro, una guida verso ciò che dovrebbe essere un film, e cerco di essere sempre in connessione con quelli che possono sembrare gli aspetti più elementari della sua visione registica. È come costruire un’architettura simile a quella che lui realizza, ma nel mondo del suono.
Con la composizione che determina la fine o l’inizio di una nuova storia, vuoi comunicare un senso di speranza, di nuova vita per entrambi i protagonisti? Come la possibilità di recuperare il tempo perduto, nonostante tutto?
Penso che sia una musica che dà l’idea della distanza emotiva che intercorre tra i due protagonisti, di ciò che li ha uniti anni fa, ma questa storia non è completamente finita. Così ho creato questo contrasto tra il coro e qualcosa che appare con molta energia, come un moto interno che ripete un movimento che proviene dall’azione precedente, come se questa non fosse effettivamente la fine della loro storia. Almodóvar ha detto in alcune occasioni che Strange Way of Life potrebbe essere il preludio a un lungometraggio, e che la storia in sé non dovrebbe finire con loro insieme per sempre. Non sappiamo cosa potrebbe accadere se la loro storia andasse avanti, così ho creato un contrasto all’interno del brano che non è affatto un happy ending, nonostante il finale del film sembrerebbe suggerire tutt’altro. Suppongo che le loro vite saranno perseguitate nuovamente da qualcosa di altrettanto violento.
È un finale agrodolce…
Sì, assolutamente. Ha questo carattere, questa combinazione di sospensione tra la fine del giorno e l’inizio di una possibile nuova vita per loro, ma non conosciamo il futuro di questa coppia.
Hai realizzato ben 13 film con Pedro Almodóvar, rappresentando dettagliatamente la sua anima musicale. Secondo te perché oggi è sempre più raro trovare unioni artistiche così durature? Pensi che nel cinema contemporaneo il compositore non rappresenti più quella figura centrale che ha aiutato a rendere alcuni film memorabili per sempre?
Credo che a volte sia molto utile lavorare con lo stesso regista per diversi film. Per me ha rappresentato la possibilità di sviluppare diversi modi di intendere la musica per il cinema, concedendomi allo stesso tempo di scoprire nuove tipologie di composizione. Penso che l’industria audiovisiva abbia bisogno di un rinnovamento e, al di là del rapporto che mi lega ad Almodóvar, sento di essere nel posto giusto dove poter lavorare a una nuova tipologia di rinnovamento cinematografico. Credo che i film di Pedro cerchino sempre di scoprire nuovi luoghi, nuove descrizioni della nostra società e le possibilità di vita che ogni essere umano può affrontare nella sua esistenza, e che il suo cinema abbia bisogno della musica per raccontare queste storie. Per me è fantastico raccontarle attraverso la mia idea di composizione, sapere quanto è importante per lui che la musica ne mostri ogni elemento. Ora nell’industria cinematografica c’è una sorta di standard mainstream, un colore sonoro simile in moltissimi film e un’uniformità continua di stili; non ci si preoccupa di quali possano essere le nuove possibilità sonore, il confine verso cui ci si può spingere. Sicuramente mi sento più vicino ai registi che amano la musica proprio perché uno dei luoghi più importanti nella nostra società dove poter fare e immaginare nuove vie sonore è proprio il cinema. Guardando un film, il nostro subconscio è completamente vivo e cerca di capire la complessità strutturale che ha a che fare con il comportamento delle persone quando amano, quando si trovano in determinanti momenti della propria vita. Quindi la musica può introdurci, ed essere conseguentemente il tramite, tra il mondo dell’immaginazione e quello della realtà. È una possibilità molto importante per comprendere chi siamo oggi come industria e come compositori.
Oltre ai tuoi lavori nel cinema, hai composto innumerevoli sinfonie per balletti e opere sinfoniche. A questo proposito, come si sviluppano i tuoi due nuovi progetti imminenti, Phantom Songs e Asalto al castillo, in uscita il 27 ottobre per Quartet Records?
Non penso rappresentino un mondo a parte rispetto a ciò che compongo per il cinema, sono completamente connessi. Nel caso di questi due album, ho lavorato principalmente con la poesia, quindi, nello stesso modo in cui un romanzo può essere trasformato in un film, penso che la poesia possa svilupparsi in musica. Partendo da diverse poesie e da diversi frammenti di testo, mi sono chiesto: la musica può raccontare tutto? E sto cercando di scoprire questa possibilità attraverso queste due opere. La musica può mostrare tutto ciò che si prova? Questa era un’aspirazione dei poeti romantici diversi secoli fa, ma anche della musica popolare e della musica contemporanea. Quindi l’idea che con la musica si possa raccontare qualcosa o si possano descrivere alcune determinate immagini penso che riassumi perfettamente il mio ideale sia per quanto riguarda ciò che compongo per il cinema che per i miei progetti paralleli. Si muovono sulla stessa linea temporale.