Parla il preside de “Il collegio”: «Gli studenti? Un ginepraio d’inferno» | Rolling Stone Italia
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Parla il preside de “Il collegio”: «Gli studenti? Un ginepraio d’inferno»

Paolo Bosisio, classe 1949, preside lo è stato per davvero. Ci siamo fatti raccontare tutti i retroscena dello show più seguito dai teenager, stasera su Rai 2

Il preside de "Il Collegio" di Rai 2: Paolo Bosisio. Foto, via ufficio stampa

Il preside de "Il Collegio" di Rai 2: Paolo Bosisio. Foto, via ufficio stampa

Stasera torna Il collegio e, dopo il piccolo bestiario dei nostri alunni preferiti, abbiamo sentito l’esigenza di scambiare qualche chiacchiere con la figura più temuta dagli studenti della penisola (ma anche dei paesi limitrofi): Paolo Bosisio, il preside.

Girovagando sul web a caccia di informazioni ci si accorge subito che Bosisio, esattamente come nello show, non scherza mica. Classe 1949, vanta un curriculum che vi farà impallidire. Dalla sua laurea, anno 1973, ha fatto di tutto: è stato docente, regista e giornalista, per dirne alcune. La prima domanda, dunque, mi viene facile facile.

Come è finito a fare il preside de Il collegio?
La mia esperienza in TV nasce qualche anno fa, quando una mia ex allieva mi ha telefonato per partecipare a Le Invasioni Barbariche. Faccio un paio di puntate e finisce lì. Tre anni fa squilla di nuovo il telefono, era ancora lei.

Stavolta per Il collegio.
Esatto. Era diventata autrice per Magnolia, e pensava fossi perfetto per il ruolo del preside. Ho guardato le edizioni inglesi e francesi, mi sono piaciute e ho accettato. E poi, c’è da dire che nella vita ho fatto anche il preside di un liceo di Milano.

Ah, ecco. Nella sua bio però non c’è scritto.
No, non c’è scritto, ma sono stato preside per una decina d’anni, negli anni ‘80.

Un po’ diverso farlo in televisione, immagino.
Mi chiedevo come avrei fatto a essere autorevole con gente che non conosco. Voglio dire, quelli non sono miei studenti. Quando sospendevo qualcuno, eran cazzi seri. C’era un reale rischio bocciatura. Comunque, ho provato e mi sono reso conto che funzionava, che gli studenti provavano soggezione nei miei confronti. E mi sono divertito.

Il discorso del preside e il test d'ingresso - Prima puntata - Il Collegio 3

Si aspettava un successo del genere? Lei è uno dei personaggi più amati, forse proprio perché severo ma giusto.
La ringrazio per il “severo ma giusto”. È stata la guida della mia carriera da insegnante. Forse piaccio perché non interpreto proprio me stesso, ma quasi. Poi non ho soggezione delle telecamere.

Le sue sfuriate, quindi, sono vere?
Sono praticamente l’unico personaggio che non viene seguito dagli autori. Mi chiamano quando succede qualche casino, mi spiegano cosa è successo, e io reagisco a mio modo. Gli altri insegnanti sono “pilotati”, chi più chi meno.

La punizione decisa dal preside - Seconda puntata - Il Collegio 3


E gli alunni?
Sono davvero così. Ogni tanto gli viene tirata un’esca, e abboccano.

Alcuni sono diabolici, eh.
Sono un vero ginepraio d’inferno. Fanno tutto loro, da soli. Poi arrivo io, col mitra in mano, e reagisco come mi vede.

Pensa davvero che, in un contesto televisivo, si possa insegnare qualcosa ai ragazzi?
Alcuni di questi escono cambiati. A qualcuno invece diamo un bel calcio nel culo e li facciamo uscire. Molti li farei uscire prima eh, ma non posso.

Tipo le gemelle?
Lo dice lei.

La lite delle gemelle Fazzini e la "nuova" Nicole - Prima puntata - Il Collegio 3

Sono le mie preferite.
Son sicuramente dei personaggi. Uno che avrei cacciato è quello a cui urlo «io di lei ho profondo disprezzo». Se ha visto tutto, capirà chi è. È un ragazzo preparato, viene dal liceo classico, ma ha una serie di problemi caratteriali. Sono dei piccoli maligni, scelti per scoppiare a contatto.

Molto bravo chi fa i casting, quindi.
Assolutamente.

Nello show si applica il sistema scolastico degli anni ‘60. Cosa potrebbe essere ripristinato di quel metodo?
Posso dirle quello che sicuramente non può essere ripristinata: la serietà. Gli studenti prendevano sul serio gli insegnanti, e viceversa. Ho finito il liceo proprio negli anni ‘60. Ho dei ricordi duri, ma bellissimi. Nessuno ci diceva di alzarci in piedi quando il professore entrava in classe. Con i giovani del 2010 è difficile.

È questo uno dei motivi per cui ha smesso di insegnare?
Eccome. Una generazione scolastica dura 3, 4 anni. A ogni cambio generazionale notavo un passo indietro. Quando i passi sono diventati troppi, mi sono detto: «perché devo spendere tempo con questi signori?». E me ne sono andato

Non fa una piega. Immagino che avere a che fare con la generazione Instagram sia piuttosto complesso.
Soprattutto meno divertente. A me piace dare e, se nessuno riceve, non ha senso.

Il programma sta andando molto bene proprio tra i giovanissimi. Come mai, secondo lei?
È stata una sorpresa incredibile. Mi fermano per la strada, anche le mamme. Però ho fatto una riflessione, un paragone. Una delle attività che va più forte tra i giovani è la danza classica. Un sacco di ragazze e ragazze ci provano. La danza classica è la peggior galera. Nessun tirocinio artistico è più terribile e implacabile. Perché la scelgono?

Me lo dica lei.
Perché hanno bisogno di regole. Vivono senza regole, e cercano l’autorità. Ed ecco la figura del preside, severo ma giusto, che viene rispettato. Non c’è un ragazzino mi scrive cose brutte.

Riceve molti commenti? La cercano?
Tantissimi. Mi chiedono l’amicizia su Facebook, ma io non accetto nessuna richiesta.

A questo punto ci dica la cosa più ignorante che le sue orecchie hanno sentito.
Ho orecchie foderate di piombo, dopo anni di insegnamento. Al collegio, durante l’esame finale della prima edizione, abbiamo chiesto a un alunno di dirci quali mari circondano la nostra penisola. Ha risposto dicendo: «Iniziamo dal nord». Gli ho risposto che, come aveva iniziato, poteva anche terminare e andarsene.

L’esame finale è tosto?
Macché, sono quattro cosette. Alle medie io traducevo Cesare e Sallustio. Questi fanno la prima declinazione, e riescono comunque a cannarla.

Sarà rimasto anche stupito piacevolmente ogni tanto.
Assolutamente sì. La cosa che mi stupisce di più sono i cambiamenti. Nella prima serie c’era una ragazzina di borgata, sembrava volesse spaccare tutto. Diceva sempre no. Si è rivelata una delle migliori, delle più partecipative. Le mie soddisfazioni più grandi sono queste. I mari dovrebbero saperli a prescindere.

Cosa risponde a chi accusa il programma di essere trash?
Possiamo dire che la tv italiana è trash. E volendo, rientra anche questo. Ma non c’è paragone con altri programmi, dal Grande Fratello alla spaventosa Isola dei Famosi.

Ci sarà un’altra stagione?
Visto come sta andando, sospetto di sì. La inviterò sul set.

Così potrò finalmente gridare: «Marilù!».
Anche, sì.

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