«Siete fermi a un incrocio di New York, in attesa di attraversare la strada. Siete persi nei vostri pensieri e non fate caso al mondo che vi circonda. Tutt’a un tratto, però, un uomo vi mette le mani sugli occhi, e vi dice: “Chi sono?”. Forse è dalle elementari che nessuno vi faceva uno scherzo del genere. La cosa dovrebbe allarmarvi, senonché la voce sembra familiare. Ancora non avete capito chi è, ma siete quasi sicuri che sia un vostro amico. Allora vi girate di scatto e, per poco non vi prende un colpo, davanti a voi c’è… Bill Murray, la stella del cinema. È più alto di quanto immaginavate e ha la camicia spiegazzata. Voi farfugliate qualcosa, cercando le parole giuste per una situazione che ha dell’inverosimile. Bill sorride, si avvicina sporgendosi un po’ in avanti e, con calma, dice: “Nessuno ti crederà mai”».
Ma anche: Bill che non ha un agente e se lo vuoi coinvolgere nel tuo film – indipendentemente che tu sia Sofia Coppola o Jim Jarmusch – gli devi lasciare un messaggio a un anonimo numero gratuito. Se sei fortunato, lo ascolterà e ti richiamerà. Bill che ruba un golf cart e se ne va in giro di notte per le strade di Stoccolma con sei passeggeri a bordo, inclusi due svedesi sbronzi. Bill che si imbuca alle feste di dottorandi a East Williamsburg. Bill che firma autografi sulla fronte della gente come “Miley Cyrus”. Bill che inscena una battaglia di palle di neve davanti alla sua enoteca di fiducia.
Gavin Edwards in L’arte di essere Bill Murray, libro che è pure una sorta di esilarante guida spirituale (dal 30 settembre in libreria per Blackie Edizioni), ha raccolto un’infinità di storie e aneddoti – uno più surreale e divertente dell’altro – riguardanti l’attore ormai diventato icona pop assoluta della nostra epoca. Anzi, “icona pop” è una definizione altamente riduttiva: «Bill è la persona più libera che abbia mai incontrato», racconta Theodore Melfi, che l’ha diretto in St. Vincent. «Vive l’attimo più di chiunque altro. Tutta la sua esistenza è nel presente. Non gli importa di cosa è successo prima, né di quello che succederà dopo. Non compra neanche i biglietti andata e ritorno. Ne prende uno di sola andata e poi decide quando è il momento di tornare a casa». In un mondo che va sempre più a rotoli, probabilmente dovremmo tutti essere più come Bill Murray, o quantomeno domandarci cosa farebbe lui al posto nostro in una situazione di merda. Gavin Edwards se lo augura, e noi non potremmo essere più d’accordo.
Quando, come e perché un libro sull’«arte di essere Bill Murray»?
Sono stato affascinato per anni dagli aneddoti che la gente raccontava su Bill Murray: vuoi mettere una star del cinema di fama internazionale che s’intrufola alla tua festa, che finisce per lavare i tuoi piatti sporchi e che poi se ne va come se niente fosse? O che t’arriva da dietro l’angolo di una strada affollata, ti mette le mani sugli occhi e – quando realizzi che il tuo spazio personale è stato invaso dal protagonista di Ghostbusters – ti sussurra all’orecchio: “Nessuno ti crederà mai”? La gente amava queste storie, ma nessuno pareva in grado di stabilire se fossero vere o meno: ecco, io ho semplicemente deciso di indagare, e ho scoperto che quasi tutte – per quanto folli – erano vere!
Come hai fatto a contattarlo, data la sua proverbiale inaccessibilità?
Bill Murray non ha né un agente, né un manager, né un addetto stampa. Ha però un avvocato, che controlla i suoi contratti cinematografici, e un numero verde a cui puoi lasciare un messaggio: magari ti richiamerà. Ciò che ho fatto è stato trascorrere la maggior parte dell’anno a convincere le persone che hanno realizzato il film St. Vincent (la commedia del 2014 di Theodore Melfi, dove Bill Murray ha recitato con Melissa McCarthy e Naomi Watts, nda) che avrei dovuto scrivere un articolo su di lui per l’edizione americana di Rolling Stone. Poi finalmente un giorno ho ricevuto una telefonata: “Prenota un biglietto aereo. Domani lo intervisterai a Toronto”.
Certo che rintracciare tutte le persone menzionate nel libro che lo avevano incontrato dev’essere stato un lavoro non da ridere.
Si chiama giornalismo investigativo vecchio stile, il che include passeggiare per le città in cui Bill Murray aveva vissuto e chiedere ai residenti locali le loro migliori storie su di lui. Ci sono un sacco di persone che da anni aspettano che qualcuno gliele domandi!
Bill Murray è consapevole dell’esistenza del libro? Che reazione ha avuto?
Sì, Bill sa del libro! Non è chiaramente il tipo da mandare un cesto di frutta per congratularsi, ma quando ha vinto il Mark Twain Prize for American Humor ha rievocato insieme a Emma Stone uno degli aneddoti che ho raccontato… quindi insomma, a quanto pare gli sta bene.
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So che è difficile, ma se dovessi sceglierne una, quale sarebbe la storia più incredibile che hai scoperto su di lui?
Sono quasi tutte sorprendenti: Bill ha una specializzazione nell’inaspettato. La mia preferita forse è quella accaduta alla vineria Grape D’Vine nella contea di Rockland, New York.
(Storia che, per dovere di cronaca e d’intrattenimento, riportiamo pari pari: «Un giorno d’inverno, mentre fuori fioccava, Bill Murray stava passando il tempo alla vineria Grape D’Vine con il proprietario Joe Printz, che per allietare la conversazione aveva stappato una bottiglia di Barolo. I clienti entravano per comprare del vino, e appena vedevano Bill gli prendeva un colpo. Quando si ritrovò circondato da un capannello di persone, lui si alzò, offrì il bicchiere di vino a una donna e uscì. In strada, raccolse una manciata di neve, l’appallottolò e la scagliò contro la schiena di un passante. Furibondo, l’uomo si girò e gli si avvicinò con fare minaccioso – ma quando capì chi era l’insolente, scoppiò a ridere e si mise anche lui a fare una palla di neve. Tutti gli altri uscirono dalla vineria seguendo l’esempio di Bill e, di lì a poco, la strada si riempì di adulti che battagliavano con le palle di neve».)
Se non fosse Bill Murray, credi che il suo comportamento sarebbe altrettanto divertente o lo bolleremmo come quello di un tipo un po’ strano che vuole atteggiarsi per forza da eccentrico?
In sostanza, mi stai chiedendo: se Bill Murray non fosse famoso, saremmo comunque divertiti dalle sue stramberie? La risposta breve è “probabilmente no”, ma la risposta più lunga e articolata è che Bill è sempre stato consapevole delle persone intorno a lui, anche prima di diventare una star, e ha sempre amato farle sentire parte dello scherzo. Si spinge oltre i limiti anche perché sa che la gente trae piacere dai suoi comportamenti bizzarri. C’è un idioma in lingua inglese che spiega tale capacità: “He knows how to read the room” (che, tradotto letteralmente in italiano suona come “sa come leggere la stanza”, e descrive la capacità – oggi ahinoi rarissima – di avere coscienza e considerazione del proprio pubblico, nda).
Una storia che non hai inserito nel libro, ma che val la pena raccontare.
Bill Murray lascia dietro di sé una scia di caos e aneddoti ovunque vada, quindi sapevo che il mio libro non avrebbe mai potuto contenere tutte le storie che lo riguardano. Dopo che è stato pubblicato, diverse persone si sono messe in contatto con me condividendo alcuni episodi che li avevano coinvolti: tra tutti, mi ero affezionato a quella che si è avvicinata a Bill durante una partita di basket e gli ha chiesto se potessero fare una foto insieme. Bill ha risposto: “Non posso fare una foto con te, sono una celebrity!”. (Ovviamente stava scherzando, è quasi inutile specificarlo, nda).
Cosa speri che i lettori imparino da Bill Murray?
Bill Murray fa cose folli – come rubare un golf cart e guidarlo per le strade di Stoccolma a tarda notte – non solo per essere buffo, stravagante, o per far ridere la gente. Le fa perché sta cercando di risvegliare la spontaneità e lo spirito creativo delle persone. Bill Murray sta segretamente insegnando a tutti noi come vivere.
Curiosità, da fan a fan: qual è il tuo film preferito di Bill Murray?
Amo molto Rushmore e Tootsie, ma il mio preferito in assoluto è Lost in Translation, perché cattura l’assoluta stranezza di vivere la vita come la vive Bill Murray.
Se potessi scegliere una cosa – qualsiasi cosa – da fare con Bill Murray in questo momento, cosa faresti?
Bill non compra mai biglietti aerei di andata e ritorno. Vola da qualche parte e poi, quando ha finito di fare quel che deve fare, prende un biglietto per tornare casa (o per la sua meta successiva). Ecco, mi piacerebbe incontrarlo in un aeroporto, salire sul primo aereo che lascia la città e vivere un’avventura totalmente imprevista.