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Lino Guanciale e Filippo Scotti – Ma l’estate somiglia a un gioco

Il divo che ha conquistato la tv generalista con vent’anni di grande teatro alle spalle e il volto emergente del cinema italiano, consacrato da Paolo Sorrentino. Insieme per ‘Un’estate fa’, nuova serie crime dai toni nostalgici targata Sky. Tra ricordi, alchimia sul set, rimpianti, futuro, “ricci stanchi” e consigli: «Al palcoscenico gli si dà del lei»
Lino Guanciale e Filippo Scotti

Foto: Riccardo Lancia

«Davvero sei sempre così tranquillo?». «No, la verità ovviamente è un’altra: sono sempre spaventatissimo, e siccome vivo nel terrore da venticinque anni, cioè da quando faccio questo mestiere, ho fatto pace con il fatto che il terrore è mio amico». «Quindi non è una cosa che superi. È una cosa che accetti e con la quale impari a vivere?». «Sì, che poi magari diventa pure un carburante. Uno dei miei maestri è stato Proietti, e Gigi diceva sempre: “Se non c’hai paura prima de entra’ in palcoscenico, fattela veni’”. Perché al palcoscenico non gli si dà del tu, gli si dà del lei».

È solo un momento, un breve scambio durante l’intervista in cui Lino Guanciale e Filippo Scotti sembrano la stessa persona. Come se Lino parlasse al ragazzo che è stato e Filippo incontrasse l’uomo che sarà. E sembra di vedere Elio Santamaria, il personaggio che interpretano insieme in Un’estate fa, serie Sky Original prodotta da Sky Studios e Fabula Pictures, otto episodi diretti da Davide Marengo e Marta Savina da oggi in esclusiva su Sky Atlantic e NOW.

Lino Guanciale e Filippo Scotti sulla cover di ‘Rolling Stone Italia’. Foto: Riccardo Lancia; Art Director: Alex Calcatelli per Leftloft

Un thriller a tinte teen, o meglio un crime dai toni nostalgici che schiera una formazione riuscitissima, tra senior e junior: Guanciale e Scotti in testa, ma anche Claudia Pandolfi e Martina Gatti, Alessio Piazza e Tobia De Angelis, Antonia Fotaras, Nicole Grimaudo, Anna Ferzetti, Paolo Pierobon, Alessio Praticò, Francesco Foti e molti altri. «Quando noi senior riuscivamo a vedere qualche giornaliero dei ragazzi negli anni Novanta, non era solo un salto nel tempo: sembrava proprio di rivedersi giovani». Sì, perché è il 3 luglio 1990: che succede se, mentre la semifinale Italia-Argentina tiene sospeso il resto del mondo, la ragazza di cui sei innamorato scompare all’improvviso?

Da una parte il divo che ha conquistato la tv generalista con vent’anni di teatro alle spalle, tra Ronconi, Longhi e Proietti. Dall’altra il volto emergente del cinema italiano, colui che fu il prescelto da Paolo Sorrentino e che ora inizia un nuovo viaggio. Il più grande tra i due è quello più scanzonato. Il più giovane è anche il più riflessivo. Dove Lino Guanciale ironizza, Filippo Scotti filosofeggia. Eppure si riflettono e si bilanciano in un discorso sulla serie che per la prima volta li ha messi insieme. Anzi, di più: li ha iscritti nello stesso personaggio. Quando Guanciale ha saputo che il ruolo era andato a Scotti, per prima cosa ha pensato: «Porca miseria, Filippo è bravissimo, che ficata. E subito dopo: ma cazzo, Filippo è riccio!». Lui ha avuto lo stesso pensiero: «Poi abbiamo fatto un aperitivo prima di iniziare la lavorazione, e da quel momento ricordo di aver pensato: sono in mani sicure, mi fido e mi affido».

«Alla fine i reparti hanno messo delle lenti a contatto a Filippo, e per i capelli abbiamo cercato di replicare la deriva dei ricci stanchi: così è la vita (e questo, inutile dirlo, è Lino, nda). Scherzi a parte, io ho smesso presto di preoccuparmi delle somiglianze fisiche. La messa a fuoco dei personaggi comanda su tutto: Davide e Marta ci hanno aiutati a tenere a fuoco del materiale molto bello ma anche complesso, per ottenere una continuità che funzionasse. Se saremo efficaci sarà per una specie di incanto che si è andato a creare. Certo, devono esserci dei presupposti per cui uno non fosse Hulk Hogan e l’altro Danny DeVito. Capita delle volte che finisci un lavoro e la promozione la fai un anno dopo, e nel frattempo quello che si era creato sul set è un po’ svanito. Invece credo che l’effetto anni Novanta di Un’estate fa lo abbiamo sentito parecchio. Evidentemente è scattata un’alchimia particolare: eravamo tutti molto coinvolti dalla trama, dall’epoca, dall’alchimia e dalla fiducia nella storia. C’era una sorta di eccitazione legata al senso di novità che questa serie si porta dietro… questo, unito al fatto che nessuno di noi è un serial killer, naturalmente».

Due approcci completamente diversi, dicevamo. Per Scotti è il battesimo nella serialità (carico, inutile negarlo, di aspettative e curiosità), ma anche il primo grande titolo dopo quello che lo ha lanciato (per chi avesse vissuto fuori dal mondo negli ultimi due anni: È stata la mano di Dio). «È evidente che, rispetto a Lino, per me è stata una questione diversa in termini di esperienza. All’inizio avevo un po’ di perplessità, non sapevo come sarei entrato all’interno di tutto questo, del mood della serie ma anche di una lavorazione lunga tre mesi che sono sembrati sei. Abbiamo avuto modo di confrontarci molto con Marta Savina e Davide Marengo, nel mio caso ho legato tantissimo con i ragazzi del cast e questo credo abbia reso il tutto più fluido e naturale».

Foto: Riccardo Lancia; Fashion Editor: Francesca Piovano; Personal Stylist Lino Guanciale: Claudia Scutti; Look Lino Guanciale: cardigan e pantaloni Ballantyne, camicia Armani; Total Look Filippo Scotti: Emporio Armani; Hair & Make Up: Orso Maria Caffi per Making Beauty

Per Guanciale, invece, è una novità che arriva nel mezzo di una carriera da frontman della lunga serialità, tra successi popolarissimi come La porta rossa, Il commissario Ricciardi e Sopravvissuti: «Era da un po’ che mi interessava fare qualcosa con Sky, ed era da un po’ che ci si annusava. Alla fine è successo con un progetto che in realtà io conoscevo addirittura prima che arrivasse al loro editoriale. L’ho preso come un segno: questa novità forte nel mio percorso arrivava grazie a un progetto di cui conoscevo già il potenziale, da quando Michele Alberico, l’autore del soggetto, me lo aveva raccontato. Ero nel pieno di tante messe in onda Rai una dopo l’altra, anche in virtù di uno gnommero post Covid. Nel frattempo mi trovavo su un set decisamente nuovo per me, ed è stato bello: il lavoro è sempre quello e devi cercare di farlo bene come cerchi di farlo da una vita, che sia su un palcoscenico o su un set. Di sicuro mi eccitava molto l’idea di stare in un contesto produttivo che non avevo mai attraversato prima, e l’esperienza è stata non solo divertente, ma anche appagante. Attorno a questo progetto ho sentito tanta voglia di scommettere e di essere presenti da parte dei responsabili editoriali Sky, non avevi la sensazione di essere la particella di Sodio, di essere abbandonato perché è un progetto challenging o perché prova a ibridare generi diversi. No: proprio in virtù di questo, ti trovavi con dietro tanta gente che cercava di metterci del suo per far funzionare un bilanciamento ancora da trovare».

Visto che è in vena di confidenze ed entusiasmi, parte il toto-scommesse sul più simpatico del set: neanche a dirlo, noi puntiamo tutto su Claudia Pandolfi. Guanciale infatti ride, perché chissà quante ne avrebbe da raccontare: «Tu sai che durante una giornata di set con Claudia di sicuro non ti annoierai. Poi sai che non è solo un’attrice con cui è bellissimo lavorare, ma anche una persona con cui è bello stare, ha tutta una sua filosofia sulla vita e sul mestiere. Però credimi, ho fatto anche delle scoperte sorprendenti. Per esempio Alessio Piazza (l’attore che interpreta Carlo da grande, in versione junior Tobia De Angelis, nda) è divertentissimo, per non parlare del suo personaggio. Anche Alessio Praticò non scherza, eh. Dai, è evidente che su questo set era difficile fare una scelta». Però Claudia… «Certo, però Claudia è senz’altro Claudia».

Foto: Riccardo Lancia; Fashion Editor: Francesca Piovano; Total Look Filippo Scotti: Emporio Armani; Personal Stylist Lino Guanciale: Claudia Scutti; Look: pullover Ballantyne; Hair & Make Up: Orso Maria Caffi per Making Beauty

Sarà anche banale, ma è vero che quando un set gira nel verso giusto l’atmosfera si riflette anche nel progetto. Infatti Guanciale e Scotti si muovono su una linea interpretativa complessa, che sta tra ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere, tra quello che è diventato e quello che mai sarà. Ma soprattutto si muovono dentro un universo che poi ti manca, che è una ferita aperta un po’ per tutti: sono gli ultimi respiri di un’epoca analogica tra VHS, cabine telefoniche e calciobalilla, con le comitive vere e le estati che duravano tre mesi, con l’odore dei falò in spiaggia che raccontavano gli amori assoluti dei diciott’anni. Di quell’amore e di quella ragazza scomparsa, qui resta solo una polaroid. Lino e Filippo in scena non si incontrano (quasi) mai, pur abitando lo stesso corpo. Corpo che scelgono di condividere senza replicare i tic o le movenze dell’altro, senza piazzarsi di fronte a uno specchio: quindi non per imitazione, ma per evocazione, come dice Scotti: «Quando mi imbatto nei progetti degli altri che affrontano dei salti temporali, spesso mi capita di pensare che funzionino di più se un carattere viene evocato piuttosto che imitato alla perfezione, perché trovo che l’imitazione comporti sempre una sbavatura che non perdoni».

«Qui c’era proprio un bivio iniziale: o come diceva Filippo, fermarsi a un’imitazione vicendevole fatta di dettagli, che però è un’impostazione che dopo un po’ rischia d’essere artificiosa agli occhi di chi guarda, ma anche noiosa. Si rischia di costruire un’impalcatura bella, certo, ma fatta di manierismi: e poi? L’altra strada, per noi, era quella di mettersi d’accordo su dei presupposti e avere chiaro dove ci interessava andare. È stato un bene aver avuto la possibilità di fare le prime letture sempre con gli autori, cambiando e aggiustando insieme alcune cose. Si è venuto a creare un linguaggio comune tra cast, autori e reparti. Poi è chiaro che ti diverti a rubare qua e là un certo modo di inclinare la testa, di guardare, di incantarsi, di usare le dita, di camminare. Più che altro perché ti sei abituato a osservare l’altro in modo spontaneo. Ti assicuro che, anche se non abbiamo girato insieme tutti i giorni, Filippo per me è stato il compagno di set più costante e presente. Ogni volta, comunque sia, Filippo stava là».

Foto: Riccardo Lancia; Fashion Editor: Francesca Piovano; Hair & Make Up: Orso Maria Caffi per Making Beauty

Guanciale conferisce al personaggio adulto l’intensità e l’ironia di cui ha bisogno per non risultare solo tragico, scongiura un risultato ipocrita e nelle scene con Pandolfi e Piazza raggiunge il suo stadio migliore: quello del rimpianto che si arrende al cazzeggio. È il ruolo ideale per l’esperienza che ha maturato, e lo sa. Scotti porta una leggerezza che non è mai spensierata, trovando i toni di un’adolescenza che vive il presente già come ricordo, o per dirla con Prévert, che rimpiange il fiammifero acceso come se fosse già spento. È nel suo habitat, e se ne accorgerà. Nessuno dei due, se fosse nei panni del personaggio, tornerebbe indietro nel tempo. E anche questo, forse, ha contribuito a definire Elio. «Rispetto alla mia vita finora», dice Filippo, «per quanto io abbia vissuto anche momenti di grande tristezza, per quanto avrei potuto fare scelte diverse, non vorrei tornare indietro. Sarà retorico, ma cadi una volta, cadi due volte, cadi tre volte finché non dai una bella zuccata per terra e capisci: qui non posso più cadere sennò mi faccio male. Sennò non mi evolvo». «Anch’io non cambierei niente», continua Lino, «perché direi che tutto sommato va bene così. Però non ho sentito molto i miei vent’anni, perché mi sono privato di tanta leggerezza. E allora tornerei lì per dirmi: “Non ti preoccupare, andrà tutto bene. Stai tranquillo, anche meno. Anche meno ansia, anche meno angoscia, anche meno paura”».

Foto: Riccardo Lancia; Fashion Editor: Francesca Piovano; Personal Stylist Lino Guanciale: Claudia Scutti; Look Lino Guanciale: cardigan, pullover e pantaloni Ballantyne, camicia Armani; Total Look Filippo Scotti: Emporio Armani; Hair & Make Up: Orso Maria Caffi per Making Beauty

Il trailer ne dà solo un assaggio: accanto alle musiche originali di Michele Braga, la playlist schiera di tutto. Depeche Mode, Kim Carnes, a-Ha, Nada, Frankie Goes to Hollywood, Tears for Fears, e ovviamente Bennato e Nannini nell’inno di quell’Italia ’90. E anche Un’estate fa, che ispira il titolo della serie e che torna sia nella versione di Mina che nella cover cantata da Francesca Michielin feat. Altarboy. Come potrebbe non piacerci il fatto che a fare da madeleine sia proprio la musica? I cult Ottanta-Novanta diventano il ponte tra presente e passato sulla scia di un “effetto Take on Me”. «La mia Take on Me è Stand dei R.E.M., tutt’ora la mia band del cuore. Appena sento “stand in the place where you live” (Guanciale la canta, nda) piombo immediatamente a casa mia, in cameretta, dove l’ho messa allo stereo per la prima volta quando avevo quattordici anni. L’altra è In Bloom dei Nirvana. Mi ricorda, pensa te, il bar fuori dal quale parlavo di musica con altri ragazzi. Io li avevo appena scoperti e Kurt Cobain non era ancora morto, quando uno di loro disse: “Io vado a Roma a sentirli”. Gli volevamo mena’ da quanto eravamo invidiosi noialtri parvenu di Avezzano. E in quello stesso momento, dalla radio del bar, uscì fuori In Bloom».

Altra storia per Filippo Scotti, classe 1999, cresciuto in un mondo già orfano di Cobain e di molti altri. E infatti tira fuori un pezzo dell’85: «Io penso a Everybody Wants to Rule the World dei Tears for Fears. Ce l’ho in testa da quando ero piccolo. Se lo ascolto mi porta in un’epoca che non ho mai vissuto ma che ho sempre proiettato nella mia testa, è come visitare una città che non conosci e poi torni a casa che hai un’aria diversa, un respiro diverso. Certi pezzi di Georges Brassens mi fanno lo stesso effetto, perché addirittura ti introducono retroattivamente alla musica di De André: lo conosci da sempre ma scopri che anche lui aveva un maestro, e ritrovi le stesse sonorità. Il ciclo del tempo è qualcosa che mi affascina molto».

Lino Guanciale. Foto: Riccardo Lancia; Fashion Editor: Francesca Piovano; Personal Stylist: Claudia Scutti; Look: pullover Ballantyne; Hair & Make Up: Orso Maria Caffi per Making Beauty

E il ciclo del tempo in Un’estate fa, giocato tutto su crime e romanticismo, è implacabile. Ha ragione Lino Guanciale quando dice che «in questo thriller non c’è soltanto la detection, ma anche un livello di costruzione che riguarda un viaggio collettivo nel tempo e dentro sé stessi, con la riemersione del rimorso che a un certo punto della vita tutti si trovano a dover affrontare». Il filone raccoglie gli strascichi della cronaca nera femminile degli anni Ottanta: il volto di Antonia Fotaras-Arianna è il simbolo di una generazione segnata da “quella” scritta in stampatello, “SCOMPARSA”, e si carica dell’eco di casi come Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.

E ha ragione anche Filippo Scotti: «Durante la lavorazione ho sentito che questi due elementi, thriller e amore, fossero davvero ben livellati. Questo li rende ancora più interessanti, magari catturano ancora di più l’attenzione di uno spettatore e offrono la possibilità di percorrere diverse strade, senza restare chiusi all’interno di un’unica realtà di genere. Che comunque andrebbe benissimo, ci sono progetti meravigliosi che lo fanno, ma in questo caso è un bell’esperimento». L’amore – e qui arriva il bello – è quello irripetibile dell’adolescenza, perché chi altro si innamora davvero se non i ragazzi? Guanciale nella serie riesce a raccontarne la purezza ma anche i dubbi inconfessabili, come si può fare solo a porte chiuse: «La verità è che questa è proprio una grande storia d’amore tra giovani, di quelle di cui senti l’eco per tutta la vita. Tutta la vita. E non c’è una grande storia d’amore che non abbia dentro qualche grande rimpianto. Non so se esiste qualche cantautore che l’ha detto, da Venditti a De Gregori a mia nonna, però sicuramente è così».

Filippo Scotti. Foto: Riccardo Lancia; Fashion Editor: Francesca Piovano; Total Look: Emporio Armani ; Hair & Make Up: Orso Maria Caffi per Making Beauty

Hanno detto che non vorrebbero mai vivere il time travelling del loro personaggio, ma Un’estate fa racconta una verità su tutte: indietro non si può tornare, mai. E nonostante questo, ognuno di noi ha un posto per cui varrebbe la pena correre il rischio. Anche loro: per Filippo è una casa vicino Napoli, «la prima dove ci siamo trasferiti con i miei genitori. Tornerei lì semplicemente per vedere mio nonno dipingere. È sempre stato molto affascinante per me, anche se lo guardavo pensando: tu non sai dipingere. Sapeva farlo, invece. Ho sempre pensato di essere stato veramente molto stronzo da bambino». Per Lino è un salto di trent’anni: «La verità? I miei Mondiali del ’90 sono proprio i Mondiali del ’90: è quello il posto in cui tornerei. Perché sono stati i miei primi, e perché oggi capisco che è stato talmente bello fino a quei rigori là, che va bene così. Che sono pure meglio di quelli del ’94».

Foto: Riccardo Lancia; Fashion Editor: Francesca Piovano; Personal Stylist Lino Guanciale: Claudia Scutti; Look Lino Guanciale: cardigan, pullover e pantaloni Ballantyne, camicia Armani; Total Look Filippo Scotti Emporio Armani; Hair & Make Up: Orso Maria Caffi per Making Beauty

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Foto: Riccardo Lancia
Art Director: Alex Calcatelli per Leftloft
RS Producer: Maria Rosaria Cautilli
Fashion Editor: Francesca Piovano
Lino Guanciale Personal Stylist: Claudia Scutti
Hair & Make Up: Orso Maria Caffi per Making Beauty
Stylist Assistant: Micaela Tana
Photo Assistant: Gianmarco Campagna
Location: Multiset Studio – Milano

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