Lupin c’est moi | Rolling Stone Italia
Interviste

Lupin c’est moi

Dopo il successo di ‘Quasi amici’ e blockbuster americani come ‘Jurassic World’, Omar Sy ha varcato di nuovo i confini nazionali con un personaggio cult che unisce nostalgia del passato e discorso politico sul presente. Ora arriva su Netflix la seconda stagione della serie d’oltralpe più vista nel mondo. Abbiamo incontrato il protagonista

Foto: Emmanuel Guimier/Netflix

Quando appare sullo schermo del mio MacBook, pronto per la nostra chiacchierata su Zoom, Omar Sy mi accoglie cordialmente con il sorriso magnetico a cui siamo tutti abituati. Lo stesso sorriso che Tom Hanks, che ha lavorato con lui sul set di Inferno di Ron Howard, ha definito come “un sorriso capace di illuminare la Terra intera”. Questa luminosità che inonda lo schermo come una tempesta solare è solo una delle risorse a disposizione dell’attore francese che, dopo aver vinto un premio César con Quasi amici nel 2011, si è trasferito a Los Angeles con la famiglia per salvaguardare un po’ della sua privacy e ha continuato a inanellare successi: da X-Men – Giorni di un futuro passato a, appunto, Inferno; da Jurassic World a Mister Chocolat.

L’anno scorso la Gaumont, la casa di produzione cinematografica più antica al mondo, gli ha chiesto di scegliere un personaggio da interpretare per scrivere una serie che sarebbe andata in lavorazione di lì a poco in collaborazione con Netflix. Omar Sy ha raccontato, nella conferenza stampa per il lancio della seconda stagione di Lupin, disponibile dall’11 giugno su Netflix, che ci ha messo davvero poco a scegliere chi interpretare, perché Lupin è uno di quei personaggi cari a tanti della sua generazione cresciuti con la serie anime giapponese Lupin, l’incorreggibile Lupin.

Foto: Emmanuel Guimier/Netflix

Quando la prima stagione è uscita a inizio 2021, complice anche il lockdown, si è rivelata un successo planetario. Qualche dato per dare la misura del fenomeno di cui parliamo: i primi cinque episodi sono stati visti da 76 milioni di utenti Netflix nei primi 28 giorni dal lancio; Lupin è la prima serie francese a entrare nella top ten di contenuti “più visti” negli Stati Uniti; è stato calcolato che il lancio della serie abbia generato quasi 16 milioni di euro di introiti diretti e indiretti in Francia; 140.000 di libri di Maurice Leblanc sono stati venduti nei territori francofoni da gennaio a oggi, e la pagina Wikipedia di Étretat, la cittadina cara a Leblanc in cui sono state girate alcune scene del quinto episodio, ha avuto un picco di visite del 400%.

Lungi dall’essere una messa in scena in costume delle avventure del ladro gentiluomo, il Lupin di Netflix interpretato da Omar Sy è la rappresentazione di un personaggio moderno, pieno di sfaccettature e profondità, in conflitto con l’establishment. La serie affronta tematiche crude come il razzismo e pone l’accento sul tema dell’invisibilità di alcune categorie di lavoratori agli occhi della società francese (e non solo): il Lupin di Omar Sy non utilizza makeup per sfuggire ai suoi antagonisti, ma si inserisce nelle pieghe di invisibilità della società mascherandosi da netturbino o fattorino.

Per rimarcare questo aspetto, già nel lancio della prima serie Omar Sy si era prestato a un esperimento: vestito da operaio, aveva attaccato i manifesti pubblicitari della serie all’interno del metrò di Parigi e non è stato riconosciuto dai passanti perché le persone lo hanno confuso per un operaio qualsiasi, non riconoscendo la star planetaria in quell’uomo alto quasi due metri che faceva un lavoro umile. Quell’esperimento ha dimostrato che agli occhi della società non conta chi sei, ma conta che lavoro fai.

Interessante almeno quanto la critica sociale è il lavoro sui costumi. Il mantello è stato trasformato in un lungo cappotto sartoriale, il cilindro è diventato un berretto à la française e ai piedi di Assane Diop, il nostro Lupin contemporaneo, ci sono delle desideratissime Jordan. Di tutti questi aspetti, ma anche di amore e amicizia, ho parlato con il diretto interessato.

Ho visto la seconda stagione della serie e mi è sembrato che, anche rispetto alla prima, la critica sociale sia più evidente. Com’è venuto il pensiero, all’interno del team creativo, di introdurre questi temi nella trama?
Con George Kay (il creatore e sceneggiatore della serie, nda), la Gaumont, Netflix e Louis Leterrier (il regista, nda) abbiamo stabilito gli argomenti di cui avremmo voluto parlare, e da subito queste tematiche sono emerse. Il nostro Lupin vuole parlare degli aspetti sociali della Francia oggi. George ha trovato un ottimo modo di inserire questi aspetti nella storia.

Foto: Emmanuel Guimier/Netflix

Hai scritto una lunga lettera a proposito delle violenze della polizia, di cui hai anche parlato al Guardian di recente. Guardando la Francia dall’esterno, sembra che niente sia cambiato da quando Kassovitz ha girato L’odio. Per un attore nella tua posizione è stato rischioso scrivere questa lettera?
È sempre rischioso per un attore parlare di altro rispetto al suo lavoro. Quando si parla di un argomento politico, è rischioso prendere posizione e non occuparsi solo del cinema o delle serie che stai promuovendo. Sono passati quasi trent’anni da quando è stato girato L’odio e non vedo cambiamenti: dobbiamo ancora fare i conti con gli stessi problemi. Quando ho scritto quella lettera parlavo di questo: le cose non sono cambiate, se non di poco. Era il mio punto di vista, sapevo fosse rischioso esporsi, ma volevo parlare. Ho scritto quella lettera più di un anno fa ed è ancora attuale, ne stiamo ancora discutendo, questo ti mostra quanto farlo in effetti sia stato rischioso. Del resto, quando un attore dice qualcosa, quella cosa resta lì per anni.

Assane nella serie fa di tutto per svelare la verità a proposito dell’innocenza del padre, ingiustamente accusato di furto e ormai morto. Ciò che hai fatto scrivendo la lettera sembrerebbe simile: hai dato voce a persone che non hanno occasione di parlare e hanno bisogno di un ambasciatore che parli per loro…
Sì, forse in un certo senso puoi paragonare le due cose. Assane è alla ricerca di giustizia, della verità. Cerca anche vendetta, ma di sicuro tiene molto alla verità e all’innocenza del padre.

Un altro aspetto interessante della serie mi sembra quello a proposito dei messaggi da trasmettere. Mi riferisco sia a quello in codice che nella prima stagione Assane trova nel libro appartenuto al padre, ma anche al messaggio sottinteso che Lupin trasmette sul fare la cosa giusta e sul rincorrere la verità.
Lupin parla dell’ispirazione, di cui tutti abbiamo un grande bisogno nella vita. Nella nostra società è difficile trovarla, quindi se la serie può risvegliare in qualche modo il pubblico ne sono contento. Assane si fa ispirare dal libro. Anche noi vogliamo ispirare le persone.

Pensi che questo sia stato uno degli aspetti che hanno contribuito al successo di Lupin in tutto il mondo? Intendo la necessità di ispirazione e speranza dopo il periodo che abbiamo vissuto tutti
Potrebbe essere. La pandemia ci ha aiutato ad avere successo anche per via del tempo libero a disposizione delle persone. Netflix è stato un partner ottimo, in questo senso. Sicuramente, però, Assane è un personaggio che va contro le regole prestabilite, ed è qualcuno in cui le persone possono identificarsi.

Foto: Emmanuel Guimier/Netflix

Il trionfo anche al di fuori della Francia cambierà, secondo te, il modo di lavorare a prodotti europei e ha influenzato il vostro modo di lavorare alla seconda stagione?
Una volta che qualcosa ha avuto successo, di sicuro può averlo di nuovo. Però non credo che quello che ci è capitato cambierà il modo di lavorare alle cose. Ora sappiamo che anche persone al di fuori del nostro Paese possono guardare il nostro lavoro, ma nel nostro caso non abbiamo lavorato con questo in mente. È avvenuto qualcosa di magico e il nostro obiettivo è stato solo quello di mantenere questa magia.

È stato diverso lavorare a un personaggio di una serie come Assane che si sviluppa in quasi dieci ore sullo schermo, rispetto a personaggi che nella durata di un film in genere “vivono” un paio d’ore?
È molto diverso! Quando hai solo due ore per mostrare il lavoro che fai su un personaggio è un conto, ma quando ne hai quasi dieci puoi andare più in profondità e lavorare su alcuni aspetti. Sono due modi diversi di rapportarsi al personaggio, e sicuramente, se avessi dovuto recitare nel ruolo di Assane mettendolo in scena per un totale di due ore invece che quasi dieci, mi ci sarei rapportato diversamente.

Una domanda più leggera: l’amore tra Assane e la Claire di Ludivine Sagnier è molto moderno, non è legato al possesso e alla presenza costante nella coppia. Hanno dei problemi, ma un legame profondo. Potrebbe essere un nuovo modo, più contemporaneo, di pensare alla famiglia?
Claire e Assane sono molto moderni. La loro famiglia è sicuramente diversa da quella tradizionale. Le storie d’amore sono sempre interessanti per il pubblico, le persone sono curiose di sapere cosa succederà tra i protagonisti di una love story. Tra Claire e Assane c’è un legame molto forte, la loro famiglia ha una forma inusuale e forse proprio per questo guardiamo a loro con affetto.

Durante la conferenza stampa, ho visto che tra te e Ludivine c’è un forte legame anche nella vita. È nato con Lupin o c’era già in precedenza?
Ci conosciamo da molto tempo, siamo amici, ma questa è stata la prima volta in cui abbiamo lavorato insieme. Abbiamo utilizzato il nostro rapporto autentico per mantenere legati anche i nostri personaggi. Credo sia qualcosa che il pubblico può sentire, non si può spiegare a voce, è una chimica che si avverte a pelle.

Lupin - Parte 2 | Trailer ufficiale | Netflix

Un’altra relazione importante nella serie è quella tra Ben e Assane, che sono amici del cuore. Mi immagino si tratti di una relazione simile a quella tra lei e Nicolas Anelka nella vita reale. Vi siete confrontati sulla somiglianza tra queste amicizie?
Eravamo insieme anche due giorni fa! Abbiamo un’amicizia molto forte e, così come Assane e Ben, ci conosciamo da tantissimo tempo, più di 35 anni. Ridevamo di questo l’altro giorno, stiamo crescendo e il tempo sembra volare. Abbiamo in effetti una relazione simile a quella dei due personaggi della serie: sappiamo cosa pensa l’altro senza che l’altro parli. È una rarità avere qualcuno che ti conosce così bene e per tutto questo tempo.

Durante i nostri anni da teenager siamo stati tutti fan di Lupin e della serie manga giapponese. Hai altri personaggi amati da adolescente che vorresti impersonare sullo schermo?
Non in questo momento, sono ancora molto legato ad Assane e sono impaziente di vivere altre avventure nei suoi panni, se ne avrò l’occasione. Lupin è ancora il giocattolo con cui voglio giocare in questo momento. Poi si vedrà.

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