Sembra incredibile, eppure Nicholas Hoult festeggerà nel 2025 ben 29 anni di onorata carriera cinematografica. Aveva sei anni, infatti, quando esordì in Relazioni intime (gran film, recuperatelo se potete, commedia molto nera britannica basata su un vero fatto di cronaca avvenuto negli anni Cinquanta nella Londra working class). A dodici diventò mondialmente celebre nei panni di Marcus Brewer, un pre adolescente con madre depressa e con il desiderio di rovinarsi la vita cantando Killing Me Softly allo spettacolo della vita. Il film era About a Boy, tratto dal romanzo Un ragazzo di Nick Hornby. Non si capiva bene se era lui spalla o se fosse Hugh Grant, in ogni caso che il giovane avesse talento era abbastanza chiaro. Sono passati 22 anni e spicci e Nicholas, britannico purosangue, un metro e novanta d’altezza, è ancora qui. Non è stato uno di quelle child star destinate a una vita di dipendenze, genitori sfruttatori, agenti sanguisughe. Niente di tutto questo, anzi, il meglio probabilmente deve ancora arrivare, e tutto grazie al suo talento. Hoult ha la faccia di chi può fare tutto. Il bravo ragazzo nella commedia romantica, ma anche uno zombie o l’assistente di un vampiro (Warm Bodies e Renfield), il supereroe mutante (Bestia nei film delle origini degli X-Men), un cortigiano (La favorita di Yorgos Lanthimos) o un imperatore (Pietro III di Russia nella serie The Great, al fianco di Elle Fanning). Per cogliere in pieno il talento multiforme di Hoult, consiglio vivamente la visione delle prime due stagioni di Skins, serie inglese di culto in cui si coglie l’ambiguità che riesce a infondere ai personaggi che interpreta. Un po’ come il giovane gourmand di The Menu, un apparentemente innocuo nerd della cucina a tre stelle Michelin che si rivelerà nel corso del film tutt’altro tipo di carattere.
Non poteva nascondersi ancora per molto, insomma. Nicholas in realtà non è un bravo ragazzo. È nato per essere molto cattivo, almeno al cinema. Lo ha dimostrato quest’anno, nelle mani di Clint Eastwood, in quel film straordinario che il ragazzino di 94 anni ci ha regalato probabilmente come congedo della sua straordinaria carriera. In Giurato numero 2 l’ambiguità del personaggio, il dilemma morale che affronta e il modo in cui decide di risolverlo è materiale solo per un attore di livello altissimo. D’altronde, difficile che Clint scelga qualcuno che non sia almeno un fenomeno. E se non lo è, di solito ce lo fa diventare.
Nel 2025 scopriremo il lato oscuro di Nicholas Hoult. In Superman, in cui sfoggia una splendida pelata per calarsi in un ruolo che prima di lui è stato di Gene Hackman e Kevin Spacey (sì, anche di Jesse Eisenberg, ma prima c’erano loro), cioè quello del malvagio Lex Luthor. Un supervillain per eccellenza, ma comunque rassicurante se confrontato a Bob Mathews, che invece è stato un cattivo vero, leader dell’organizzazione neonazista statunitense The Order, che per quindici mesi tra il 1983 e il 1984 si macchiò di rapine e omicidi, tra cui quello del conduttore radiofonico Alan Berg (storia che avrebbe poi raccontato Oliver Stone in Talk Radio). The Order è anche il titolo del film che racconta la caccia dell’FBI a Mathews, interpretato proprio da Hoult. Era in concorso all’ultima Mostra di Venezia, arriverà nei prossimi mesi nei cinema italiani.
Dal 1° gennaio è invece già sul grande schermo Nosferatu, attesa versione di Robert Eggers, regista di The VVitch, The Lighthouse e The Northman, della variazione sul tema di Dracula nata dall’avarizia di Friedrich Murnau, che voleva fare un film su Dracula senza pagare i diritti di sfruttamento a Bram Stoker. E sì, succedeva anche nell’Espressionismo. Nel film Nicholas interpreta Thomas Hutter, il marito della perseguitata Ellen (Lily-Rose Depp), colei che è nei desideri assetati della creatura delle tenebre, del non morto transilvano. Thomas è un marito devoto, con l’ambizione di fare carriera e offrire alla sposa una vita agiata, come mi ha raccontato lui stesso quando abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere sul film. «Thomas è pieno di buone intenzioni, un marito molto affettuoso, purtroppo non riesce a vedere oltre e a capire quello che sta vivendo la moglie. Non sminuisce la portata della sua apparente malattia, ma non può affrontarla o aiutarla lei a superarla. È fuorviato da una visione borghese in cui convoglia la maggior parte delle sue energie, come quelle molte persone che si svegliano al mattino dicendo: “Ehi, ho il lavoro che volevo, la casa che volevo, tutto quello che desideravo”, salvo scoprire che queste cose materiali non rendono comunque felici. Le sue intenzioni sono buone, ma è anche a causa di questa sua ambizione che il Male intaccherà tutto quello che gli è più caro».
Se la cava egregiamente Hoult nel film di Eggers, «e lavorare con Robert mi ha entusiasmato, sono un grande fan dei suoi film e dei personaggi che a creato». In Nosferatu Nicholas si confronta con altri due talenti della sua generazione, Aaron Taylor-Johnson e soprattutto Bill Skarsgård, che interpreta il vampiro e con cui divide una delle scene più intense del film. «Bill è un attore incredibile con cui lavorare. Si trasforma nel personaggio così profondamente da farlo diventare reale e per questo molto più terrificante. C’è un’inquadratura che amo nella scena della cena nel castello del Conte: Thomas sta guardando nella direzione di Orlok alla fine del tavolo. Poi, grazie a qualche trucco della macchina da presa nella stessa inquadratura, finisce in un attimo sopra la mia spalla. In quel momento si contrappone la potenza dell’ignoto con l’inadeguatezza di Thomas, che si rende conto di essere perso, è in preda al panico fino al punto da essere paralizzato».
Il futuro di Nicholas Hoult si chiama The One, in cui un reality dating show si trasforma in un gioco inquietantemente e pericolosamente reale. Un’altra cosa decisamente nelle corde del ragazzone di Wokingham. Ma c’è anche la variabile DC Universe. Se la cura James Gunn dovesse funzionare, e lo scopriremo a luglio con il nuovo Superman, Lex Luthor potrebbe fare molte cose cattivissime nei prossimi anni…